Sintesi di studi/review

 

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» Contesto geografico : In Italia

Le raccomandazioni dell’Associazione Italiana di Epidemiologia per la gestione dell’attuale fase pandemica

L’aver garantito una buona copertura vaccinale, insieme alle misure di protezione adottate, ha consentito di contenere la pandemia ai livelli d’incidenza tra i più bassi d’Europa, ma i dati mostrano una situazione in rapida evoluzione negativa. L’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) ha emesso un documento con le raccomandazioni per il contenimento dei contagi, dei ricoveri e dei decessi associati al COVID-19.


I teatri di Igea: una pratica trasformativa per promuovere il benessere delle persone e delle comunità (Dossier)

Dossier contenuto all'interno di "La Salute Umana", n. 270, 2020 che raccoglie i seguenti articoli:


21           I teatri di Igea: una pratica trasformativa per promuovere il


benessere delle persone e delle comunità


a cura di Claudio Tortone e Alessandra Rossi Ghiglione


22           Il Teatro Sociale e di Comunità e la partecipazione culturale per il


benessere e la salute


Alessandra Rossi Ghiglione


25           Il teatro sociale tra rappresentazione, relazione e azione


Claudio Bernardi, Giulia Innocenti Malini


27           Se le immagini prendono posizione: il teatro tra interattività e


memoria


Cristina Coccimiglio


29           La promozione della salute: la potenzialità del teatro nel processo


umano di empowerment trasformativo


Claudio Tortone


31           TIM - Theatre in Mathematics. Un metodo didattico per insegnare


la matematica con le life skill


Maurizio Bertolini, Elena Cangemi


33           “Sulla stessa barca” Sperimentazione di teatro epidemico


Marina Mazzolani


35           Alzheimer e studenti: incontri generazionali a Milano


Alessandro Manzella, Alvise Campostrini


37           Contributo del Teatro alla promozione della Environmental


Justice nelle comunità residenti in aree contaminate


Roberto Pasetto


39           Fare Comunità generativa attraverso le Arti. La salute


collaborativa nel caso dell’Ospedale S. Anna di Torino


Catterina Seia


41           Quando l’arte si fa salute dei luoghi e delle relazioni umane di cura


Pino Fiumanò, Teresa Grazia Siena


43           Il progetto teatrale “Passi Sospesi” negli Istituti Penitenziari di


Venezia


Michalis Traitsis


45           Una scuola nazionale di formazione per gli operatori di teatro


sociale e di comunità


Giulia Innocenti Malini, Alessandra Rossi Ghiglione


47           “Gestione delle emozioni nei conflitti, come promozione del


benessere” Un progetto col Teatro dell’Oppresso per insegnanti e


operatori socio-sanitari in Emilia-Romagna


Roberto Mazzini, Elizabeth Bakken, Francesca Zampier, Paola Scarpellin


21           DOSSIER


                 I teatri di Igea: una pratica trasformativa per promuovere il


benessere delle persone e delle comunità


a cura di Claudio Tortone e Alessandra Rossi Ghiglione


22           Il Teatro Sociale e di Comunità e la partecipazione culturale per il


benessere e la salute


Alessandra Rossi Ghiglione


25           Il teatro sociale tra rappresentazione, relazione e azione


Claudio Bernardi, Giulia Innocenti Malini


27           Se le immagini prendono posizione: il teatro tra interattività e


memoria


Cristina Coccimiglio


29           La promozione della salute: la potenzialità del teatro nel processo


umano di empowerment trasformativo


Claudio Tortone


31           TIM - Theatre in Mathematics. Un metodo didattico per insegnare


la matematica con le life skill


Maurizio Bertolini, Elena Cangemi


33           “Sulla stessa barca” Sperimentazione di teatro epidemico


Marina Mazzolani


35           Alzheimer e studenti: incontri generazionali a Milano


Alessandro Manzella, Alvise Campostrini


37           Contributo del Teatro alla promozione della Environmental


Justice nelle comunità residenti in aree contaminate


Roberto Pasetto


39           Fare Comunità generativa attraverso le Arti. La salute


collaborativa nel caso dell’Ospedale S. Anna di Torino


Catterina Seia


41           Quando l’arte si fa salute dei luoghi e delle relazioni umane di cura


Pino Fiumanò, Teresa Grazia Siena


43           Il progetto teatrale “Passi Sospesi” negli Istituti Penitenziari di


Venezia


Michalis Traitsis


45           Una scuola nazionale di formazione per gli operatori di teatro


sociale e di comunità


Giulia Innocenti Malini, Alessandra Rossi Ghiglione


47           “Gestione delle emozioni nei conflitti, come promozione del


benessere” Un progetto col Teatro dell’Oppresso per insegnanti e


operatori socio-sanitari in Emilia-Romagna


Roberto Mazzini, Elizabeth Bakken, Francesca Zampier, Paola Scarpellini


 


 


 


Dati sul suicidio durante la pandemia da COVID-19 a Milano

 L'Europa è stato il secondo continente più colpito dalla pandemia da coronavirus del 2019 (COVID-19), con l'Italia che ha pagato un bilancio di vittime molto elevato, in particolare in Lombardia. La pandemia ha avuto un profondo impatto sulla salute mentale e sui tassi di suicidio nel mondo sin dal suo scoppio. I tassi di suicidio legati al COVID-19 hanno comunque seguito una tendenza non lineare durante la pandemia, diminuendo dopo l'epidemia di COVID-19, per poi aumentare durante un lungo periodo di follow-up. Pertanto, lo studio è mirato a valutare ulteriormente i tassi di suicidio in Lombardia. È stata effettuata un'analisi retrospettiva di tutte le autopsie eseguite nell'anno 2020 ed entro i primi quattro mesi dell'anno 2021 attraverso la banca dati dell'Istituto di Medicina Legale di Milano. Nell'anno 2020, i suicidi registrati sono diminuiti rispetto al 2016-2019 (21,19-22,97% delle autopsie), essendo 98 (18,08% su 542 autopsie), mentre, nei primi 4 mesi dell'anno 2021, sono stati documentati 35 suicidi (185 autopsie, in totale). Poiché la regione Lombardia è stata gravemente colpita da COVID-19 sin dai primi mesi del 2020, il follow-up retrospettivo esteso ha consentito di trarre conclusioni e approfondimenti più solidi sulla necessità di estendere il follow-up della pandemia di COVID-19 oltre i primi mesi dopo l'epidemia, in tutto il mondo. Si sottolinea la necessità di stanziare fondi adeguati per la prevenzione della salute mentale per la popolazione generale e per quelle più vulnerabili, come le persone con gravi malattie mentali e gli operatori sanitari, gli operatori sanitari in prima linea e chi è in lutto a causa del COVID-19.


Calati R, Gentile G, Fornaro M, Tambuzzi S, Zoja R. Preliminary suicide trends during the COVID-19 pandemic in Milan, Italy. J Psychiatr Res. 2021 Aug 21;143:21-22. doi: 10.1016/j.jpsychires.2021.08.029.


 


LINFE: un progetto di medicina narrativa dedicato ai pazienti ematologici e alle loro famiglie

LINFE è una piattaforma online di "medicina narrativa", rivolta principalmente ai pazienti ricoverati nel reparto di ematologia del Mauriziano e alle loro famiglie, con lo scopo di trasmettere conoscenza e consapevolezza intorno alla malattia ematologica. Il progetto nasce grazie all’associazione DocAbout e alla Zenit Arti Audiovisive, ed è finanziato dalla fondazione Mauriziana, dalla associazione A.I.P.E la speranza, e dalla fondazione CRT.


Gli esiti di salute mentale della pandemia: uno studio italiano

Nel loro insieme, le prove trovate finora confermano che la pandemia CoViD-19, tuttora in corso, sta avendo un enorme impatto psicologico sugli individui. Le persone hanno sperimentato un notevole disagio psicologico durante la fase iniziale dell'epidemia di CoViD-19 in termini di ansia, depressione e sintomi post-traumatici. A livello globale, i risultati sono relativamente coerenti in termini di gravità: la maggior parte degli individui soffriva di disturbi lievi-moderati, mentre i soggetti che riferivano sintomi gravi erano una minoranza. Al contrario, la prevalenza osservata non era omogenea: questa incoerenza potrebbe essere dovuta, tra l'altro, a differenze nella metodologia, negli strumenti di valutazione somministrati o nelle popolazioni esaminate. Alcune categorie si sono dimostrate più vulnerabili, ovvero operatori sanitari e pazienti affetti da CoViD-19. Inoltre, alcune variabili erano associate a un maggiore impatto psicologico, come il sesso femminile e la giovane età. I risultati preliminari del progetto di ricerca sono in linea con gli studi cinesi. Sono stati riscontrati alti tassi di esiti negativi sulla salute mentale, inclusi sintomi di stress post-traumatico e ansia, nella popolazione generale italiana e negli operatori sanitari a tre settimane dall'inizio delle misure di blocco del CoViD-19, associati a diversi fattori di rischio correlati al CoViD-19. Il sesso femminile e l'età più giovane erano associati a un rischio più elevato di esiti di salute mentale.


Questi risultati supportano l'idea che gli interventi di salute mentale pubblica dovrebbero essere integrati formalmente nella preparazione della salute pubblica e nei piani di risposta alle emergenze. Xiang et al. hanno suggerito tre passaggi importanti: istituzione di team multidisciplinari di salute mentale, comunicazione chiara con aggiornamenti appropriati sull'epidemia di CoViD-19 e creazione di servizi sicuri per fornire consulenza psicologica attraverso la telemedicina (p. es. dispositivi elettronici, applicazioni, servizi di salute mentale online), con un migliore accesso per le persone svantaggiate come gli anziani o i pazienti psichiatrici. Uno sforzo particolare deve essere rivolto alle popolazioni vulnerabili con la fornitura di interventi psicologici mirati. Ad esempio, gli operatori sanitari potrebbero beneficiare di un monitoraggio continuo dello stato psicologico, di una formazione pre-lavorativa su come rilassarsi adeguatamente e su come trattare i pazienti non collaborativi, o della presenza negli ospedali di un luogo di riposo dove isolarsi temporaneamente dalla loro famiglia se vengono infettati.  Per quanto riguarda le persone affette da CoViD-19, gli interventi dovrebbero essere basati su una valutazione completa dei fattori di rischio che portano a problemi psicologici, tra cui cattiva salute mentale prima di una crisi, lutto, lesioni personali o familiari, circostanze pericolose per la vita, panico, separazione da famiglia e reddito familiare basso. Queste misure possono aiutare a ridurre o prevenire la futura morbilità psichiatrica.


Le organizzazioni di assistenza sanitaria mentale e le istituzioni sanitarie pubbliche stanno creando linee guida pratiche su come prendersi cura della salute mentale e del benessere. L'American Psychiatric Association (APA), la National Alliance On Mental Illness (NAMI) e la Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA) forniscono suggerimenti generali alla comunità su come organizzare il proprio tempo e gestire il proprio tempo fisico. e salute mentale. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) 67 e l'OMS forniscono ulteriori informazioni specifiche per i gruppi ad alto rischio.


Sebbene alcuni aspetti cruciali di queste interazioni necessitino di ulteriori chiarimenti, prove convincenti ora suggeriscono una relazione tra pandemia CoViD-19, blocco, impatto socio-economico e malattia mentale. I potenziali fattori di rischio e di protezione devono essere ulteriormente studiati. Inoltre, sono necessari studi futuri per indagare le conseguenze psicologiche a lungo termine che colpiscono le persone che affrontano l'epidemia di CoViD-19. La ricerca futura dovrebbe anche essere dedicata allo sviluppo di strategie adeguate di prevenzione, trattamento e riabilitazione contro un'emergenza sanitaria mondiale come una pandemia. Un'altra sfida sarà la personalizzazione dell'intervento mirato per le categorie più colpite.


Salute Mentale e Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il Coordinamento nazionale conferenza per la Salute Mentale chiede, in un appello, investimenti destinati a misure per la tutela della salute mentale e rilancia i punti cardine per una rete diffusa di servizi per la salute mentale inclusivi, integrati e radicati nel territorio, in primis con il potenziamento dei Dipartimenti di Salute Mentale DSM e del personale, con piani di assunzioni e finanziamenti adeguati.


Questi gli altri punti chiave dell’appello:



  • Formazione, universitaria e continua, ispirata dalla legge 180 e orientata a percorsi di ripresa e di emancipazione.

  • Adeguamento delle strutture in particolare con riqualificazione, riprogettazione e potenziamento dei Centri di Salute Mentale e del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. 

  • Adozione sistematica di progetti di cura personalizzati, sostenuti dal Budget di salute, (inserimento lavorativo, abitativo, scolastico e sociale).

  • Azioni per il superamento delle strutture di residenzialità protratta, organizzando forme di abitazione supportate per la vita autonoma delle persone con disturbi mentali.

  • Azioni per il superamento delle pratiche repressive, quali la contenzione e l’utilizzo inappropriato del TSO.

  • Azioni per sostenere la piena attuazione della legge 81/2014 sul superamento degli Opg, privilegiando le misure non detentive territoriali.

  • Potenziamento dei centri per la neuro psichiatria infantile, per l’adolescenza e i giovani adulti.


Gli effetti psicologici della pandemia: strategie di coping e tratti di personalità

 La pandemia dovuta al COVID-19 e la conseguente quarantena si caratterizzano quali eventi stressanti e tali da determinare effetti in termini non solo di salute fisica, ma anche di benessere generale e salute mentale. L’obiettivo di dello studio è quello di osservare le reazioni della popolazione generale in relazione a tali eventi rispetto alle seguenti variabili: a) grado di disagio psicologico percepito; b) strategie di coping utilizzate; c) tratti personologici; d) presenza o meno di trauma pregresso; e) variabili associate a COVID-19. L’obiettivo secondario è quello di rintracciare eventuali differenze all’interno dello stesso campione. Lo studio presenta interessanti risultati che segnalano come la reazione di fronte ad eventi stressanti possa variare da individuo a individuo e come i tratti personologici e le strategie di coping fungano da possibili fattori predisponenti, rivestendo un ruolo cruciale nel prevenire o, al contrario, favorire un livello di disagio in termini di sofferenza psicologica e di manifestazione sintomatologica.


Femia G, et al. Gli effetti psicologici della pandemia: strategie di coping e tratti di personalità. Cognitivismo clinico (2020) 17, 2, 119-135  


Femminicidio nella lingua italiana: quali parole per descrivere la violenza di genere?

La parola può dare forma all’esperienza raccontandola ovvero manipolandola; la scelta che facciamo delle parole è un atto decisivo che ha delle ripercussioni nel nostro agire poiché può costituire la premessa di pratiche discriminatorie. A partire da tali presupposti l’autrice, Fabiana Fusco dell’Università di Udine, propone alcune  riflessioni sull’uso di talune parole ed espressioni e sulla consapevolezza del significato che proprio quelle parole ed espressioni manifestano quando trattiamo e valutiamo certi argomenti sensibili; si parte da alcune considerazioni sul termine femminicidio per poi osservare come la violenza di genere appaia da un lato in un contesto della codificazione linguistica come un dizionario della lingua italiana e dall’altro nella stampa quotidiana nazionale.


Stereotipi e pregiudizi sui femminicidi

Il volume Femminicidi a processo: Dati, stereotipi e narrazioni della violenza di genere, ha indagato sulle rappresentazioni sociali della violenza di genere in Italia attraverso un'indagine empirica di 370 casi di femminicidio nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016.


Il volume esplora i diversi modi in cui vengono raccontati i femminicidi e la violenza di genere nel corso dei procedimenti giudiziari e i fattori che ne influenzano gli esiti, tra cui il sentire comune e i “saperi esperti”, ovvero la lettura della violenza da parte di psicologi, operatori nei centri di assistenza, forze dell'ordine e medici legali, il cui parere può condizionare l'andamento del processo.


L'indagine riportata in Femminicidi a processo è stata condotta da alcuni docenti e ricercatori dell'università di Palermo coordinati da Alessandra Dino, professoressa di sociologia giuridica e della devianza.


Qui un'intervista alla professoressa Dino:


https://www.youtube.com/watch?v=mxQ2oiO8lrg


 


Disturbi psicopatologici nei "sopravvissuti" al Covid-19

 


Secondo uno studio dell'Istituto San Raffaele, circa un terzo dei pazienti ricoverati per forme gravi di Covid19, continuano a manifestare sintomi psicopatologici quali depressione, ansia, insonnia, sindrome da stress post-traumatico, tre mesi dopo la dimissione ospedaliera. 



In particolare, i sintomi depressivi sono quelli più persistenti, e la loro gravità è risultata direttamente correlata allo stato infiammatorio sistemico che accompagna le forme gravi di infezione da Covid, nei mesi successivi la guarigione dalla fase acuta. 
La depressione e l'infiammazione, inoltre, sono correlate alla riduzione delle capacità neuro-cognitive (conseguenze tipiche degli stati depressivi), quali attenzione, memoria, coordinamento psicomotorio, fluenza del linguaggio.



Perciò, va monitorata attentamente e curata l'infiammazione, per evitare la persistenza dei fenomeni depressivi; per questi ultimi, inoltre, si raccomanda un'adeguata presa in carico, in modalità accurata e personalizzata, attraverso le terapie psicologiche e farmacologiche che si sono dimostrate efficaci.


 Lo studio, coordinato dal prof. Benedetti (responsabile dell'unità di ricerca in Psichiatria e Psicobiologia Clinica dell'IRCCS San Raffaele), è l'estensione della precedente ricerca, pubblicata ad agosto 2020, che aveva indagato le conseguenze psichiatriche dell'infezione da Covid un mese dopo la dimissione ospedaliera di 226 pazienti, e prevede un ulteriore monitoraggio dei pazienti post dimissione a 6 mesi attraverso dei follow up periodici.


 Mazza Mario Gennaro, Palladini Mariagrazia, Rebecca De Lorenzo, Magnaghi Cristiano, Poletti Sara, Furlan Roberto, Ciceri Fabio, Rovere-Querini Patrizia, Benedetti Francesco, Persistent psychopathology and neurocognitive impairment in COVID-19 survivors: effect of inflammatory biomarkers at three-month follow-up, Brain, Behavior, and Immunity, 2021


Eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro


Il Senato italiano ha ratificato, a gennaio 2021, la Convenzione 190 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, datata 21/06/2019, che concerne l’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro. Il documento andrebbe considerato congiuntamente alla Raccomandazione 206 di pari data (https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---europe/---ro-geneva/---ilo-rome/documents/normativeinstrument/wcms_713418.pdf ).


Fra le motivazioni della Convenzione: tutela dei diritti umani, ripercussioni sulla salute e dignità delle persone, sostenibilità delle imprese.
Dopo avere riconosciuto che molestie e violenze di genere colpiscono donne e ragazze in maniera sproporzionata, il documento sottolinea l'importanza di intervenire sulle cause all’origine e sui fattori di rischio, fra i quali stereotipi di genere, forme di discriminazione, squilibri nei rapporti di potere.


Fattori di rischio per i femminicidi

Il femminicidio è il risultato letale della violenza contro le donne ed è  un fenomeno mondiale. Nonostante l'incidenza di omicidi di donne e il fatto che un numero significativo di donne sia stato ucciso dal proprio partner o ex partner, ancora pochi studi sono stati condotti per identificare le vittime di fattori di rischio letali di femminicidio. In particolare, pochissimi studi hanno indagato i fattori di rischio fatali considerando la fascia di età delle vittime e nessuno studio ha confrontato i fattori di rischio fatali delle vittime per femminicidio considerando tre diversi gruppi di età, cioè donne adolescenti / giovani, adulte e anziane, effettuando uno studio d'archivio su un periodo di dieci anni di femminicidi in Italia al fine di valutare anche possibili cambiamenti nel tempo sulle uccisioni di donne.


Dal 2010 al 2019 si sono registrati 1207 casi di femminicidio in Italia, rilevando un trend decrescente significativo nel tempo delle percentuali di vittime annuali di femminicidio. Questa tendenza al ribasso sembra partire dal 2013, anno cruciale per l'Italia, in quanto quell’anno corrisponde sia al maggior numero di femminicidi registrato sia alla ratifica della Convenzione di Istanbul  in Italia. Sulla base dei risultati si può ipotizzare che il 2013 abbia rappresentato una pietra miliare per i movimenti e partiti governativi, politici e sociali italiani, dopo che la Legge n° 119/2013 e la Legge n° 69/2019 sono state introdotte dal Parlamento italiano. Anche se ad oggi non sono disponibili dati sull'efficacia di queste misure legislative in termini di prevenzione e riduzione dei tassi di femminicidio, la maggiore attenzione dei media e dei social media al femminicidio potrebbe aver sensibilizzato l'opinione pubblica, come sottolineato da un recente rapporto secondo il quale oltre il 90% degli italiani considera l'IPV  (Intimate Partner Violence) non accettabile.


Coerentemente con la letteratura internazionale, i riceratori hanno evidenziato come la maggior parte dei femminicidi delle donne (60,3%) siano stati perpetrati da un partner intimo. Inoltre, i risultati relativi alle caratteristiche delle vittime e degli autori e la loro relazione erano coerenti con i fattori di rischio noti nella ricerca internazionale. In considerazione di ciò, e tenuto conto che il femminicidio è trasversale a tutte le fasce d'età la ricerca ha indagato su un aspetto particolare e poco approfondito relativo al femminicidio, ovvero l'età delle vittime, al fine di valutare eventuali differenze di fasce d'età rispetto ai due principali fattori di rischio letali descritti in letteratura, che sono precedenti violenze subite e motivi del femminicidio.


Come previsto, i risultati hanno sottolineato l'esistenza di differenze significative tra i gruppi di età delle vittime. Indipendentemente dall'età delle vittime, tutti i tipi di comportamenti violenti considerati erano abbastanza diffusi nel  campione. Analogamente ad altri studi il tipo più comune di comportamenti violenti sperimentati dalle vittime erano i comportamenti di controllo, seguiti dallo stalking per le donne adulte e dalla violenza fisica per le vittime più anziane. In particolare, le donne adolescenti / giovani hanno riportato livelli più elevati di stalking e comportamenti di controllo subiti rispetto agli altri due gruppi di donne considerati. Questi risultati sembrano evidenziare e confermare che per le vittime giovani e adolescenti tali forme di controllo e comportamenti intrusivi sono fattori di rischio letali significativi. Per quanto riguarda il secondo fattore di rischio fatale indagato, ovvero i motivi del femminicidio, i risultati hanno confermato che tra le vittime adulte i principali motivi dell'uccisione delle donne erano la gelosia, l'incapacità di accettare la fine della relazione, i litigi e i conflitti indicando anche che, rispetto alle altre vittime, la presenza di tali motivi sembra aumentare significativamente il rischio di morte delle donne adulte. Diversamente, le donne anziane rispetto alle adolescenti / giovani e alle donne adulte avevano una probabilità significativamente maggiore di essere uccise a causa della malattia mentale e / o fisica della vittima e / o dell'autore.


Lo studio di tali aspetti potrebbe avere diverse implicazioni di prevenzione e intervento. I risultati, coerenti con altri studi, hanno sottolineato la necessità di sviluppare attività di prevenzione primaria e secondaria e la necessità di ulteriori studi sui fattori di rischio letali nei gruppi di età delle vittime. Ciò in termini di prevenzione primaria, significa la necessità di sviluppare strumenti di autovalutazione adeguati all'età e di valutarne l'efficacia in termini di accresciuta consapevolezza e riconoscimento dei rischi. Lo sviluppo di questi strumenti insieme ad altre attività di prevenzione primaria rivolte a bambini e adolescenti, volte a rifiutare la violenza e riconoscere comportamenti a rischio, dovrebbe portare al riconoscimento precoce di alcuni comportamenti sottovalutati e normalizzati spesso considerati semplicemente gesti d'amore.


La previsione della rivittimizzazione è diventata uno dei principali obiettivi di ricerca nell'area della violenza da partner intimo e, quindi, la comprensione dei fattori associati alla rivittimizzazione e all'evento fatale ha implicazioni cruciali, sia per i professionisti sia per le donne,  nell'aiutarle a massimizzare la loro capacità di adottare misure preventive. Inoltre, in termini di attività di prevenzione secondaria, la presenza di comportamenti di stalking e di controllo nelle adolescenti / giovani donne, potrebbe essere considerata come fattore di rischio significativo e letale per il femminicidio di questa fascia di età, portando così ad un'adeguata valutazione del rischio da parte dei professionisti e all’attivazione di protocolli mirati e rapidi di gestione del rischio.


Per quanto riguarda le motivazioni del femminicidio, i risultati hanno sottolineato l'esistenza di differenze significative tra adolescenti / giovani, donne adulte e anziane, sostenendo la necessità di ulteriori studi. In particolare, coerente con la letteratura internazionale, gelosie, litigi e conflitti e l'incapacità del perpetratore di accettare la fine della relazione sono tutti motivi che aumentano significativamente il rischio di violenza letale delle vittime adulte. La presenza della malattia fisica e mentale della vittima e / o dell'autore del reato è risultata essere un fattore di rischio letale significativo, aumentando le probabilità di femminicidio tra le vittime più anziane. Coerentemente con altri studi si possono ipotizzare che di fatto queste donne siano state spesso dimenticate nella ricerca sul femminicidio. Diverse possibili spiegazioni dei motivi del femminicidio tra le donne anziane potrebbero essere trovate sia nel contesto culturale sia in quello educativo poiché alcuni di questi femminicidi potrebbero essere il risultato fatale di una lunga storia di violenza mai riconosciuta né denunciata o, al contrario, potrebbero avere un effetto salvifico, “come soluzione al deterioramento delle situazioni di salute”, che sottolinea la possibile necessità di aumentare i livelli di sostegno sociale delle persone anziane e ridurre il loro senso di isolamento.


Lo studio presenta alcune limitazioni. Come nella maggior parte degli studi sul femminicidio, le informazioni sull'evento, la vittima, l'autore e la loro relazione sono state raccolte cercando e leggendo articoli di giornale online. Un altro possibile limite potrebbe essere rappresentato dall'assenza del cosiddetto "gruppo di controllo" o "donne maltrattate", per confrontare i fattori di rischio letali e non letali tra i gruppi. Nonostante queste  limitazioni, lo studio è il primo volto a indagare i fattori di rischio del femminicidio in diversi gruppi di età. Ulteriori studi dovrebbero indagare meglio i fattori di rischio letali e non letali per il femminicidio, considerando le differenze di fascia di età delle vittime e confrontando le donne vittime di abusi e le vittime di femminicidio, al fine di progettare, implementare e valutare l'efficacia dei programmi di prevenzione e intervento basati sull'età.


 Sorrentino A, Guida C, Cinquegrana V, Baldry AC. Femicide Fatal Risk Factors: A Last Decade Comparison between Italian Victims of Femicide by Age Groups. Int J Environ Res Public Health. 2020 Oct 29;17(21):7953


 


Infortuni lavorativi da aggressioni nel personale sanitario

Per violenze sul luogo di lavoro si intendono gli eventi in cui i lavoratori sono minacciati, aggrediti o abusati in situazioni correlate al lavoro, e che comportano un rischio per la loro sicurezza, benessere o salute. Il settore dei servizi sanitari e sociali risulta tra quelli a maggior rischio. Nei setting sanitari, la violenza verso operatori è compiuta prevalentemente da pazienti o loro familiari (violenza di tipo II). I fattori di rischio sono classificabili in: organizzativi, caratteristiche dell’operatore (capacità comunicativa, esperienza) e caratteristiche di paziente e familiari (livello socioeconomico, storie pregresse di violenza). La reale dimensione del problema non è ben conosciuta, poiché molti episodi di violenza, soprattutto verbale e psicologica, ma anche fisica, non vengono denunciati dagli operatori.


Si è utilizzata la fonte INAIL degli infortuni sul lavoro denunciati e riconosciuti per provare a costruire degli indicatori di occorrenza e di impatto sulla salute.


 Attraverso un disegno di studio di tipo descrittivo e retrospettivo, si sono analizzati i dati del flusso corrente INAIL.


 Nell’interpretazione delle frequenze, va sempre tenuto conto dell’alto grado di sottonotifica di questi eventi, stimata in circa il 70%, sia tra i medici che tra gli infermieri (4). Le vittime temono conseguenze professionali negative, come essere considerate incapaci di adattarsi alle situazioni o di stabilire buone relazioni con il paziente (3). Sebbene tale sottonotifica riguardi verosimilmente episodi con danni lievi, è indicatore delle difficoltà organizzative a far emergere tali episodi e rappresenta una zona d’ombra conoscitiva determinante problemi di burnout oggi ancora non quantificabili.


 L’occorrenza del problema rappresenta un indicatore del rapporto di fiducia tra operatori sanitari e pazienti, oltre che un termometro sensibile dei fattori di rischio psicosociali e del burnout a cui la riorganizzazione dei servizi ha sottoposto negli ultimi anni medici e infermieri. Una percentuale minore di violenze su operatori sanitari, ma comunque allarmante, è compiuta da altri operatori.


 I dati epidemiologici sottolineano la necessità di intervenire sui fattori organizzativi, nonché di garantire il necessario supporto alle vittime da parte delle direzioni aziendali, spesso carente e concausa dell’alto livello di sottonotifica. Alla luce dell’evoluzione dell’offerta assistenziale verso il territorio, una particolare attenzione va rivolta ai setting extraospedalieri e agli operatori dedicati.










Mamo C, Penasso M, Quarta D. Infortuni lavorativi da aggressioni nel personale sanitario: dimensioni e trend del problema. Boll Epidemiol Naz 2020;1(2):15-21.





 





 


 


 


Stereotipi di genere: una ricerca IPSOS

La ricerca, realizzata da Ipsos, indaga la percezione degli stereotipi di genere nelle opinioni e nei comportamenti degli adolescenti in Italia.


I risultati dell’indagine, condotta per conto di Save the Children su un campione di ragazzi tra i 14 e i 18 anni in Italia, sono stati diffusi il 24 novembre 2020.


Il 70% delle ragazze intervistate dichiara di aver subito molestie nei luoghi pubblici e apprezzamenti sessuali; al 64% di loro è capitato di sentirsi a disagio per commenti o avance da parte di un adulto di riferimento. Quasi un intervistato su 5 (18%) ha assistito a un episodio in cui un’amica è stata vittima di una forma di violenza In quasi un caso su dieci (9%) la paura ha impedito qualsiasi tipo di intervento.


Il  39% dei ragazzi e delle ragazze in Italia sono esposti online a contenuti che giustificano la violenza contro le donne, con una forbice che si allarga dal 31% dei maschi al 48% delle femmine. Tra le ragazze il 41% ha visto postare dai propri contatti social contenuti che l’hanno fatta sentire offesa e/o umiliata come donna (il 10% si è sentita maggiormente esposta durante il lockdown).


Il 15% degli adolescenti (il 21% tra i maschi e il 9% tra le ragazze) pensa che le vittime di violenza sessuale possano contribuire a provocarla con il loro modo di vestire e/o di comportarsi».


Rimane negli adolescenti (29%) la percezione che tutte le giovani sognino di sposarsi (lo pensa il 35% dei maschi a fronte del 23% delle ragazze) e che le ragazze debbano fare un figlio per sentirsi pienamente donne (ne è convinto il 17% dei ragazzi contro il 9% delle coetanee).


 


 



 


 


COVID-19 e salute mentale perinatale

L’Istituto Superiore di Sanità organizza e coordina lo studio “COVID-19 e salute mentale perinatale: impatto del COVID-19 sul vissuto e lo stato emotivo in epoca perinatale delle donne in contatto con i Consultori Familiari (CF)". Lo studio ha come obiettivo di raccogliere informazioni sull’impatto della pandemia sulla salute mentale delle donne in gravidanza o con un bimbo/a fino ai sei mesi di età, dar voce alla loro esperienza nei servizi del percorso nascita e ai loro bisogni di assistenza. Avviato nel mese di ottobre, lo studio mira a coinvolgere le utenti dei CF di 9 Aziende sanitarie collocate in 8 Regioni italiane. 


Le partecipanti compilano online la versione italiana del questionario Coronavirus Perinatal Experiences Impact Survey (COPE-IS) messo a punto negli USA nel marzo 2020 da un gruppo di esperti e adattato al contesto europeo.