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La salute mentale: un tema tanto importante quanto sottovalutato

In occasione del 10 ottobre, Giornata mondiale della salute mentale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità esorta i governi ad aumentare gli investimenti nel campo della salute mentale.


E tu, ci credi?

Monitorare le conversazioni sui social media è uno dei metodi più efficaci per intercettare in tempo reale i rumors, combattere la disinformazione e ridurre lo stigma relativi al Covid-19 individuando le azioni più efficaci per favorire l'accesso da parte delle persone a informazioni corrette e basate sull'evidenza scientifica. 


Marketing, norme e educazione: il giusto mix per comunicare la salute

L’epidemia di COVID-19 ha dato il via, in modo rapidissimo, ad una delle più grandi campagne sul cambiamento dei comportamenti nella storia della comunicazione della salute. Quali approcci comunicativi sono stati utilizzati? Che cosa funziona e per chi? Una riflessione dal dipartimento di Marketing Sociale della Griffith University, Australia.


 


CARE: una nuova risorsa per ripartire dall’equità

CARE – Catalogo di Azioni orientate all’Equità è una banca dati in cui si possono trovare esempi di interventi realizzati in Italia, in Europa e in altri paesi con caratteristiche simili al nostro.


La faticosa ripresa delle persone ospedalizzate per l'infezione da coronavirus

L'autore, medico dello Stato del Massachussets, mette in evidenza la difficile ripresa delle persone che, a causa del contagio da Covid19, devono essere sottoposte a ricovero e a cure intensive lunghe e invasive. Accanto a malati asintomatici o con sintomi lievi ve ne sono altri in cui invece l'infezione ha un decorso acuto e spesso comporta mesi di riabilitazione in un ambiente non familiare, sottoposti alle cure di persone sconosciute con mascherine al volto, senza la possibilità di ricevere visite dall'esterno. Le conseguenze psicologiche di un'infezione grave da coronavirus in regime di ospedalizzazione e isolamento sono serie. 
Dal punto di vista emotivo e fisico è doloroso e faticoso anche per chi resta a casa, con una prospettiva di lunga separazione e dall'esito incerto: ad esempio, in circa i 2/3 delle donne rimaste a casa coi figli piccoli permangono sintomi depressivi anche dopo un anno dal ricovero del compagno/marito in un reparto di terapia intensiva. 
 


Dhruv Chullar. The challenges of post-COVID19 care, The New Yorker, Medical Dispatch, 23 aprile 2020


Il rischio di "normalizzare" la pratica medica ai tempi del coronavirus

L'autore descrive nel dettaglio la prassi medica di questi mesi, a partire dalla sua esperienza lavorativa all'interno dell'Ospedale Generale di Boston, e inquadra l'anormalità del lavoro con i pazienti covid e il senso di smarrimento del personale ospedaliero, evidenziando il forte rischio di virare verso una sorta di "adattamento normalizzante" per rendere meno dolorosa e più gestibile la prassi medica attuale.


Le Conclusioni dell'articolo: "È la nostra nuova normalità. Ma perdiamo qualcosa se permettiamo a noi stessi di diventare indifferenti alla situazione considerandola normale.  All'inizio della pandemia ero nervoso ma eccitato all'idea di occuparmi d qualcosa di nuovo, come fosse una sfida: adesso i casi critici sono diventati routine, comuni, parte di un modello e conformi alla procedura: invio le etichette in laboratorio, prenoto le radiografie, intubo il malato. Da inizio gennaio ci sono state nel Paese più di 3000 morti dovute al Covid, un'intera galassia di persone spazzata via da una piaga pericolosa e sconosciuta, per la quale noi medici non eravamo attrezzati. Normalizzare la situazione significa essere "compiacenti", "condiscendenti" con un sistema organizzativo che non sostiene e una cultura professionale che impedisce di mettersi in discussione. La "normalizzazione" della cura in questa situazione estrema è pericolosa tanto quanto il virus".


Clayton Dalton. The risk of normalizing the coronavirus. What do we lose when we become numb to mass death?  The New Yorker, Medical Dispatch, 7 maggio 2020


Incertezza, paura e cambio di comportamenti: come prevenire comunicando?

La gigantesca mole di informazioni sul Covid 19 che da qualche mese a questa parte accompagna le nostre giornate rappresenta un evento senza precedenti nella storia della comunicazione pubblica.


Dall'emergere dell'epidemia e lungo tutto il suo sviluppo, la necessità di fornire alla popolazione informazioni chiare, validate e oneste si è fatta sempre più evidente, così come è stato espresso nell’editoriale pubblicato a febbraioscorso sul Lancet che si concludeva così: “E’ possibile che non ci sia un modo di prevenire il Covid 19 in questo mondo globalizzato, ma un'informazione corretta e verificata rappresenta sicuramente la più efficace prevenzione contro la malattia del panico”.


Abbasso l'infodemia!

Bere acqua bollente distrugge il virus? Mangiare aglio previene l’infezione da Covid 19?
A tutti noi sarà successo in queste settimane di leggere notizie come queste. Come difendersi dalla disinformazione? Come evitare di contribuire all'infodemia?


Covid -19: consideriamo (anche) l'Health Literacy

Il ruolo e l'importanza dell'health literacy non sono mai stati così evidenti come nel momento storico che stiamo vivendo.


Tra infodemia, fake news, complottismo, dati epidemiologici giornalieri, vademecum comportamentali, la "capacità di accedere, comprendere, valutare e utilizzare le informazioni di salute" rappresenta una competenza necessaria e fondamentale per sapersi muovere nell'attuale spazio comunicativo, un universo complesso, magmatico e spesso disorientante.