Abbronzatissimi...sotto i raggi UV?
a cura di Grazia Bertiglia, Luisella Gilardi

Introduzione

Con il decreto interministeriale 12 maggio 2011, n 110  (Ministeri dello Sviluppo Economico e della Salute) l'Italia ha aggiornato la normativa riguardo alle apparecchiature elettromedicali per uso estetico, fra cui vi sono le lampade abbronzanti.

La stampa comune ha dato la notizia nei mesi scorsi, soffermandosi in particolare sulla novità del divieto di sottoporre minori e donne in gravidanza ai raggi delle lampade UV-A, dato che la ricerca scientifica ha dimostrato un effettivo rischio di cancerogenicità per questi  trattamenti. 

Le ASL, a questo riguardo, hanno un duplice compito: di vigilanza sulle strutture in cui si svolgono i trattamenti estetici per verificare il rispetto delle norme  di settore e di promozione di stili di vita più salutari nella popolazione.

Per questo Dors mette a disposizione dei suoi lettori un commento sulle evidenze scientifiche e i testi del norme aggiornate con il deceto di maggio.

Le evidenze scientifiche

L’esposizione alla radiazione solare è la principale causa ambientale di tumore cutaneo e la radiazione ultravioletta (UV) è la componente che, in misura maggiore, causa  questo tipo di tumori ed in particolare il melanoma cutaneo maligno.
Le radiazioni UV hanno una lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400 nanometri (nm) e sono suddivise in: UVA (> 315-400 nm), UVB (>280– 315 nm) e UVC (100–280 nm). La componente di radiazione ultravioletta che raggiunge la superficie terrestre è composta per il 95% di UVA e per il 5% di UVB; la componente UVC è bloccata dall’ozono presente nella stratosfera.

Le lampade e i lettini abbronzanti sono le fonti principali di esposizione volontaria artificiale a raggi UV.
I moderni apparecchi utilizzati per l’abbronzatura emettono nel range dell’UVA, ma una frazione (< 5%) è compresa nello spettro dell’UVB. Negli anni 90 numerosi paesi hanno adottato alcune regole che hanno limitato la componente UVB nelle emissioni delle lampade e lettini abbronzanti (percentuale massima dell’1.5%). Tuttavia, le caratteristiche di emissioni di questi apparecchi sono ancora molto variabili. La proporzione di UVB nelle emissioni totali può variare dallo 0.5 al 4%. Queste differenze sono dovute alle caratteristiche di queste apparecchiature (per esempio al numero e alla tipologia dei tubi fluorescenti, alla presenza di lampade ad alta pressione).

L’intensità dell’esposizione ai raggi UV durante una seduta abbronzante può essere 10-15 volte superiore rispetto all’esposizione solare di mezzogiorno in una località della costa mediterranea. Questo fa si che la dose di radiazioni ricevuta per unità di tempo è molto superiore rispetto a quella assorbita durante le attività svolte all’aria aperta e anche nel corso dell’esposizione solare per abbronzarsi.
Quindi l’esposizione annuale dei frequentatori abituali di centri abbronzanti può essere anche quattro volte  volte superiore rispetto a quella solare (da 1.2 a 4.7). Oltretutto a questa dose occorre aggiungere quella assorbita attraverso la naturale esposizione al sole.

L’uso dei dispositivi abbronzanti che emettono radiazioni UV è molto diffuso, soprattutto fra le donne, ma anche fra gli uomini più giovani. Una percentuale compresa tra il 17 e il 35% dichiara di non indossare occhiali di protezione. Questa pratica si sta diffondendo anche tra gli adolescenti.  Gli studi più recenti riportano che il 30% in Svezia e il 24% degli adolescenti negli Stati Uniti si è sottoposto a questo trattamento e rispettivamente l’8 e il 12% ha dichiarato di sottoporsi a sedute abbronzanti 10 o più volte l’anno. In una recente survey condotta in Gran Bretagna, il 7% dei bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni ha dichiarato di essersi sottoposto almeno ad una seduta abbronzante negli ultimi 6 mesi.

Gli studi hanno evidenziato che le radiazioni solari causano una mutazione specifica al DNA (transizione citidina-timidina). Questo pattern è stato, per molti anni, attribuito unicamente alla componente UVB. Tuttavia recenti studi hanno osservato la stessa mutazione nella cute di topi trattati con UVA e nel gene Tp53 delle cellule tumorali indotte da esposizione a UVA e UVB.

Una approfondita e ampia meta-analisi conclude che il rischio di sviluppare un melanoma cutaneo maligno aumenta del 75% se ci si sottopone a sedute abbronzanti prima dei 35 anni di età. Ulteriori studi  hanno riscontrato anche un’associazione con lo sviluppo di melanomi oculari.  Per questa ragione il gruppo di lavoro dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), riunitosi a Lione nel giugno del 2009, ha incluso l’uso di apparecchiature abbronzanti nella classe di cancerogenità 1 (cancerogeni certi per l’uomo).

Riferimenti bibliografici

The International Agency for Research on Cancer Working Group on artificial ultraviolet (UV) light and skin cancer. The association of use of sunbeds with cutaneous malignant melanoma and other skin cancers: A systematic review. Int. J. Cancer. 2006 120, 1116–1122.

IARC Working Group. Special Report: Policy. A review of human carcinogens—Part D: radiation. Lancet Oncology Vol 10 August 2009

La normativa

Il recente decreto recepisce le indicazioni scientifiche già presenti sin dal 2007 rafforzate ulteriormente dalle più recenti affermazioni della IARC.

Il Deceto interministeriale 12 maggio 2011 n 110 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2011 aggiorna più ampiamente la normativa riguardo ai centri estetici; in particolare aggiorna l'elenco delle apparecchiature previsto dalla legge 1 del 1990.

La scheda tecnica n. 7 riguarda i solarium, e in particolare indica l'obbligo di fornire una scheda personale che riporti la dose assorbita sia di UV-A sia degli eventuali UV-B a cui il cliente è stato epsosto, per la  valutazione della dose cumulativa.

Si vieta inoltre l'utilizzo ai soggetti con patologie dermatologiche che possono essere aggravate dall’esposizione ad UV, ai  minori di 18 anni, alle  donne in stato di gravidanza, ai soggetti che soffrono o hanno sofferto di neoplasie della cute, ai soggetti che non si abbronzano o che si scottano facilmente all’esposizione al sole.

Poichè l'utilizzo delle apparecchiature è esclusivo per fini estetici, non si dovranno più  vantare effetti benefici per la salute.

La scheda tecnica indica poi cautele e suggerimenti per il corretto uso, fra cui un intervallo fra un periodo di trattamento abbronzante e l’altro di  circa un mese, un intervallo di  48 ore fra il primo trattamento e il secondo e di 24 ore per i successivi e, naturalmente, di evitare una esposizione eccessiva al  sole in concomitanza del trattamento.

La normativa completa è disponibile, fra l'altro sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico.

L'invito ai lettori è di segnalare i loro commenti e illustrare azioni di promozione della salute intraprese a questo riguardo.


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