Quando i risultati della ricerca diventano "open"
a cura di Luisella Gilardi, DoRS

L'articolo di Laakso e Björk fa il punto sulla diffusione dell'open access a livello internazionale in questi ultimi 10 anni.

Il movimento dell’“open access” (OA) ha esteso la possibilità di disseminare  i risultati delle ricerche di ogni singolo ricercatore e di accedere a quelli degli altri. Il termine "open access", nel contesto delle pubblicazioni accademiche, è molto usato e si riferisce alla possibilità di poter leggere e scaricare sul proprio PC un articolo senza dover sottoscrivere alcun abbonamento. Molte riviste OA non richiedono alcun pagamento all’autore per la pubblicazione dell’articolo, una minoranza, attualmente in crescita, chiede all’autore il pagamento di una tariffa che si aggira in media attorno ai 900 dollari.

I principi che guidano questo movimento sono quelli per cui la scienza progredisce solo se si condividono i risultati  della ricerca. Lo stesso spirito anima anche strumenti come wikipedia o i software open presenti in internet, ma ciò che distingue le riviste da altri strumenti web è che il prestigio e l’impact factor  sono determinanti nel far sì che un autore decida o meno di pubblicare il suo lavoro su una determinata rivista.
Ci sono anche interessi legittimi che mirano a preservare lo stato attuale delle cose, con le case editrici più importanti che guardano all’open access come una minaccia potenziale per i loro profitti. I conflitti causati da questi e altri fattori possono spiegare il rallentamento nella diffusione dell’OA. Tuttavia, seguendo il percorso del National Institutes of Health degli Stati Uniti, anche il governo britannico ha stabilito di finanziare progetti i cui risultati saranno pubblicati su riviste OA.
E’ importante soprattutto per chi deve prendere decisioni sapere come si è diffuso l’OA, come è cresciuta la fetta di riviste in OA in questi ultimi anni e quale è la proporzione di articoli che attualmente è pubblicata su riviste OA.


Lo scopo principale di questo studio è quello di misurare il volume di articoli scientifici pubblicati nelle riviste OA “pure” ovvero in quelle riviste in cui l’articolo è consultabile e scaricabile immediatamente e descriverne il trend temporale a partire dal 2000 fino al 2011. Lo scopo secondario dello studio è quello di misurare anche la quota di articoli OA che compaiono nelle riviste ibride, che ospitano cioè sia articoli OA per la cui pubblicazione l’autore paga, sia articoli tradizionali e nelle riviste in cui, a discrezione dell’editore, gli articoli diventano OA dopo un certo tempo.


Per rispondere a questi due quesiti è stato estratto un campione  casuale di riviste dal Directory of Open Access Journals (n = 787). Il volume di pubblicazione annuale dal 2000 al 2011 è stato calcolato usando alcuni fra i maggiori database di citazioni disponibili sia gratuitamente sul web sia a pagamento come per esempio “ISI Web of knowledge” oltre ad una raccolta di dati realizzata a mano.

Circa 340.000 articoli sono stati pubblicati da 6713 riviste OA nel corso del 2011.

Nella figura 1 si può vedere la crescita nel tempo del volume di articoli OA pubblicati nelle seguenti 3 categorie di riviste  :
- presenti solo on-line in cui l’autore paga una tariffa prestabilita per pubblicare; 
- presenti solo on-line in cui non è previsto alcun pagamento  da parte dell’autore;
- riviste per cui è necessario attivare un abbonamento e che pubblicano on-line degli articoli in OA.

Figura 1: Trend temporale del volume di articoli OA suddivisi per tipologia di rivista

 

La figura 2 mostra lo sviluppo nel tempo degli articoli OA; il trend si riferisce solo agli articoli pubblicati in riviste che li rendono immediatamente disponibili. Sono escluse quelle ibride e quelle che li pubblicano dopo un certo tempo. Occorre sottolineare che questa è un'analisi incentrata sull’editore che spesso non è registrato nello stesso stato in cui è diffusa la rivista. Si può dunque osservare che i paesi latino americani sono stati i primi ad avere un sostanziale sviluppo dell’OA, grazie allo sviluppo del portale SciELO. Tuttavia l'America Latina non ha incrementato molto il volume degli articoli in OA, cosa che invece è successa nell’America del  Nord, in Asia ed in Europa.

Figura 2: Trend temporale del volume di articoli in OA suddivisi per regione geografica

La figura 3 mostra il volume di articoli pubblicati nel 2000, nel 2005 e nel 2011 suddiviso per editori.
Le analisi mostrano che all’inizio le pubblicazioni in OA erano in larga parte guidate da società scientifiche, associazioni professionali, università ed esponenti del mondo scientifico e accademico. Le società scientifiche e le università hanno mantenuto e incrementato le loro pubblicazioni in OA nel corso degli anni, mentre le pubblicazioni dei singoli ricercatori sono state soppiantate da editori più organizzati. Dalla figura si può vedere, inoltre, che l’incremento maggiore, a partire dal 2005 è dovuto al nascere di editori con finalità commerciali. Si è infatti passati da 13.400 articoli nel 2005 a 119.900 nel 2011, divenendo in questi ultimi anni l’editore di gran lunga più rilevante.
Si sta affermando anche la categoria dei professionisti non commerciali che si è rapidamente sviluppata ed è in gran parte dovuta alla rapida diffusione delle riviste pubblicate dal Public Library of Science (PLOS).

Figura 3: Trend temporale del volume di articoli OA suddivisi per editore

 

La figura 4 presenta il volume degli articoli OA per gli anni 2000, 2005 e 2011 suddivisi per le principali discipline scientifiche con una categoria aggiuntiva riservata alle riviste di scienze generiche.
Nel corso dei due decenni esaminati gli articoli pubblicati su riviste di stampo biomedico sono stati i più numerosi e, a partire dal 2005, il gap con le altre discipline è aumentato nel tempo. Le riviste biomediche hanno pubblicato 120.900 articoli nel 2011, coprendo il 35,5% de’intero volume delle pubblicazioni in OA.
La biomedicina ha avuto un incremento di 16 volte tra il 2001 (7.400 articoli) e il 2011 (120.900 articoli).
Al secondo posto vi sono le riviste umanistiche e che trattano le scienze sociali, quasi sovrapposte con le scienze della terra in terza posizione. L’ingegneria è al quarto posto ed è la disciplina che ha avuto un incremento maggiore nel tempo, passando da 4.800 articoli a 37.500 nel 2011.
Approssimativamente il 17% di 1.660.000 articoli pubblicati nel corso del 2011 e indicizzati in una delle più complete banche dati citazionali (Scopus) sono disponibili in riviste che li rendono subito accessibili (il 12%) e altri in riviste che li mettono a disposizione dopo 12 mesi (il 5%).

Figura 4: Trend temporale degli articoli OA suddivisi per area tematica

 

Gli autori concludono affermando che il nocciolo della questione non è capire se l’OA è un’alternativa valida alla rivista tradizionale, ma piuttosto, quando le pubblicazioni in OA diventeranno il modello dominante. Come in molti mercati in cui internet ha completamente riscritto le regole del gioco, un aspetto interessante sarà seguire l’evoluzione dei due nuovi grandi editori entrati nel panorama dell’Open Access ovvero Public Library of Science e BioMED central.

Riferimento bibliografico

Area del sito DoRS dedicata all'Open Access

Laakso and Björk: Anatomy of open access publishing: a study of longitudinal development and internal structure.  BMC Medicine 2012 10; 124


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