Secondo l’Atlante, nel mondo, circa 1 persona su 10 soffre di disturbi mentali ma solo l’1% della forza lavoro sanitaria globale lavora su queste tematiche. Vi sono perciò profonde disuguaglianze nell’accesso ai servizi e alle cure in base al territorio in cui le persone vivono: ad esempio, sempre secondo l’Atlante, nei Paesi ad alto reddito vi è un operatore sanitario per 2000 persone, ma nei Paesi a basso / medio reddito la proporzione diventa di un operatore psichiatrico per 100.000 abitanti.
Secondo quanto riportato, la spesa sanitaria globale sulla salute mentale è molto bassa, soprattutto nei Paesi a reddito basso e medio, e spesso viene destinata prioritariamente agli ospedali (che seguono una piccola parte delle persone che hanno bisogno di cure).
La formazione degli operatori sanitari è fondamentale, ma anche questa viene erogata in maniera non uniforme in tutti i Paesi.
L’Atlante esamina i Paesi che stanno lavorando in termini di politiche, programmi e leggi per lo sviluppo di servizi per la salute mentale: la maggior parte dei programmi politici non sono del tutto in linea con le indicazioni inerenti il riconoscimento dei diritti umani, hanno delle criticità rispetto all’implementazione, e le persone con problematiche di salute mentale e i loro familiari vengono coinvolti solo marginalmente con un ruolo attivo.
Infine, l’Atlante riprende il Comprehensive mental health action plan 2013-2020 (Piano d’Azione Mondiale per la Salute Mentale 2013 – 2020) e i suoi obiettivi (rinforzo delle politiche a livello governativo, erogazione di servizi sociali e sanitari community-based, sviluppo di strategie di prevenzione/promozione, rinforzo dei sistemi informativi e della ricerca), fornendo indicazioni e strumenti per misurarne i progressi.