Infortuni e malattie professionali: cosa ne pensano i lavoratori?
a cura di Luisella Gilardi, DoRS

La ricerca si è svolta in Liguria, ha coinvolto circa 530 lavoratori, testimoni privilegiati, datori di lavoro. Sono stati utilizzati questionari aperti, interviste e in alcuni casi interviste filmate.

L’obiettivo della ricerca era quello di capire qual è la percezione del rischi, dei diritti e delle tutele riguardanti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali fra i datori di lavoro e i lavoratori.

Le risposte ottenute si possono raggruppare in queste categorie:

 

La banalità o normalità del rischio

la maggior parte dei lavoratori intervistati è pervasa da una sorta di fatalismo rispetto ai rischi in ambito lavorativo, ovvero dall’idea che il lavoro in certi settori porti necessariamente con sé una rassegnazione implicita a eventuali infortuni o malattie professionali.

Addirittura l’ampio spazio che i media dedicano agli infortuni e alle malattie professionali è visto negativamente da una parte dei lavoratori perché spesso parlare troppo di un argomento contribuisce a banalizzarlo. Per altri l’attenzione dei media è utile in quanto accresce l’interesse della popolazione nei confronti di un problema molto spesso sottovalutato.

 

I rischi come conseguenza dello sviluppo economico degli ultimi vent’anni

partendo dalla considerazione che gli infortuni e le malattie professionali sono diminuiti negli ultimi 20 anni, ci si chiede perché a fronte di leggi sempre più restrittive e tecnologie avanzate, il numero di infortuni e malattie professionali sia ancora elevato.

Molti lavoratori individuano una delle cause nel nuovo modello produttivo in cui la competitività è divenuto l’elemento fondamentale per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese.

Fretta e pressione esercitata dal datore di lavoro per produrre di più in meno tempo sono spesso in contrasto con l’adozione delle necessarie misure di sicurezza che richiedono un ritmo di lavoro più lento. Inoltre, nelle grandi aziende la sovrapposizione delle lavorazioni e la conseguente presenza simultanea di numerose imprese subappaltatrici, i cui lavoratori ignorano le norme di sicurezza, espone a rischio tutti i lavoratori presenti.

 

La sensazione di impotenza e la crisi dell’azione collettiva

di fronte alle nuove regole imposte dal neo-liberismo, i lavoratori lamentano una scarsa coesione tra loro, dovuta anche ai diversi diritti di ognuno. Fra i lavoratori delle ditte appaltatrici ci sono gli immigrati, spesso clandestini, che non reclamano nessun diritto e che sono disposti a lavorare senza tutele e senza orario.

Viene lamentata anche l’assenza delle istituzioni, in particolare degli organi di controllo. L’entità stessa delle sanzioni, è irrisoria rispetto ad esempio al guadagno di un impresario edile.

 

Nelle conclusioni, gli autori della ricerca riprendono alcuni concetti, fra questi il fatto che all’interesse suscitato dai media, al progresso nei diritti e nelle tutele, non si abbia da parte dei lavoratori la percezione di un reale beneficio con conseguente rassegnazione e frustrazione. Una prova è costituita dalla scarsa mobilitazione collettiva di fronte alle morti sul lavoro. 

Gli autori rilevano, come nel caso dell’applicazione delle legge Sirchia per il divieto di fumo nei locali, la mobilitazione dei non fumatori è stata fondamentale affinché tale normativa fosse realmente applicata. Lo stesso si può dire per l’applicazione dell’obbligo di uso delle cinture di sicurezza in automobile e del casco per la motocicletta.

La stessa mobilitazione sociale dovrebbe essere possibile anche nel mondo del lavoro considerando l’elevato numero di persone coinvolte.

 

La ricerca offre spunti e approfondimenti interessanti per tutti coloro che si occupano di prevenzione, permettendo di capire meglio il successo o l’insuccesso delle diverse azioni preventive condotte da parte delle istituzioni.

 

Il volume può essere richiesto gratuitamente alla Regione Liguria all’indirizzo e mail

prevenzione@regione.liguria.it


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