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» Tema : Violenza di genere

Violenza di genere: il report del primo semestre 2020

Il periodo del lockdown ha influito positivamente sul numero totale degli omicidi, ma non sugli omicidi con vittime di sesso femminile. È uno dei dati più significativi che emerge dal report elaborato dal Servizio analisi criminale della direzione della Polizia criminale.


Il documento analizza l’andamento dei reati riconducibili alla violenza di genere nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2020, confrontato con l’analogo periodo dell’anno precedente.
Sono stati esaminati, in particolare, i cosiddetti reati spia relativi alla violenza di genere e i delitti potenzialmente riconducibili a liti familiari, soprattutto se consumati in ambito domestico. L’incidenza degli atti persecutori rivolti contro le donne ha avuto un andamento costante pari al 76% nello scorso anno, mentre nel 2020 si è passati dal 76% di gennaio, al 71% ad aprile e maggio, per poi risalire al 73% a giugno.


Oscillante nel 2020 anche la percentuale di donne vittime di maltrattamenti da parte di familiari e conviventi: dall’82% di gennaio il dato scende al 78% del mese di maggio, risalendo all’82% nel mese di giugno, mentre nel 2019 si attestava sull’83% in maniera pressoché costante.


Le violenze sessuali, dopo il periodo di lockdown, risultano in aumentano a maggio e ancora di più a giugno, restando sempre al di sotto dei dati registrati a gennaio e febbraio 2020.


Anche i reati di minaccia, lesione personale e percosse in ambito familiare restano inferiori rispetto ai dati del 2019: durante il periodo del lockdown si registra un’importante flessione, addirittura un dimezzamento nei mesi di marzo e aprile rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, ma i reati tornano a crescere nei mesi di maggio (10.828) e giugno (10.662). 


Un approfondimento riguarda i dati sugli omicidi volontari che si confermano in calo del 19% rispetto a quelli dell’anno scorso (da 161 a 131). Le vittime di sesso femminile, però, aumentano (da 56 a 59) e, se nel 2019 costituivano il 35% degli omicidi totali, nel 2020 l’incidenza si attesta al 45%.


Stesso trend per quanto riguarda gli omicidi in ambito familiare/affettivo che, seppur in diminuzione rispetto all’anno scorso (da 73 a 69), presentano un aumento dell’incidenza sul totale degli omicidi (da 45% a 53%). Anche le vittime di sesso femminile aumentano (da 45 a 53) e cresce l’incidenza (dal 62% nel 2019 al 77% nel 2020).
Crescono, infine, gli omicidi commessi da partner o ex partner (da 32 a 36) e l’incidenza di donne uccise in questo modo (da 71% nel 2019 al 68% nel 2020). (Fonte: Ministero dell'Interno)



Violenza sui medici in aumento. Una indagine Anaao Assomed

L’Anaao ha condotto una survey destinata ai medici al fine di comprendere quante aggressioni interessino la categoria. Il trend è in aumento ma l’80% delle aggressioni non viene denunciato. I medici più colpiti sono gli psichiatri, seguono gli gli operatori del pronto soccorso.  
L’analisi è stata condotta da gennaio a febbraio 2020, ha interessato 2059 soggetti. Il 56,10% di coloro che hanno risposto è di sesso femminile, a dimostrazione di come il problema aggressioni sia più sentito tra i medici donna (nel 2018 era il 53%).

L’indagine ha visto la partecipazione di 19 regioni con percentuali di risposte variabili e picchi in Lombardia, Campania, Veneto, evidenziando un chiaro mutamento rispetto all’ultimo sondaggio del 2018. Solo il 21% delle risposte di oggi proviene dalle regioni del sud e delle isole, rispetto al 70% del 2018, mentre il 57% arriva dalle regioni del nord ed il 22% da quelle del centro. Questo dimostra che la violenza sugli operatori sanitari, per lungo tempo attribuita prevalentemente a regioni del sud Italia ed alle isole dove le situazioni socio-economiche e sanitarie sono più complesse, è ormai diventato fenomeno largamente diffuso su scala nazionale.

Il 55,44% dei rispondenti  ha affermato di essere stato personalmente vittima di violenza, in valore assoluto 1137 medici rispetto agli 832 del 2018, nel 76,52% dei casi di carattere solamente verbale.

Per quanto riguarda le discipline interessate dal fenomeno, l’86% degli psichiatri dichiara di aver subito aggressioni, il 77% dei medici di medicina d’urgenza, un trend decisamente in crescita in tali servizi, il 60% dei chirurghi, il 54% dei medici del territorio, il 40% degli anestesisti.

Il dato preoccupante è che il 79,26% degli operatori vittime di violenza non ha presentato denuncia, e che il 66% afferma di essere a conoscenza di episodi di aggressione ai danni di operatori, ciò dimostra che il fenomeno continua ad essere sottostimato. Il 23% afferma inoltre di essere venuto a conoscenza di casi da cui è scaturita invalidità permanente o decesso conseguenti ad episodi di violenza ai danni di operatori.

Alla domanda sulla conoscenza delle leggi attualmente vigenti in termini di prevenzione delle aggressioni, solo il 37% risponde in maniera affermativa.


La violenza di genere durante il lockdown: i dati ISTAT

Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate al numero 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Le donne che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%).



  • Le denunce per maltrattamenti in famiglia sono diminuite del 43,6%, quelle per omicidi di donne del 33,5%, tra le quali risultano in calo dell’83,3% le denunce per omicidi femminili da parte del partner. Per poter dare una lettura adeguata del fenomeno sarà necessario un periodo di riferimento più lungo.

  • Per il Lazio, il tasso di incidenza passa dal 6,8 del 2019 al 12,4 dello stesso periodo del 2020, per la Toscana, dal 4,8 all’8,5 per 100 mila abitanti. Le vittime chiamano di più rispetto allo stesso periodo del 2019 anche dalla Sardegna e dall’Umbria.

  • Le chiamate motivate da una richiesta di aiuto per violenza subita ammontano a 1.543, ma si chiama anche per avere informazioni sul servizio 1522 (28,3%), o per manifestare altre situazioni di disagio diverse dalla violenza (17,1%).

  • Il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire; il 72,8% non denuncia il reato subito. Nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche, nel 64,1% si riportano anche casi di violenza assistita.


I Centri Antiviolenza

In collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità (DPO), il CNR e le Regioni, l’Istat ha condotto la prima indagine sui 281 Centri antiviolenza (CAV) che svolgono attività a sostegno delle donne maltrattate e dei loro figli.


Nel 2017 si sono rivolte ai Centri antiviolenza 43.467 donne (15,5 ogni 10mila donne); il 67,2% ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza (10,7 ogni 10mila). Tra le donne che hanno iniziato tale percorso, il 63,7% ha figli, minorenni nel 72,8% dei casi. Le donne straniere costituiscono il 27% di quelle prese in carico.


Le modalità per entrare in contatto con i centri sono di vario tipo: il 95,3% dei Centri mette a disposizione il numero telefonico 1522, che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking, il 97,6% dei Centri garantisce una reperibilità h24. In alternativa si può andare presso i singoli Centri, aperti mediamente 5 giorni a settimana per circa 7 ore al giorno. L’89,7% dei Centri è aperto 5 o più giorni a settimana.


I servizi offerti sono molteplici, dall’accoglienza (99,6%) al supporto psicologico (94,9%), dal supporto legale (96,8%) all’accompagnamento nel percorso verso l’autonomia abitativa (58,1%) e lavorativa (79,1%) e in generale verso l’autonomia (82,6%). Meno diffusi, il servizio di sostegno alla genitorialità (62,5%), quello di supporto ai figli minori (49,8%) e quello di mediazione linguistica (48,6%). L’82,2% dei Centri effettua la valutazione del rischio di recidiva della violenza sulla donna.


Per gestire le situazioni di emergenza l’85,8% dei Centri antiviolenza è collegato con una casa rifugio. (Fonte Istat)


https://www.istat.it/it/archivio/234874