Telefoni mobili e tumori alla testa: è tempo che i dati giusti vengano messi in evidenza e valorizzati
a cura di Luisella Gilardi, dors

Il documento prodotto da Levis et al, in questi giorni e pubblicato su Epidemiologia e Prevenzione, fa il punto sullo stato delle conoscenze riguardo l’associazione tra uso di telefoni mobili (TM) e insorgenza di tumori alla testa.

Come sottolineano gli autori, è necessario precisare alcuni aspetti di merito prima di addentrarsi nell’analisi della letteratura. I tumori alla testa correlabili all’uso di telefoni mobili sono piuttosto rari: l’incidenza storica è di 10-15 casi di tumori maligni, tre tumori benigni al cervello e un tumore benigno ai nervi cranici ogni centomila abitanti/anno.
Questi tumori hanno uno sviluppo lento (il tempo di latenza può arrivare a più di 30 anni) mentre i TM sono stati introdotti in alcuni Paesi verso la metà degli anni 80 e sono entrati comunemente in uso dai primi anni 90, cioè da una ventina d’anni.
Tuttavia essi possono essere diagnosticati già dopo 10-15 anni d’uso o latenza. Il set di studi principali sull’argomento prende in considerazione i tumori diagnosticati nel periodo 1997-2003 (L. Hardell: solo Svezia) o 2000-2004 (Progetto Interphone: vari paesi compresi i paesi scandinavi e Israele).
La radiazione a radiofrequenza emessa dai TM penetra, in un individuo adulto, solo per pochi centimetri, quasi esclusivamente nella parte della testa contigua all’area temporale del lato sul quale viene appoggiato abitualmente il TM durante le telefonate. Di conseguenza i tumori eventualmente correlati con tale uso dovrebbero essere localizzati prevalentemente su questo lato e difficilmente dovrebbero interessare altre aree della testa, in particolare quella opposta.

La letteratura sull’argomento è vasta e soprattutto controversa. Il 17 maggio del 2010 è stato messo in rete e successivamente pubblicato il primo lavoro conclusivo del progetto internazionale Interphone. Il progetto ha coinvolto 13 paesi ed ha valutato il rischio di tumori maligni e benigni fra gli utilizzatori di telefoni cellulari. Oltre a questa vasta documentazione sono stati realizzati numerosi studi: fra questi Hardell e collaboratori hanno pubblicato più di 30 lavori sul tema.
I tanto attesi risultati dello studio Interphone dicono che non si sono osservati aumenti di rischio per il glioma o il meningioma in relazione all’uso del cellulare, neppure tra gli utilizzatori a lungo termine (10 o più anni). «C’è qualche indicazione di un incremento di rischio di glioma per le esposizioni maggiori» affermano gli autori, «ma la presenza di possibili errori non permettono di giungere a una interpretazione univoca. Occorrono altri studi per valutare l’effetto di utilizzi del cellulare intensi e prolungati nel tempo».

Di contro gli studi di Hardell e collaboratori rilevano eccessi di rischio fra chi utilizza il TM da almeno 10 anni per l’insorgenza di gliomi e neuromi acustici ipsilaterali cioè localizzati dal lato della testa su cui viene appoggiato il TM.

Il documento di Levis si sofferma ad analizzare le caratteristiche metodologiche di tutti questi studi, riscontrando numerosi problemi metodologici nello studio Interphone. Tuttavia, nonostante i problemi metodologici riscontrati, si evidenzia un eccesso di rischio  nei soggetti esposti da più di 10 anni ai telefoni cellulari per i tumori ispilaterali  rispetto ai tumori totali e a quelli contro laterali (dal lato opposto della testa rispetto a dove comunemente si appoggia il cellulare).

Gli studi di Hardell e dei suoi collaboratori risentono meno di problemi metodologici e riscontrano, limitatamente ai casi con più di 10 anni di latenza ed un uso continuato di TM (8-30 minuti al gg) aumenti significativi di gliomi e neuromi ipsilaterali.

Levis e i suoi collaboratori continuano scandagliando tutta la letteratura in merito rilevando, per ognuno degli studi, i problemi di metodo e commentandone i risultati.
Sottolineano anche un ultimo aspetto ovvero il fatto che lo studio  Interphone sia stato finanziato per più del 50% da compagnie di telefonia mobile. Gli autori dell’interphone hanno poi ricevuto ulteriori finanziamenti dalle rispettive Compagnie nazionali, cosicché una porzione di gran lunga prevalente dei finanziamenti di tali studi proviene dall’industria di telefonia mobile.

Riportiamo per intero le conclusioni formulate dagli autori

Una valutazione del rischio oncogeno dei TM in termini di nuovi casi di tumore è stata tentata da Lloyd Morgan il quale, pur sottostimando al 50% il numero di utilizzatori di cellulari, senza considerare il rischio per gli utilizzatori di cordless e assumendo una latenza di 30 anni per i tumori indotti dai TM, ha calcolato un'incidenza aggiuntiva di 380.000 tumori alla testa entro il 2014 solo negli USA, il che comporterebbe un aumento della spesa sanitaria di 10 miliardi di dollari e la necessità di aumentare il numero di neurochirurghi di almeno 7 volte! Tenuto conto del numero reale di utilizzatori di cellulari (già più di 5 miliardi di contratti entro la fine del 2010) e dei dati di Hardell sull’aumento del rischio di tumori alla testa già dopo 10-15 anni di latenza o d’uso dei TM (anche solo cordless) e del maggiore rischio per chi ha iniziato a usare i TM in giovane età, è chiaro che questa cifra rappresenta solo la punta di un iceberg la cui vera entità potrà essere accertata solo tra 10-20 anni.

Gli incrementi dei rischi oncogeni correlati all'uso dei TM, supportati da una ricca documentazione sulla plausibilità biologica di tale azione cancerogena, giustificano dunque già oggi l'applicazione del principio di minimizzazione a questi tipi di esposizioni. Possibili obiettivi di prevenzione primaria, sostenuti da autorevoli fonti:

- l'adeguamento dei limiti di esposizione agli obiettivi di qualità "cautelativi" (0,5 V/m anziché 6 V/m, in Italia);

- la limitazione della diffusione delle tecnologie wireless nelle scuole e nei luoghi molto frequentati (biblioteche, uffici);

- l'informazione a partire dalle scuole sui rischi da esposizioni a radiofrequenze, accompagnata da misure volontarie di autotutela basate sull'uso cautelativo delle varie tecnologie;

- la limitazione dell'uso dei cellulari e dei cordless da parte dei minori di 14 anni;

- campagne di monitoraggio epidemiologico della possibile azione oncogena delle emissioni a radiofrequenza anche nelle esposizioni professionali e residenziali.”

Il documento completo è disponibile sul sito della rivista “Epidemiologia e prevenzione”. E' anche possibile lasciare un commento.

Levis AG, Minicucci N, Ricci P, Gennaro V, Crosignani P, Garbisa S. Telefoni mobili e tumori alla testa: è ormai tempo perchè i dati giusti vengano messi in  evidenza e valorizzati. Epidemiol Prev 2011; 35 (1), Periodo: gennaio, pagine: 3-3

 


TAG ARTICOLO