Chi lavora di più e su turni, si ammala di più?
a cura di Luisella Gilardi, DoRS

L’orario di lavoro prolungato e il lavoro su turni non sono fenomeni nuovi. Tuttavia i cambiamenti del mondo del lavoro: il passaggio dalla società agricola-industriale al terziario avanzato, l’avvento di nuove tecnologie, la globalizzazione hanno portato ad una maggiore flessibilità degli orari di lavoro e a nuove tipologie di contratti di lavoro.
Dall’ultima indagine europea realizzata su circa 30.000 lavoratori di 31 paesi europei, emerge che  il 65% lavora 5 giorni a settimana mentre il 23% anche sei o sette giorni a settimana e il 15% per più di 48 ore a settimana. L’orario medio settimanale di lavoro varia da 34 ore in Olanda a 55 ore in Turchia. Due terzi dei dipendenti lavorano in base ad un orario definito dal datore di lavoro, senza avere la possibilità di modificarlo. Soltanto il 24% dei lavoratori è libero di adattare l’orario di lavoro alle proprie esigenze, in taluni casi entro certi limiti. (European working conditions survey, 2005).

Il lavoro svolto da d’Errico considera gli effetti sulla salute che derivano dal lavorare per troppe ore (long working hours) e su turni (shift work) e i risultati sono basati su revisioni sistematiche della  letteratura.

Chi lavora per un tempo prolungato ha incrementi consistenti del rischio di malattie cardiovascolari, soprattutto se donna, probabilmente a causa del doppio carico lavoro-famiglia, un incremento del rischio di diabete, la percezione di un peggiore stato di salute fisica e di un maggiore affaticamento, un rischio maggiore di essere vittima di un infortunio e di accedere al pensionamento per disabilità.
Oltre all’insorgenza di malattie, si registrano variazioni in alcune misure fisiologiche, quali l’aumento della glicemia a digiuno, della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, mentre non si riscontrano associazioni con il livello di colesterolo ematico. Per quanto riguarda le conseguenze sull’adozione di stili di vita non salutari, chi lavora per molte ore dorme meno rispetto a chi lavora meno.
Sono, invece, controversi e non definitivi  i dati riguardo al fumo, all’ alcool, all’attività fisica, alla dieta e al Body Mass Index o all’obesità. 

Chi lavora su turni ha un aumento del rischio per le malattie cardiovascolari, per i tumori della mammella, riscontrati, in particolare,  fra le donne impegnate in turni notturni in ambito sanitario, e per l’ulcera peptica, oltre ad una maggiore incidenza di infortuni.
Nel 2007, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato il lavoro organizzato su turni che alterano il ritmo circadiano come probabile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2A). Su questo argomento, DoRS ha scritto un documento di approfondimento.

In generale gli eccessi di patologia osservati sono moderati. Per le altre patologie i dati sono limitati o le associazioni controverse. Tra i limiti, si rileva la presenza di problemi metodologici con possibili effetti sulle stime di rischio in buona parte degli studi, soprattutto relativi al disegno (studi trasversali o caso-controllo), all’accertamento dell’esposizione (durata, frequenza, timing, dati soggettivi) e al limitato controllo per altri fattori di rischio occupazionali (domanda, controllo, supporto sociale).


Slide intervento d'Errico al seminario "Orari di lavoro, Competitività e Conciliazione" del 25 febbraio 2011



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