Lo sport come gioco, partecipazione, stile di vita
a cura di Marina Penasso, Dors

Il 07 settembre 2015 si è svolto a Torino il Convegno Europeo dal titolo “Cibo, sport e crescita fisico–affettiva nei giovani”. L'evento è stato organizzato dall’ANPE (Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani) in collaborazione con l'Assessorato allo Sport della Città di Torino, nell'ambito delle iniziative previste per Torino Capitale Europea dello Sport 2015 e con il patrocinio di autorevoli istituzioni, fra cui il Dipartimento Giustizia Minorile che fa capo al Ministero della Giustizia. Il sottotitolo del convegno recita “Buone prassi pedagogiche per educare a sani stili di vita” e proprio divulgare queste prassi applicate ai soggetti in età evolutiva era lo scopo principale del convegno.

Luisa Piarulli, Presidente ANPE, nel presentare il convegno ha dichiarato: “Manca ad oggi un modello organizzativo d'intervento multidimensionale, interdisciplinare, multiprofessionale integrato, così come manca […] una mappa aggiornata e dettagliata di associazioni e servizi pubblici e convenzionati su scala nazionale. Inoltre le attività sportive oggi hanno assunto carattere per lo più di competitività, agonismo, riempimento di ogni briciola di spazio e di tempo dei bambini. È necessario e doveroso restituire loro il tempo del “cortile”, del gioco libero, della noia”.

Durante la mattinata di lavoro, è stato sottolineato come sia importante recepire la nuova direttiva della Comunità Europea in materia di sport che ne sottolinea gli aspetti sociali. Per mirare al benessere psicofisico dei cittadini, anche in età giovanile, bisogna puntare al loro coinvolgimento, non limitandosi a quelli iscritti alle federazioni e che praticano sport a livello agonistico.

Lo sport deve inoltre avere una funzione educativa riconosciuta e deve essere veicolo di inclusione e coesione sociale. All’interno della Comunità Europea deve essere un tramite per il dialogo culturale. Per perseguire questi obiettivi è necessario potenziare lo sviluppo di strutture di competenza, andare oltre le buone prassi e agire fattivamente. È stata auspicata, ad esempio, la costituzione a Torino, di un comitato sportivo dell’Unione Europea. Lo sport in questo modo può diventare un veicolo di cittadinanza europea.

L’Assessore allo Sport della Provincia di Gorizia, Vesna Tomsic, a proposito del diverso modo di concepire l’attività sportiva nelle singole realtà europee, ha portato l’esempio della vicina Slovenia. In questa realtà urbana i cittadini si muovono: i bambini e gli adulti vanno a scuola e al lavoro a.piedi, i ragazzi in bicicletta. Ovunque sul territorio sono organizzati sentieri e piste ciclabili. L’attività sportiva fa parte dell’identità nazionale del popolo sloveno, è integrata nella quotidianità, anche in seno alla famiglia. Per i più piccoli è un automatismo praticare attività motoria. Nella scuola primaria sono previste novantotto ore all’anno dedicate allo sport. Gli insegnanti della scuola primaria sono tutti abilitati a insegnare attività fisica ai bambini e i programmi vengono applicati sin dalla scuola materna. L’obiettivo principale è che i bambini si divertano e diventino coesi, oltre ad acquisire competenze specifiche. Gli insegnanti hanno una formazione sportiva obbligatoria. Questo permette di introdurre continue novità migliorative. Tutti i bambini fra i sei i dodici anni devono frequentare la piscina. È stato adottato, a questo fine, un programma specifico che si chiama “Impariamo a nuotare”. Sono state inoltre istituite le “Settimane verdi”che vedono le classi impegnate in attività a contatto con la natura e, infine, le più tradizionali “Settimane bianche”. È stata istituita anche la carta d’identità sportiva.

In generale, i ragazzi vogliono divertirsi e giocare, migliorare le proprie abilità e stare con i loro amici. Bisogna cambiare i paradigmi, il modello sportivo che domina nella realtà italiana. Quello che viene proposto è solitamente carente dal punto di vista del supporto emotivo, con richieste esageratamente pressanti da parte dei genitori e degli allenatori. Se i bambini tendono a concepire l’attività sportiva come un obbligo, questa idea crescerà con loro e diventerà parte integrante del loro pensiero nei riguardi dello sport. In Italia lo sport è ancora eccessivamente associato a quello agonistico.

Investire risorse nel campo dell’attività fisica, del divertimento, del piacere è una scelta di libertà, una scelta per i diritti di tutti, va nella direzione di ridurre le diseguaglianze in salute e di tutelare e aumentare il benessere psicofisico delle persone sin dalla più tenera età.


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