Un approccio salutogenico per contrastare le diseguaglianze di salute
a cura di Marina Penasso, Rita Longo, Dors

Background

Il focus del testo sono i concetti e i modelli che contribuiscono alla salute positiva. Oltre alla descrizione dei cosiddetti “concetti positivi” della salute, l’obiettivo degli autori è di individuare caratteristiche universali e modelli nell’ambito della promozione della salute che possano essere utili su scala globale. Gli autori postulano, allo stesso tempo, che molte delle tendenze post-moderne che hanno sconvolto la stabilità mentale sono caratteristiche che, direttamente o indirettamente, influenzano tutti i paesi del mondo. Le culture occidentali pongono un forte accento sul singolo individuo e sulla tutela dei diritti della persona, come indicato dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, diversamente da altre culture che pongono un forte accento sulla realizzazione collettiva considerata più importante di quella individuale. Dal punto di vista della promozione della salute questo può fare una differenza enorme poiché l’enfasi sul collettivo o sull’individuale crea differenti prerequisiti per la salute, inclusa la salute mentale.
Gli autori hanno concluso da pochi anni uno studio sistematico sulla salutogenesi che ha evidenziato una forte correlazione tra la salute mentale e la qualità della vita nelle popolazioni e negli individui che hanno sviluppato un forte senso di coerenza - il meccanismo chiave nel modello salutogenico. Il modello è stato testato in circa 32 differenti paesi in 33 lingue su più di 200.000 persone e si è constatato che il modello funziona in tutte queste diverse culture (Eriksson and Lindström 2005, 2006).

Concetti positivi di salute mentale nella storia della psicologia sociale

Più di 50 anni fa Marie Jahoda presentò una relazione dal titolo “Attuali concetti di salute mentale positiva” (Jahoda 1958). Il compito le era stato affidato dalla US Joint Commission on Mental Illness and Health al fine di trovare un’evidenza di base di supporto alle decisioni riguardanti la ricostruzione dei servizi di salute mentale negli Stati Uniti. La relazione concludeva che la più comune definizione di salute mentale è l’assenza di malattia mentale. Un altro approccio era di usare la normalità, sia come un normale fenomeno statistico oppure come idea normativa di come l’essere umano dovrebbe funzionare. Jahoda espresse scetticismo circa i due approcci, sottolineando il pericolo delle definizioni culturali di normalità già prevalenti nella Germania nazista (lei stessa fu costretta a fuggire a causa dell’annessione tedesca).
La relazione di Jahoda includeva sei argomenti (ciascuno dei quali individualmente, o in combinazione con gli altri, si riteneva potessero servire come criteri per la salute mentale):

  1. Atteggiamenti degli individui verso se stessi
  2. Lo sviluppo dell’autostima
  3. Il grado di integrazione della personalità
  4. Il livello di autonomia individuale
  5. Il senso di realtà
  6. L’abilità dell’individuo di adattarsi all’ambiente


L’autrice postulò quali condizioni caratterizzano uno stato di buona salute mentale. C’è bisogno di: un positivo concetto di sé; una capacità di essere parte attiva e di sviluppare talenti individuali; essere una persona integrata; essere in grado di prendere decisioni individuali e di compiere azioni senza isolarsi dalle altre persone; avere un’adeguata percezione della realtà e competenze percettive buone; infine essere in grado di creare relazioni profonde e durature con le altre persone (con almeno una persona di sesso opposto).
Tuttavia, nella pratica, c’è stato un uso minimo del lavoro di Jahoda.
Lo psicologo norvegese, Siri Naess, creò il concetto di ‘qualità della vita interiore’ come sinonimo di benessere mentale (Naess 1974, 1987, 1979). I criteri per una buona qualità della vita interiore sono basati su un sistema di valore normativo strutturato intorno a un’analisi teorica. Secondo Naess la qualità della vita interiore aumenta quando l’individuo:

  1. E’ attivo
  2. Ha buone relazioni interpersonali
  3. Prova autostima
  4. Ha un umore di base fondato sulla gioia


Questi concetti sono definiti come segue:

  1. Attivo nel senso di: provare interesse ed essere impegnati in qualcosa al di fuori di sé (hobby, lavoro, politica, religione, arte) la cui esperienza sia significativa e accompagnata da desiderio per la vita.
  2. Buone relazioni interpersonali nel senso di: avere una stretta, cordiale e calda relazione con almeno un essere umano, avere una relazione sessuale attiva soddisfacente, provare amicizia e lealtà e un sentimento di partecipazione e di appartenenza (per amici, vicini, compagni di lavoro)
  3. Autostima nel senso di: conoscere se stessi; sentirsi bene come esseri umani; essere soddisfatti delle proprie abilità; sentirsi utili e soddisfatti dei propri risultati.
  4. Umore gioioso nel senso di: avere ricchi e intensi sentimenti di bellezza, sentimenti forti per la natura, essere aperti e ricettivi, sicuri e armonici, dimostrare mancanza di paura, di ansia e di agitazione, manifestare uno stato di gioia e di compassione trovando la vita ricca e gratificante, non provare senso di vuoto, di depressione, di dolore e di sconforto.

I valori non sono classificati gerarchicamente ma sono tutti considerati ugualmente importanti (Naess 1974). Naess (1979) sostiene che la società nel suo complesso benefìci di più nel destinare maggiori risorse ai bambini rispetto agli altri gruppi di popolazione: questo perché i bambini hanno una lunga vita davanti a loro e saranno, da adulti,  in grado di influenzare i propri figli che a loro volta avranno bambini

Approccio patogenico vs approccio salutogenico

In letteratura, ci sono molte più informazioni sulle cause e i trattamenti delle malattie (orientamento o approccio patogenico) rispetto alle ‘cause’ e al mantenimento di una buona salute (orientamento o approccio salutogenico). Solo recentemente sono stati fatti dei concreti sforzi di tipo teorico ed empirico verso l’approccio salutogenico, tra questi il più noto è il contributo di Antonovsky (Antonovsky 1979, 1987).
Il testo propone una ricerca/prospettiva/cornice di tipo interdisciplinare relativamente al concetto di salute mentale che contempla l’apporto delle scienze sociali e soprattutto delle scienze educative, supportate da ricercatori, scienziati, intellettuali  e organismi internazionali (OECD, UNESCO), e prende perciò in considerazione gli aspetti storici, politici, lo sviluppo socioeconomico, la cultura e le tradizioni dei singoli individui e delle nazioni/continenti.
Viene discussa la correlazione tra welfare (benessere legato alla possibilità di soddisfare i propri bisogni, offerta concretamente dallo Stato in cui la persona vive) e wellbeing (benessere soggettivo/percepito). Sono stati fatti parecchi studi in Europa per misurare/definire standard e livelli della qualità della vita, soprattutto nei paesi del Nord Europa (Svezia e Finlandia, anni ’70 e ’80).  
Un’elevata qualità della vita ha a che fare con la soddisfazione nelle seguenti aree: forma fisica, abilità nei contatti sociali, conoscenza, abilità lavorativa, influenza sull’ambiente fisico, potere, capacità di raggiungere gli obiettivi. Queste capacità/abilità/risorse possono essere utilizzate per raggiungere obiettivi importanti a livello individuale (felicità o gioia) e a livello di gruppo (solidarietà, sicurezza). Questi obiettivi contribuiscono a elevare la qualità della vita. La domanda è se le persone che vivono in situazioni di welfare percepiscono uno stato soggettivo di benessere o salute mentale. Non è facile rispondere a questa domanda. Si può però affermare che il benessere ha una grossa componente culturale (gli Stati in cui vige il welfare, che si preoccupano cioè di migliorare le condizioni di benessere fisico e sociale, quali ad es. la Danimarca e la Svezia, sono tra i primi nelle statistiche mondiali rispetto alla felicità o al benessere percepito). Non si può trovare una relazione diretta causale, ma si può dire che gli interventi rivolti alla comunità migliorano e aumentano il benessere mentale (prove di efficacia derivanti dall’ Health City Project dell’OMS, studio di de Leeuw 2003).

Capitale sociale, processo di apprendimento ed empowerment

Altre riflessioni riguardano il concetto di capitale sociale (sembra che la ricchezza di relazioni umane possa promuovere il benessere mentale e psicologico nonché l’autostima individuale), e la teoria dell’empowerment (empowerment assimilato all’enabling process della Carta di Ottawa, cioè visto come processo che dà alle persone la capacità di avere il controllo sulla propria vita, attraverso lo sviluppo di abilità quali ad es. le coping skills). Freire negli anni ’70 ha utilizzato l’empowerment come una modalità di apprendimento/crescita, concentrandosi sulle popolazioni che avevano difficoltà a relazionarsi con le istituzioni, anche a causa di scarsi livelli di istruzione, agendo in tal modo sulla riduzione delle disuguaglianze attraverso un percorso di apprendimento e di mobilitazione delle risorse della comunità).
Gli autori evidenziano  l’influenza che il processo di apprendimento - alla stregua dell’empowerment - può avere nel promuovere il benessere, se svolto seguendo i principi della promozione della salute (apprendimento non superficiale o mnemonico,ma fondato sull’interazione tra la persona che apprende e la struttura, e mediato dall’attività/impegno di tutte le persone/enti significativi nel produrre/fornire conoscenza). Si parla di apprendimento efficace se questo è coerente con i contenuti, con i metodi di insegnamento, con il setting (contesto) incluso il clima emotivo, con la qualità e la relazione tra formatore/insegnante e discente, e infine con le modalità di valutazione dei risultati.

La valutazione del benessere

La valutazione della qualità della vita, del benessere soggettivo e della felicità pone parecchi problemi. Heal e Sigelman individuano diversi metodi per la valutazione del benessere: le misure/rilevazioni possono essere oggettive e/o soggettive (ad esempio, standard relativi all’abitazione, al reddito e al livello d’istruzione vs focus sulla soddisfazione percepita rispetto alla vita o a specifiche condizioni di vita); possono essere assolute e/o relative; la qualità della vita può essere riferita/riportata direttamente dai partecipanti allo studio o da qualcun altro (ad esempio, amici o ricercatori).
Storicamente, negli studi sulla qualità della vita, si tendeva a utilizzare le misure oggettive, ma oggi stanno diffondendosi le misurazioni soggettive o quelle combinate (oggettive + soggettive). Le dimensioni soggettive inerenti la qualità percepita della vita pongono parecchie difficoltà rispetto alla loro interpretazione. Alcuni esempi:

  • gli individui possono esprimere livelli maggiori o minori di soddisfazione pur trovandosi nelle medesime situazioni o circostanze oggettive (ad esempio, generalmente le persone con basso reddito e scarsa istruzione o le persone anziane tendono a idealizzare le loro condizioni, nel senso che esprimono livelli soggettivi di benessere che sono socialmente più desiderabili – De Mayo, 1984)
  • a livello individuale ci sono persone che tendono a priori a essere d’accordo o in disaccordo con le domande che gli vengono poste
  • a livello individuale, gli studi longitudinali hanno dimostrato che il benessere globale soggettivo è abbastanza costante al di là di eventi di vita transitori positivi o negativi.

Gli studi sulla qualità della vita devono scegliere tra un approccio individuale e un approccio di popolazione. La maggior parte delle ricerche sulla qualità della vita si concentrano sugli individui, e rilevano bisogni, caratteristiche e preferenze personali. Una limitazione dell’approccio individuale è la difficoltà di generalizzare i risultati all’intera popolazione o a un gruppo. L’approccio di popolazione definisce generalmente le caratteristiche di un gruppo di persone, e valuta le condizioni che per quel gruppo definiscono la qualità della vita. In questi studi, viene perciò individuato uno standard o norma per quella popolazione/gruppo. Ogni indicatore della qualità della vita viene standardizzato sulla base di ciò che è positivo o negativo per quella popolazione.  Per ogni variabile viene assegnato un valore base (Shalock, 1990).
Questi valori base sono stati utilizzati soprattutto per individuare i problemi (ad esempio, il numero di bambini che vivono in condizioni di povertà (Allard et al, 1980). Gli studi sulla qualità della vita hanno come focus le risorse delle persone, di conseguenza i valori base della qualità della vita misurano quanto le persone stanno bene. E’ possibile utilizzare i meccanismi di potenziamento delle abilità, come nell’approccio salutogenico (cioè definire le risorse generali di resistenza di una popolazione – Antonovsky, 1979, 1987).

Il concetto di resilienza

Il concetto di resilienza deriva dalla psicologia e spiega in che modo le persone riescono a gestire bene la propria vita nonostante le situazioni critiche. E’ un concetto scientifico applicato inizialmente su bambini e adolescenti, e solo successivamente esteso all’età adulta. Le evidenze sul concetto di resilienza derivano da 40 anni di dati forniti da uno studio longitudinale (Werne e Smith, 1982, 2001).
Inoltre, Rutter ha illustrato lo sviluppo storico del concetto di resilienza (Rutter, 1985), che è stato definito in molti modi. In questo suo excursus, alcune riflessioni sono interessanti.
Secondo Rutter, il potenziale di  rischio di differenti esperienze di vita ha mutato il suo impatto sullo sviluppo cognitivo e comportamentale.
In anni recenti si era visto che molti bambini, nonostante le condizioni estremamente critiche del proprio ambiente di vita, continuavano a svilupparsi in maniera normale e non patologica (non dipendeva solo dalla qualità o dalla quantità di eventi, ma da fattori relativi all’individuo e al contesto): ciò aveva portato al concetto di Gidden del “bambino invulnerabile” (1989). Più tardi, è stato dimostrato che la resistenza è relativa, dipende sia dall’ambiente, sia dalla costituzione dell’individuo. Inoltre, la resistenza non è una qualità stabile ma varia nel tempo e in base alle circostanze. E’ anche diventato evidente che c’erano fattori che potevano migliorare l’impatto degli eventi, e ciò ha spinto a ricercare fattori protettivi, che modificano o alterano la risposta individuale a un evento critico casuale.

La struttura salutogenica

Più di 20 anni fa Aaron Antonovsky introdusse la sua teoria salutogenica basata sul “senso di coerenza”, come orientamento globale per visualizzare il mondo e l’individuo in modo comprensibile, gestibile e significativo, sostenendo che il modo in cui una persona guarda la vita ha un’influenza positiva sulla salute (Antonovsky 1979, 1987). La teoria del “Senso di coerenza” (SOC) spiega perché le persone nelle situazioni di stress riescono a stare bene e sono anche in grado di migliorare la loro salute. La ‘SOC theory’, integrando il concetto di stress-risorsa, potrebbe essere utile per aiutare le persone a gestire l’intera gamma dei fattori di stress della vita quotidiana così come gli eventi importanti rimanendo in buona salute. La salute è vista come un movimento o un processo, dove le persone sono sempre, per alcuni versi, sane e non dipendenti da sofferenze e da malattie.
Prima delle teorie di Antonovsky, lo stress era visto come un evento negativo. Nel corso del tempo il concetto è diventato più relativo. La natura degli agenti che contribuiscono allo stress, le abilità delle persone coinvolte e l’ambiente svolgono un ruolo importante. Sia la ricerca sanitaria che quella sullo stress, inizialmente consideravano i fattori di stress come eventi problematici negativi nella vita delle persone. Al contrario Antonovsky afferma che le malattie e lo stress si verificano regolarmente per tutto il corso della vita ed è sorprendente come un organismo sia in grado di sopravvivere a lungo nonostante tali fattori. La sua conclusione è che il caos e lo stress siano parte della vita e delle condizioni naturali (Antonovsky 1991). La questione interessante è come noi possiamo sopravvivere nonostante questo o  come noi possiamo gestire la mancanza di controllo della nostra vita.
La salute diventa un concetto relativo su un continuum e la domanda veramente  importante della ricerca è cosa ‘causa’ la salute (salutogenesi) e non quali sono le cause della malattia (patogenesi).
Concettualmente, Antonovsky, al fine di sintetizzare i concetti centrali della salutogenesi, sembra trovare sostegno in molti altri quadri teorici.  Nuovi concetti centrali sono le risorse di resistenza generalizzata (Generalised resistance resources -GRRs) e il SOC. Le GRRs sono i fattori biologici, materiali e psicosociali  che rendono più facile alle persone la percezione della loro vita come un insieme coerente, strutturato e comprensibile. Tipici GRRs sono il denaro, la conoscenza, l’esperienza, il sostegno sociale, la cultura, l’intelligenza, le tradizioni, le ideologie, etc. Se una persona ha disponibili questo tipo di risorse ha maggiori opportunità di affrontare le sfide della vita. Queste risorse aiutano le persone a costruire esperienze di vita coerenti.
Il ‘Senso di coerenza’ (SOC) è la capacità di percepire che si può gestire qualsiasi situazione in modo indipendente da qualunque altra cosa stia accadendo nella nostra vita. Il SOC è una risorsa che permette alle persone di gestire la tensione, di riflettere sulle loro risorse esterne e interne, di identificarle e mobilitarle, per trovare soluzioni e risolvere le tensioni in un modo che promuova la salute. (Antonovsky 1993a).

Evidenze attuali sul ‘Senso di coerenza’

Finora, il questionario SOC è stato utilizzato in 33 lingue, in 32 Paesi, su più di 200.000 soggetti all’interno di studi effettuati su grandi campioni della popolazione generale di 20.000 persone, sino a studi che utilizzavano piccoli campioni di 10-20 persone (Eriksson and Lindström 2005). La maggior parte degli studi è trasversale, anche se ci sono anche alcuni studi longitudinali e di intervento. Il SOC è fortemente e negativamente correlato all’ansia, al burnout, alla demoralizzazione, alla depressione e alla disperazione e positivamente correlato con il coraggio, il controllo, la padronanza, l'ottimismo, l’autostima, la buona salute percepita, la qualità della vita e il benessere (Eriksson e Lindström 2005, 2006). Il SOC sembra essere stabile nel tempo, almeno per persone con un iniziale alto SOC. Inoltre, il SOC tende ad aumentare con l'età per l'intera durata della vita. Vi sono inoltre differenze di genere: gli uomini presentano un punteggio di SOC più alto rispetto alle donne. Il SOC sembra avere un ruolo principale, moderato o mediato nella spiegazione della salute (Eriksson and Lindström 2006). Inoltre il SOC sembra in grado di fare previsioni sulla salute.
I risultati sono più coerenti in relazione ai fattori che misurano la salute mentale.
Vi è una forte associazione negativa tra SOC e ansia, rabbia, ostilità e depressione, e una correlazione positiva con l'ottimismo, la speranza, l’intraprendenza e il pensiero costruttivo. Ci sono molte scale di misurazione della qualità della vita e del benessere tra i diversi gruppi di persone sofferenti di malattie croniche o gravi, persone con disabilità, le loro famiglie e gli anziani.  La maggior parte di loro riporta un’associazione tra SOC e qualità della vita, soddisfazione della vita e benessere. . Più alto è il SOC e più le persone sono soddisfatte della propria vita, e di conseguenza segnalano un più elevato livello di qualità di vita e di benessere generale. Indipendentemente dallo strumento utilizzato per misurare la qualità della vita, il senso di soddisfazione e il benessere, i risultati sostengono la teoria salutogenica come una risorsa per la promozione della salute.  Tuttavia, la direzione della relazione e la causalità sono ancora incerte e sono necessarie ricerche di approfondimento. La classe sociale e le condizioni sociali hanno un effetto sulla salute individuale (Lundberg 1997). In qualità di sociologo, Antonovsky conosceva molto bene l’impatto delle condizioni sociali sulla salute delle persone. Può il concetto di SOC essere realizzato solo da persone con un elevato livello di istruzione, un buon livello economico, un buon supporto sociale, una buona integrazione sociale, in pratica da un’élite? Gli autori non sono d’accordo sul fatto che il SOC può essere solo appannaggio di determinate fasce della società, in accordo con il pensiero di Antonovsky. In una lezione presso la Nordic School of Public Health a Göteborg nel 1993 egli ha esplicitamente sottolineato la responsabilità della società nel creare condizioni di sostegno al coping, in altre parole di SOC. La chiave si trova in una società e nelle persone che hanno a cuore gli altri (Antonovsky 1993b). Forse il concetto di empowerment potrebbe essere considerato uno strumento per la valorizzazione dei singoli SOC (Koelen e Lindström 2005). Purtroppo l'associazione tra l'empowerment e il SOC non è stata completamente chiarita.
Uno degli elementi fondamentali del concetto di empowerment è la partecipazione di individui o gruppi. Questo permette alle persone di comprendere ciò che succede intorno a loro e di elaborare un senso di autocontrollo della situazione. Nelle attività di promozione della salute e nella pratica clinica l’empowerment delle persone potrebbe essere raggiunto attraverso la pratica di una comunicazione clinica basata sull’approccio salutogenico.
Uno dei GRRs che genera il SOC è la ricchezza, vale a dire i fattori economici sia a livello individuale che comunitario. Il SOC è chiaramente correlato a fattori socioeconomici  (Lundberg 1997). Più elevato è il reddito, maggiore è il SOC.
Antonovsky non ha mai affermato che il SOC è la sola e unica proprietà per spiegare lo spostamento verso la salute. Ci sono altri concetti correlati che contribuiscono alla comprensione del processo della salute, come resistenza (Kobasa), il senso di continuità (Boyce), il clima sociale (Moos), la resilienza (Werner) e la costruzione di realtà della famiglia (Reiss) tutti menzionati da Antonovsky (Antonovsky 1987).
Gli ultimi 25 anni di ricerca hanno fornito un forte sostegno empirico alla teoria SOC. L’analisi della varianza mostra che il SOC è fortemente collegato alla salute, specialmente alla salute mentale. Il resto della varianza è spiegato da altri fattori, quali l’età, il supporto sociale e l’istruzione. L'interpretazione di questo potrebbe essere che il SOC non è  ancora un’attitudine importante per lo sviluppo delle persone e per il mantenimento della loro salute (Eriksson e Lindström 2006).
L'orientamento salutogenico  non offre alcuna ricetta per una buona vita nel senso morale del termine, può solo aiutarci a comprendere la salute e la malattia (Antonovsky 1995).
Inoltre, il potenziale del concetto salutogenico risiede nelle sue implicazioni per la creazione di società che adottino una politica di salute pubblica sana, dove il contenuto e la struttura di tutti i servizi siano orientati alla salutogenesi, piuttosto che una politica sana solo per i servizi sanitari. E’ importante rafforzare le risorse disponibili e creare nuovi tipi di risorse di resistenza generale al fine di renderne possibile ai cittadini l’identificazione e la possibilità di trarne vantaggio. Forse è anche tempo di considerare una modificazione dell’originaria dichiarazione dell’OMS sulla salute e di adottare la prospettiva salutogenica per una nuova definizione.
La sanità pubblica ha in gran parte operato all’interno del quadro di riduzione dei rischi, identificando fattori causali per le malattie e, insieme con la scienza medica, cercando interventi logici per eliminarli. La storia di questo approccio è lunga come la storia della sanità pubblica.
Sia la resilienza che il senso di coerenza, sostengono i ricercatori, si sviluppano prevalentemente nell’infanzia. La teoria della resilienza indirizza il problema post-moderno dei sistemi astratti alienanti. L’essenza della letteratura sulla resilienza si concentra sullo sviluppo del dialogo riflessivo tra il bambino e il suo contesto sociale. La salutogenesi affronta i meccanismi che consentono alle persone e alle popolazioni di sviluppare la loro salute e affrontare la frammentazione e il caos della realtà attraverso il loro senso di percezione cognitiva ed emotiva, le abilità comportamentali e la motivazione all’interno di quadri di significato basati sulla cultura, la tradizione e i sistemi di credenze.
La combinazione dei due potrebbe forse guidare la salute pubblica e i figli della società post-moderna verso una sintesi positiva.

Lindström B, Eriksson M. A salutogenic approach to tackling health inequalities. In: Morgan A, Davies M, Ziglio E (Eds.) Health assets in a global context: Theory, methods, action. Springer, New York, 2010, pp. 17-40

I riferimenti bibliografici citati nell’articolo sono parte della bibliografia del capitolo A salutogenic approach to tackling health inequalities.

Leggi e scarica il capitolo A salutogenic approach to tackling health inequalities disponibile in lingua inglese


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