Disuguaglianze nelle aspettative di una vita sana. Uno studio internazionale che confronta 25 nazioni dell’Unione Europea.
a cura di Silvano Santoro, DoRS

Il 17 novembre 2008 Lancet ha pubblicato un interessante studio che mette a confronto i dati di 25 paesi europei, disponibili fino al 2005, relativi alle aspettative di vita (Life Expectancy, LE) e le aspettative di una vita sana (Healty life years, HLYs) in uomini e donne; un lavoro condotto dalla prof.ssa Carol Jagger del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Leicester (UK), sovvenzionato dal Programma EU di Salute Pubblica.
Anche se in media le aspettative di vita all’interno dell'Unione Europea sono in aumento, rimane ancora poco chiaro quanto di questi anni “in più” siano vissuti in buona salute o meno. Essendo informazioni particolarmente utili, soprattutto nell’ottica di un utilizzo più consapevole di risorse in ambito sanitario, il gruppo di lavoro, costituito da professori universitari e dottorandi dei vari paesi coinvolti, ha misurato le aspettative di vita (LE) e le aspettative di anni in buona salute (HLYs) per la popolazione europea che ha raggiunto i 50 anni, suddivisa per sesso e nazionalità.
Per il confronto dei risultati è stata eseguita un’analisi di meta-regressione, particolarmente indicata per investigare l’eterogeneità degli effetti fra studi con indicatori comuni. In questo caso, per quanto riguarda l’ HLYs, gli indicatori utilizzati sono stati economici (PIL, rischio di povertà per la popolazione con età >65 anni, disuguaglianze nella distribuzione dei redditi e le spese relative all’assistenza degli anziani), riguardanti la partecipazione alla forza-lavoro (tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, tasso di disoccupazione a “lungo termine” ed età media di uscita dalla forza lavoro) e riguardanti il livello di istruzione (apprendimento continuo e il livello di istruzione minimo). I risultati dello studio sono particolarmente interessanti, soprattutto per quanto riguarda l’Italia.

L’aspettativa di vita per gli uomini europei va da un minimo di 71,3 in Latvia ad un massimo di 80,37 in Italia, mentre per le donne da un minimo di 79,3 in Latvia ad un massimo di 85,37 in Francia (85,31 in Italia). Nel 2005, inoltre, in media, un uomo di 50 anni, appartenente ad uno dei 25 paesi EU considerati, potrebbe aspettarsi di vivere fino a 67,3 anni libero da ogni impedimento alle sue attività (59,1 anni in Estonia e 73,6 anni in Danimarca), mentre una donna fino a 68,1 (60,4 anni in Estonia e 74,1 in Danimarca).
I risultati, in generale, mostrano che all'interno dei paesi dell'UE sussiste una sostanziale disparità. L’aspettativa di una vita sana nei gruppi sociali meno privilegiati è strettamente correlata agli indicatori strutturali considerati. L’HLY ha valori maggiori, infatti, laddove il livello di istruzione è più elevato, il sistema sanitario pubblico è meglio finanziato e le politiche a favore degli anziani sono più supportate da fondi. Si è registrata una forte correlazione tra PIL e HLYs a 50 anni; il PIL pro-capite incide sulla salute perché agevola l’accesso a molti prodotti (farmaci e un migliore stile di vita) e servizi ( assistenza sanitaria e sociale, servizi di custodia) che contribuiscono a migliorare la salute e la longevità.

Il nucleo centrale dei quindici paesi storicamente appartenenti all’EU offre, logicamente, panorami migliori rispetto ai dieci paesi entrati in seguito con economie più deboli dove si osservano valori di HLYs molto bassi. Gli uomini di questi paesi hanno la prospettiva di vivere attivamente, privi di limitazioni, fino ad un età inferiore ai 65 anni (che nella maggior parte dei paesi europei corrisponde all’età di pensionamento) raggiunta la quale saranno limitati nelle loro attività di vita quotidiana, riducendo la loro capacità di lavoro e in molti casi richiedendo un pensionamento anticipato.
Considerando che le età di pensionamento ufficiali sono in aumento, potrebbero riscontrarsi in futuro gli stessi problemi anche negli altri paesi che vivono in condizioni migliori. Di conseguenza se non si interviene subito per migliorare la salute della popolazione, l'obiettivo di aumentare la partecipazione degli anziani nella forza lavoro sarà difficile da rispettare in tutti i 25 paesi dell'Unione europea e probabilmente anche in Italia.


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