Diabete: l’assistenza specialistica e la stretta aderenza alle linee guida servono! Lo dimostra uno studio torinese.
a cura di Silvano Santoro, Dors

Agli inizi di aprile è stato pubblicato su PLOS medicine, la rivista ad accesso aperto della Public Library of Science, uno studio di valutazione d’impatto dell’aderenza alle linee guida per gli screening e dell’organizzazione dei servizi di diabetologia sulla mortalità e la morbilità per il diabete. Lo studio, durato 4 anni, è stato condotto a Torino da un gruppo di lavoro composto dal servizio di Diabetologia e Malattie Metaboliche dell’ ASL TO5, dal servizio di Epidemiologia dell’ASL TO3, l’associazione Chaira Medica di Chieri e il dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Torino.

Dal 1 gennaio 2003 al 31 dicembre 2006, utilizzando più fonti di dati indipendenti, sono stati coinvolti nello studio oltre 30.000 adulti con un’età superiore ai venti anni, ai quali è stato diagnosticato il diabete. I percorsi di cura dei pazienti sono stati seguiti, registrati e valutati per tutto il periodo dell’indagine da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto di diabetologi ed epidemiologi.
Sono state raccolti dati su test di laboratorio e visite mediche specialistiche per confrontare la gestione delle cure primarie rispetto a cure specialistiche del diabete per misurare un indicatore (chiamato GCI) della qualità della cura basato sull’aderenza, nelle cure, alle raccomandazioni delle attuali linee guida sugli screening.

Tutti i cittadini italiani sono curati da un medico di medicina generale, come parte del Sistema Sanitario Nazionale. Le cure specialistiche per le persone che soffrono di diabete sono fornite principalmente da una rete pubblica di circa 700 cliniche (o servizi) per il diabete in tutta Italia (14 a Torino). Offrono al paziente la conferma diagnostica, la terapia, il counseling sugli stili di vita sani, e la diagnosi precoce delle complicanze, mediante uno stretto follow-up da parte di un team di professionisti e la pianificazione di regolari check-up. La maggior parte dei pazienti si riferisce a queste unità di terapia tramite il loro medico di famiglia e l’assistenza fornita è gratuita.
La popolazione dello studio, nei vari anni, è stata classificata secondo quattro diversi livelli di cura che sono stati messi a confronto per valutarne l’impatto soprattutto per i principali esiti di salute.

Secondo i risultati più interessanti dello studio, vivono più a lungo quei pazienti diabetici che, oltre a essere seguiti dal proprio medico di famiglia, seguono i percorsi di cura proposti dal centro diabetologico di riferimento dove vengono applicate tutte le procedure di esame, cura e assistenza previste dalle linee guida, e quindi visitato periodicamente.
Nel dettaglio risulta che il rischio relativo di mortalità, per tutte le cause e per le malattie cardiovascolari, è ridotto del 40% nei pazienti con il livello più alto di assistenza sanitaria (medico di famiglia + unità diabetologia + piena aderenza alle linee guida) rispetto ai pazienti che hanno avuto il livello di assistenza più basso (solo medico di famiglia).
Le differenze si notano anche per la mortalità da tumore, ridotto di circa il 26%,  il rischio di infarto del miocardio e di ictus, maggiore del 30% nel gruppo seguito dal solo medico di famiglia, e il rischio di amputazione degli arti inferiori che raddoppiava in questi ultimi.



Secondo i risultati ricevere le cure specialistiche, di per sé, aumenta la sopravvivenza del paziente, ma la combinazione con la piena aderenza alle raccomandazione delle linee guida risulta molto più efficace; infatti gli autori riferiscono che nel corso dell’intero set di analisi è emerso che la messa in pratica delle indicazioni espresse nelle linee guida risulta un forte modificatore della prognosi.

Carlo Giorda, direttore della S.C. “Diabete e malattie metaboliche” dell’ASLTO5, e presidente dell’Associazione medici Diabetologi (AMD) che ha guidato il progetto, spiega i risultati, nelle sue dichiarazioni alla stampa, affermando che i pazienti diabetici con alti livelli di assistenza “vivono più a lungo” perché :

  1. Il richiamo periodico, nella cura del diabete, ma più in generale in tutte le malattie croniche, ricorda la propria condizione di malattia e aumenta la qualità della cura;
  2. Un controllo così stretto sicuramente incide sullo stile di vita, ecco perché diminuisce la mortalità in assoluto
  3. Una stretta sorveglianza al paziente, permette di rilevare con anticipo altre malattie, come ad esempio un tumore, e migliora la sopravvivenza.

 


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