Prove crescenti suggeriscono che durante la pandemia di COVID-19, l'ansia e la depressione durante il periodo perinatale sono aumentate. Lo scopo dello studio è stimare la prevalenza del rischio di depressione e ansia materna tra le donne che frequentano 18 centri sanitari in Italia durante la pandemia SARS-COV-2 e indagare i rischi psicosociali e i fattori protettivi associati. Si è articolato in una fase retrospettiva (2019, 2020 e primi nove mesi del 2021) e in una fase prospettica (iniziata a novembre 2021 e tuttora in corso), che hanno esaminato rispettivamente 12.479 e 2349 donne, per un totale di 14.828 donne nel periodo perinatale. Per valutare il rischio di ansia e depressione, sono stati utilizzati il General Anxiety Disorder-7 (GAD-7), l'Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) e un modulo ad hoc per raccogliere le variabili sociodemografiche. Nello studio prospettico, l'età media delle donne è di 31 (range 18-52) anni. I risultati hanno mostrato che la percentuale di donne con punteggio EPDS ≥9 è aumentata dall'11,6% nel 2019 al 25,5% nel periodo che va da novembre 2021 ad aprile 2022. Nei modelli di regressione logistica, le variabili associate al rischio di depressione a un livello ≤ 0,01 include avere problemi economici (OR 2,16) e non poter contare sul sostegno di parenti o amici (OR 2,36). Avere lo status professionale di casalinga è un rischio minore (OR 0,52). Quelli associati al rischio di ansia includono l'essere italiani (OR 2.97), avere un'istruzione inferiore a quella della scuola secondaria (OR 0.47), avere alcuni o molti problemi economici (OR 2.87), non poter contare sul sostegno di parenti o amici (OR 2.48), e non aver frequentato un corso prenatale (OR 1.41). I dati di questa indagine potrebbero essere utili per determinare l'impatto della pandemia SARS-COV-2 sulle donne e per stabilire un programma di screening con criteri comuni e uniformemente applicati che siano coerenti con i programmi nazionali e internazionali di salute mentale delle donne.
Camoni, L.; Mirabella, F.; Gigantesco, A.; Brescianini, S.; Ferri, M.; Palumbo, G.; Calamandrei, G.; on behalf of the Perinatal Mental Health Network. The Impact of the COVID-19 Pandemic on Women’s Perinatal Mental Health: Preliminary Data on the Risk of Perinatal Depression/Anxiety from a National Survey in Italy. Int. J. Environ. Res. Public Health 2022, 19, 14822. https://doi.org/10.3390/ijerph192214822
La violenza domestica contro le donne sono cresciute durante la pandemia. Quando presenti, ne sono vittima anche i minori, costretti ad assistere e spesso a subirle direttamente. Un quadro drammatico, in cui è importante il ruolo di tutele legali e centri antiviolenza.
Questi i numeri: 16.272 chiamate da vittime al 1522 nel 2021: +3,6% sul 2020 e +88,2% sul 2019.
Le chiamate da vittime sono cresciute nel 94% delle province rispetto a prima della pandemia.
La tendenza alla crescita è segnalata anche da altre fonti, come gli accessi al pronto soccorso.
Le conseguenze più frequenti tra i minori che assistono sono inquietudine e aggressività.
Oltre il 50% delle vittime di violenza hanno figli: il 51% nel 2021 e il 54% nei primi 3 mesi del 2022. A loro volta, circa la metà delle vittime con figli è genitore di un minore di 18 anni.
I dati mostrano chiaramente che i ragazzi nella stragrande maggioranza dei casi assistono alle violenze e in diversi casi ne sono vittima in prima persona.
Intervenire nel contrasto delle violenze di genere e domestiche richiede un complesso coordinato di interventi. Dalla possibilità di segnalazione e consulenza, attraverso il numero verde dedicato, alle strutture rivolte all'accoglienza delle donne che escono da una situazione di violenza, spesso con i propri figli.
Alcune situazioni richiedono un intervento particolare, come previsto dalla legge 4 del 2018 che tutela gli orfani a causa di crimini domestici. Giovani ai quali vengono riconosciute tutele processuali ed economiche, come il diritto al patrocinio gratuito a spese dello Stato, la possibilità di modificare il proprio cognome o quella di accedere alla pensione di reversibilità oltre a borse di studio, finanziamenti per il reinserimento lavorativo e per l'assistenza psicologica e sanitaria.
La prevenzione passa anche da un investimento educativo sulla parità e il rispetto di genere.
È evidente l'urgenza di intervenire e sulla prevenzione facendo un vero e proprio investimento educativo che miri a trasmettere a bambini e ragazzi tutti gli strumenti per essere parte attiva del contrasto alla violenza di genere.
(Fonte: Openpolis. L’impatto delle violenze di genere e familiari sui minori, 22 novembre 2022
Ricercatori dell’Università di Groningen (Paesi Bassi), in collaborazione con l’Università di Pavia, hanno messo a punto un algoritmo in grado di predire l’effetto che la scelta delle parole di un articolo può avere su un lettore, determinandone il punto di vista sull’argomento trattato (a titolo esemplificativo, usare il termine “morta” è diverso da usare il termine “uccisa” e questa scelta orienta in modi differenti la percezione del lettore sull’argomento).
Espressioni linguistiche diverse possono concettualizzare lo stesso evento da diversi punti di vista enfatizzando alcune cose rispetto ad altre. Lo studio indaga in che modo le espressioni legate alla violenza di genere influenzano il lettore su chi percepisce come responsabile. Prendendo le mosse da una precedente ricerca psicolinguistica è stata condotta una rilevazione su larga scala sulla percezione delle descrizioni tratte da un corpus di giornali italiani. Nel complesso, viene dimostrato come scelte linguistiche diverse innescano differenti percezioni di responsabilità e che tali concezioni possono essere modellate automaticamente.
I giudizi che i ricercatori hanno raccolto confermano i risultati del lavoro precedente sull'impatto di specifiche costruzioni grammaticali e semantiche e le percezioni che attivano nei lettori.
Gosse Minnema, Sara Gemelli, Chiara Zanchi, Tommaso Caselli, Malvina Nissim. Dead or Murdered? Predicting Responsibility Perception in Femicide News Reports, AACL-IJCNLP 2022
Si tratta di uno studio qualitativo descrittivo condotto secondo la metodologia del Teatro Sociale e di Comunità con il coinvolgimento delle reti interne: Direzioni, gruppi infermieristici e sanitari e partenariato esterno (antropologi, psicologi, artisti
Cinquecento persone sono state coinvolte in due eventi in cui hanno condiviso storie di operatori sanitari e famiglie dei pazienti.
L'esperienza ha creato le condizioni per l'uso strutturato della metodologia al fine di rafforzare le competenze di vita negli operatori sanitari per la gestione degli eventi, che genera alti livelli di stress lavorativo.
Implicazioni infermieristiche: Riflessione sull'importanza di dare voce e condividere le esperienze nelle comunità multiprofessionali e sociali per dare senso al senso etico e umano del proprio agire nella relazione di cura.
Costamagna G, Fiumano' G, Trentalange A, Laezza A, Dall'Acqua M. Social and community theatre as a response to the stress experienced by nurses, health professionals, and the relatives of those treated during the pandemic: the experience of the Mauriziano Hospital. Prof Inferm. 2021 Oct-Dec;74(4):263.
Più della metà delle donne vittime di femminicidio è uccisa dal proprio partner, che in quasi 8 casi su 10 abitava con la donna. Sono dati della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, che ha provato ad analizzare il fenomeno in Italia soffermandosi anche sul ruolo del medico, in particolare su quello dei medici di famiglia: dall’indagine è emerso infatti che molte donne avevano confidato solo a loro gli atteggiamenti vessatori subiti.
Nel percorso sanitario delle vittime di violenza un ruolo centrale e decisivo dovrebbe essere assunto dai medici di famiglia, in particolare nei piccoli centri, ai fini di individuare i segnali di rischio per la vita delle donne.