Muoversi per la salute, una necessità o un’opportunità, ma non per tutti
a cura di Alessio Petrelli, Scuola di Sanità Pubblica, ASL TO3

La mobilità passiva ospedaliera è un fenomeno esteso e rilevante (7% di ricoveri al di fuori della Regione di residenza per 3 miliardi di euro di valore economico), ma di cui sinora si tenuto conto solo in termini di sconfinamento regionale, per l’impatto amministrativo determinato dai meccanismi di compensazione che ne derivano. Recentemente si è cominciato a ragionare sui meccanismi che determinano il ricorso al ricovero ospedaliero in aree diverse da quelle di residenza, evidenziando quattro componenti di mobilità passiva:

 

  • “di prossimità”, che riguarda la scelta del presidio più comodo anche se territorialmente non corrispondente a quello in teoria formalmente assegnato; 
  • "di programmazione”, per alcune prestazioni di elevata complessità che il sistema sceglie di localizzare in pochi definiti presidi, al fine di garantire un numero sufficiente di prestazioni necessario per mantenere performance a livelli elevati di eccellenza;
  • “di casualità”, associata ai movimenti ed agli spostamenti temporanei della popolazione, sia di lungo periodo, ad esempio per lavoro o studio, o di breve e brevissimo periodo come nel caso delle ferie o dei viaggi occasionali;
  • “di carenza di offerta” sul proprio territorio, quantitativa e/o qualitativa. Gli utenti scelgono un presidio anche distante nella necessità di farsi curare tempestivamente o nella percezione di poter accedere a livelli di qualità dell’assistenza più elevati.

 

Mentre le prime due componenti sono compatibili con situazioni positive sul piano organizzativo e su quello programmatorio, e la terza componente è inevitabile e non dipende da situazioni legate al sistema sanitari, il vero problema è costituito dalla quarta componente che è associata a situazioni di mal funzionamento del sistema sanitario.

Risulta allora interessante descrivere la distribuzione dell’ospedalizzazione in mobilità nella popolazione, anche in relazione a questa classificazione del fenomeno. L’archivio longitudinale dell’indagine sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari dell’ISTAT ha consentito di analizzare l’associazione tra caratteristiche socioeconomiche della popolazione italiana e mobilità passiva in un arco temporale molto esteso (2001-2008).

La probabilità di ricovero al di fuori della Regione di residenza è assai eterogenea. I modelli statistici, a parità di età, periodo e livello di morbosità cronica, evidenziano che le persone con titolo di studio elevato si ricoverano fuori Regione il 70% in più, chi è soddisfatto delle proprie risorse economiche il 20% in più, chi vive in abitazioni adeguate il 30%. I residenti nel Sud si spostano per ricoverarsi il doppio rispetto a chi vive nel Nord-Est e il 70% in più rispetto ai residenti nel Centro e nel Nord-Ovest. Questo effetto di selezione si manifesta per tutti i tipi di ricovero (ordinari e Day Hospital), a prescindere dal livello di appropriatezza organizzativa e per qualunque problema di salute. Riguarda principalmente i ricoveri programmati, al netto quindi della gran parte della componente di casualità, presente nei ricoveri urgenti.

Inoltre maggiore è la distanza percorsa e più elevate risultano le differenze socioeconomiche, soprattutto per titolo di studio. La probabilità di ricovero in una Regione o in una Provincia non adiacente a quella di residenza è doppia per  le persone con titolo di studio più elevato. Le differenze socioeconomiche sono quindi presenti sia nei ricoveri “di prossimità”, ma in maniera ancora più accentuata nei ricoveri per “carenza di offerta”. Il possesso di strumenti culturali si dimostra quindi fondamentale nell’orientare la scelta della struttura di ricovero. E’ auspicabile l’analisi degli esiti dei ricoveri in mobilità passiva, poiché se associata a migliore qualità dell’assistenza, il fenomeno potrebbe determinare un incremento delle disuguaglianze sociali nella salute e nell’assistenza sanitaria.


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