La malattia che impoverisce, la povertà che fa ammalarea cura di Maurizio Marino, Servizio di Epidemiologia ASL TO3Pubblicato il 05 Maggio 2009Aggiornato il DatiLa malattia che impoverisce, la povertà che fa ammalareBibliografiaLa malattia che impoverisce, la povertà che fa ammalareL’obiettivo del convegno, tenutosi il 26 marzo 2009 presso l’Auditorium della Provincia di Torino, è stato presentare i risultati di un’indagine che ha voluto esplorare l’influenza reciproca tra vulnerabilità sociale e salute. L’indagine è stata promossa dalla Provincia di Torino in collaborazione con la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (FIMMG della Provincia di Torino), l’Università di Torino ed il Servizio di Epidemiologia dell’ASL TO3. Mediante questa indagine si è cercato di rispondere a queste domande: · Le persone in condizioni di difficoltà economica interrompono un percorso di cura più frequentemente delle persone non in difficoltà? · Con che frequenza le persone in condizioni di malattia subiscono ricadute negative sulla loro condizione economica, di lavoro e di consumo? · Questi due effetti sfavorevoli sono più o meno intensi al variare della gravità delle condizioni cliniche del paziente, così come rilevabile dal medico di medicina generale? L’indagine, svolta nell’estate del 2008, ha coinvolto 32 medici di famiglia della Provincia (ex asl 3, 4 di Torino, 8 di Moncalieri e 10 di Pinerolo) e 1878 assistiti suddivisi in 2 gruppi, un gruppo selezionato di pazienti clinicamente fragili e un campione casuale di assistiti richiedenti cure. Poiché le famiglie vulnerabili sono molto numerose, occorrerà misurare se questo circuito vizioso tra povertà e malattia abbia comportato a medio/lungo termine ricadute significative sulla salute della popolazione, o sulle risorse disponibili nelle comunità per lo sviluppo dei consumi e della produttività. Inoltre, in una fase sfavorevole del ciclo economico, come quella che si sta attraversando, è possibile che questi rischi si manifestino con più frequenza; è quindi opportuno che il welfare sanitario rinforzi le sue funzioni di tutela sulle fasce più vulnerabili, con un ruolo attivo dei suoi professionisti nel riconoscere precocemente questi rischi e nel prevenirne l’insorgenza, in modo integrato con le politiche sociali. I dati italiani sui consumi sanitari mostrano come nel 2004 l’1,3% delle famiglie sia caduto sotto la soglia di povertà per le spese sanitarie sostenute (0,9% in Piemonte). Tra le spese “catastrofiche”, ovvero quelle uguali o superiori al 40% della capacità di spesa di una famiglia, hanno una notevole rilevanza le spese per disabilità, servizi ausiliari, farmaceutica. Questo circuito vizioso tra malattia e povertà può essere interrotto, o moderato nei suoi effetti negativi, con appropriati interventi da parte di politiche socio-sanitarie, a patto che venga riconosciuto tempestivamente. Per questo scopo il medico di medicina generale rappresenta la sentinella più sensibile, quella cioè che segue con maggiore frequenza e assiduità le condizioni cliniche e sociali delle persone e delle famiglie, e che gestisce più da vicino i percorsi di cura dei cittadini. I risultati della ricerca misurano la stretta relazione che esiste fra ammalarsi e impoverire: una quota importante di malati è costretta per problemi economici ad interrompere un percorso di cura o, pur di continuare a curarsi, è costretta a limitare la qualità di vita della propria famiglia. La ricerca evidenzia quindi la necessità che nella pratica del medico di famiglia gli aspetti sanitari vengano integrati con informazioni di carattere sociale per una valutazione multidimensionale dei bisogni e delle risorse dei pazienti e delle famiglie, da condividere con la rete dei servizi sociali. Ecco una breve sintesi delle risposte alle domande dell’indagine: Vulnerabilità economica Circa i tre quarti del gruppo dei fragili (77%) ha dichiarato difficoltà nell’affrontare le spese mensili (29% grande difficoltà e 48% qualche difficoltà) e circa la metà del campione dichiara che la situazione economica della sua famiglia è peggiorata nell’ultimo anno: il 39% abbastanza peggiorata e l’11% decisamente peggiorata. Nel campione casuale circa i due terzi ha difficoltà nell’affrontare le spese mensili (14% grande difficoltà e 50% qualche difficoltà) e il 45% degli intervistati dichiara che la situazione familiare è peggiorata: il 36% abbastanza peggiorata e il 9% decisamente peggiorata. Interruzione dei percorsi Nel gruppo dei pazienti fragili, il 46% degli intervistati ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria a causa dei costi e il 29% a causa di problemi di accesso e organizzazione dell’offerta da parte del SSN. Le prestazioni che hanno visto le maggiori rinunce sono quelle che effettivamente prevedono un costo a carico dell’utente: le cure dentistiche e oculistiche (23%) e i farmaci (22%); per quanto riguarda le cure specialistiche, il 19% dei fragili ha interrotto il percorso per motivi di accesso. Nel campione casuale, un terzo dei pazienti ha dichiarato che qualche membro della famiglia ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria a causa dei costi: farmaci a pagamento (19%), cure dentistiche e oculistiche (16%). I fattori che espongono maggiormente al rischio di interruzioni dei percorsi nei due gruppi di pazienti sono: negli uomini la percezione di un reddito insufficiente e la bassa posizione nella professione; nelle donne la percezione di un reddito insufficiente, la bassa istruzione e la scarsa disponibilità di persone di supporto. In particolare chi ha delle difficoltà ad arrivare alla fine del mese, a parità di condizioni di fragilità, ha un rischio di rinunciare ad un qualche tipo di cura da 5 a 6 volte più elevato rispetto a chi dichiara di arrivare facilmente alla fine del mese. Impatto dei carichi assistenziali su spese e lavoro L’impegno economico sostenuto per la cura e l’assistenza comporta un significativo contenimento di alcune spese nella famiglia: il 10% del campione casuale dichiara di aver ridotto le spese alimentari per poter sostenere le spese di cura di una malattia; tale percentuale sale al 19% nei pazienti fragili. Ben più elevato è il numero di famiglie che ha dovuto contenere la spesa per altri beni, quali tempo libero, trasporti, casa. Anche le ricadute sull’attività lavorativa dei pazienti e dei membri della loro famiglia hanno interessato oltre il 10% dei due campioni: in particolare nelle famiglie dei pazienti fragili, il cui carico assistenziale è più impegnativo, il 7% ha dovuto ridurre gli orari di lavoro, il 2,6% ha dovuto cercare un lavoro e poco meno del 2% ha perso il lavoro. E' disponibile, su richiesta, la presentazione in power-point del Professor Giuseppe Costa, Responsabile del Servizio di Epidemiologia dell'ASL TO3.Bibliografia1. Ensor T, Cooper S. Overcoming barriers to health service access: influencing the demand side. Health Policy and Planning 2004; 19(2): 69–79. 2. Mielck A, Kiess R, Knesebeck O et al. Association between “Forgone Health Care” and household income among the elderly in five european countries. (In print) in International Journal of Epidemiology. Altri riferimenti in www.share-project.org/. 3. Rapporto CEIS SANITA’ 2005. “Le parole chiave del SSN”. A cura del Ceis Tor Vergata. Edizioni Italpromo Esis Publishing. Dicembre 2005.TAG ARTICOLO