A Porto un convegno sulle risorse per il benessere collettivo promosse dalle pratiche performative artistichea cura di Giulia Innocenti Malini, Università Cattolica del Sacro Cuore di MilanoPubblicato il 19 Febbraio 2018Aggiornato il 22 Febbraio 2018RecensioniGiulia Innocenti Malini è una dei referenti del progetto “Per-formare il sociale. Formazione, cura e inclusione sociale attraverso il teatro” che fa parte dei progetti MIUR PRIN 2015 (Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale).Le abbiamo chiesto di riportare le riflessioni, le suggestioni e gli orientamenti emersi dal convegno rispetto alla questione della performance artistica come motore del benessere comunitario e dell’impegno civile e come spazio di sperimentazione e azione di connessioni interdisciplinari, anche negli ambiti della salute, in un’ottica che integra il lavoro con la persona a quello con la comunità locale.La difficoltà di pensare e agire in maniera partecipata alla costruzione di una comunità locale che promuova benessere e condizioni salutogenetiche è una questione cruciale rispetto alla quale le pratiche artistiche e quelle teatrali in particolare, possono aprire nuovi varchi di azione sociale collettiva e immaginazione progettuale. Anche intorno a questi temi e con un panel mirato sui contesti legati alla salute, si è svolto il secondo Encontro Internacional de Reflexão Sobre Práticas Artísticas Comunitárias – EIRPAC (Porto, 19-21.09.2017), nato a seguito del grande successo ottenuto dal primo nel 2015, al termine del quale un’ampia rete di organizzazioni decise di rilanciare e di approfondire le questioni emerse. Nelle giornate del 19-21 settembre 2017 nella bella città di Porto, EIRPAC II ha proposto uno fitto palinsesto composto da interventi di esperti internazionali, tavoli di confronto e riflessione, laboratori pratici di approfondimento. Il tutto arricchito e integrato con le attività performative proposte da MEXE_IV Internazionale d'Arte e Comunità Incontro. Un intenso programma cui hanno partecipato, da diversi paesi europei e del sud America, centinai tra artisti, performer, operatori di diverse pratiche performative applicate al sociale nelle sue più varie e anche problematiche declinazioni, operatori della salute e del benessere, dell’educazione, dello sviluppo e assistenza sociale. Un incontro nato grazie alla perseverante collaborazione tra l'Istituto di Letteratura Studi e Tradizione della Facoltà di Scienze Sociali e Umane della Nuova Università Lisbona (IELT / FCSH ONU), il Centro di ricerca dell'Università di Évora sulla Storia dell'Arte (CHAIA / UE), la Scuola di Musica e Arti dello spettacolo del Politecnico di Porto (Esmae /P. PORTO), la scuola di Teatro e Cinema del Politecnico di Lisbona (ESTC / IPL), il Centro di ricerca per Arte e Comunicazione dell'Università di Algarve (CIAC / AU), la Facoltà di Psicologia e Scienze della Formazione dell'Università di Porto (FPCEP / UP) e PELE - Spazio di contatto sociale e culturale.Per comprendere il quadro entro cui è stata trattata la questione della performance artistica come motore del benessere comunitario, è interessante richiamare gli interventi che hanno proposto i nuclei tematici attorno a cui si sono organizzate le riflessioni dei tavoli e dei laboratori.In apertura la relazione di Eugene Van Erven “A City You Make Together: About the power of neo-parades in times of terror” ha trattato la questione della trasformazione di alcuni eventi festivi nel tempo del terrorismo e di quanto sia significativo e curativo il loro impatto per una comunità traumatizzata e in favore di un cambiamento dello sguardo che la comunità riserva allo spazio pubblico. Di grande interesse anche l’intervento di Tim Prentky “Playing for Real: Rebuilding Communities through Theatre” che ha messo in luce le diverse potenzialità insite nell’impiego del teatro per ripristinare il dibattito pubblico intorno a questioni politiche contemporanee. Secondo Prentki, l’apporto specifico offerto dal teatro sta proprio nella sua capacità di ricreare comunità coese e tolleranti in cui la differenza e la comprensione possano prosperare ed essere elementi innovativi. Un altro tema focale affrontato durante il convegno è stato quello dell’interazione tra sviluppo sociale e memoria attraverso la pratica artistica comunitaria. Ne ha diffusamente trattato António Prieto Stambaugh in “Inquietar la memoria colectiva en el teatro documental de México”. Una riflessione articolata su come il teatro documentario in Messico stia affrontando l'attuale crisi sociale, ponendo attenzione ad alcuni esempi di opere che stanno contribuendo a stimolare, anche in modo turbativo, la memoria collettiva e al contempo promuovono processi che resistono all'amnesia istituzionale (ad esempio le attività di Lagartijas Tiradas al Sol e del Teatro Línea de Sombra in Messico). Si tratta di esperienze che, secondo Prieto Stambaugh, contribuiscono a mettere in discussione il modo in cui comprendiamo l'arte in relazione alle comunità vulnerabili.A chiudere i lavori è stato poi l’intervento di François Matarrasso “In the border lands of community and participatory art” che ha messo in luce come la partecipazione, che pure è una pratica molto comune nell'arte contemporanea, non riceva unanime consenso né intorno a che cosa essa sia, né su come praticarla e perché. In particolare Matarasso ha interrogato il rapporto tra artisti professionisti e non professionisti, il loro lavorare insieme in riferimento a domande sociali e politiche complesse, arrivando a concludere che il modo in cui gli artisti, professionisti o meno, immaginano e praticano la partecipazione è di grande importanza perché foriero di istanze innovative che solo l’antistrutturalità artistica può mettere in campo. Per questo è necessario che le pratiche artistiche che si impegnano nella, con la e per la comunità tengano sempre in primo piano il fine creativo, piuttosto che quello educativo: per poter aprire dei varchi nella realtà, per poter accedere ad un nuovo sguardo collettivo, per poter garantire spazi di libertà e di distanza. La creazione artistica è un diritto dell’umanità, ribadisce Matarasso, un modo di essere parte della società dicendo di sé e degli altri. Una pratica di artisti professionisti e non professionisti che collaborano in quanto eguali per fini e con modalità che hanno deciso insieme, e dove i processi, i prodotti e i risultati non possono essere conosciuti prima che avvengano.Ad arricchire la riflessione sono stati proposti dei panel paralleli che hanno approfondito alcune questioni attraverso la presentazione ed analisi critica di alcune esperienze concrete. Tra i temi di spicco quello sulle intersezioni tra estetica contemporanea e pratiche artistiche popolari, quello sul rapporto tra soggettività, identità e memoria, ma anche quello sulle differenze tra le pratiche artistiche collaborative e quelle partecipative.Tra i panel, dedichiamo alcune considerazioni supplementari per quello che ha riguardato più specificamente le connessioni interdisciplinari con gli ambiti della salute in un’ottica che integra il lavoro con la persona a quello con la comunità. Ben due le esperienze italiane presenti. La prima presentata da Giulia Innocenti Malini su “Le theatre de la vie. Experiences de theatre social dans les Alzheimer Café de Milan” ha analizzato e descritto brevemente le attività di teatro sociale che da diversi anni sono in corso presso alcuni Alzheimer Café di Milano, identificando caratteristiche precipue di questo metodo che pone al centro della prassi performativa la salute delle relazioni interne al soggetto stesso, ma anche e soprattutto quelle tra lui e il caregiver, formale e informale, così come le relazioni di gruppo e di comunità, promuovendo un cambiamento nella cultura della demenza a favore di una condizione sociale inclusiva, che contrasti i processi di marginalizzazione a cui sono soggetti sia le persone sofferenti che i loro nuclei familiari. Per avere un quadro dell’esperienza, si vedano a titolo di esempio i link: - http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/servizi/sociale/Servizi_interventi_sociali/Anziani/rete_alzheimer- http://www.alconfine.net/alzheimer-cafe-78391- http://www.lecompagniemalviste.com/index#/new-gallery-1/ La seconda esperienza italiana è stata raccontata da Alessia Repossi, Vaninka Riccardi e Roberta Villa in “Theater as a bridge to the community” (si veda il numero monografico dedicato all’esperienza dalla rivista ERREPIESSE, Rivista su una via italiana alla riabilitazione psicosociale) resoconto di 15 anni di attività di teatro sociale presso un Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale di Legnano, sede di Magenta, dove persone che soffrono di disagio psichiatrico (schizofrenia, psicosi e gravi disturbi di personalità) e cittadini interessati al teatro, condividono un’attività espressiva a favore di un benessere comune. Un intervento che mette in dialogo i tre diversi approcci della psicoterapia della Gestalt, della psichiatria di comunità e del teatro sociale. Sempre nell’ambito dei servizi per la salute mentale, ma con un impiego diverso della pratica teatrale, è stato presentato da Laís Barreto Barbosa e Georgia Sibele Silva il progetto “A poética da cidade ao vento dos avoados”. Si tratta di una ricerca intervento svolta dall’Universidade Federal do Rio Grande do Norte in Brasile sul collettivo scenico-poetico Vento dos avoados composto da persone con problemi di salute mentale, studenti della facoltà di psicologia della stessa università, attori e attrici. Un lavoro sull’autobiografia e sull’interazione tra la storia personale di malattia e la storia sociale e politica dei servizi e delle istituzioni dedicate, cercando di disinnescare le dinamiche antitetiche che interessano i processi di salute/malattia come quelli di realtà/finzione.Infine di interesse la riflessione apportata da Thais Marques Fidalgo, Andrea Jurdi e Flavia Liberman dell’Universidade Federal de São Paulo in Brasile su “Perspectivas e Conceitos sobre arte e a clínica ampliada em Saúde. Um estudo de caso sobre a potência do encontro” in cui a partire dallo studio di caso effettuato su un paziente che ha ricevuto assistenza negli ultimi cinque anni presso l'Università Federale di San Paolo sono state evidenziate le connessioni tra le pratiche artistiche e la vita nei termini di veri e propri percorsi salutogenentici. L’Universidade Federal de São Paulo negli ultimi anni si è dedicata all’esplorazione di un metodo di ricerca qualitativa in cui l’esperienza diventi strumento per l'approccio clinico, in grado di incorporare teorie, vissuti, osservazioni e pratiche, ampliando gli studi sui processi terapeutici attraverso quelli sulla creatività e la valorizzazione della soggettività nel contesto.Un incontro arricchente da tutti i punti vista quello offerto da EIRPAC II che, in tanti diversi modi, ha promosso il valore dell’impegno civile di ognuno per lo sviluppo di condizioni comunitarie a favore della salute e del benessere. Ha dimostrato il senso della ricerca applicata e aperta al confronto sul campo con gli operatori e i cittadini, i problemi di vita e le risorse inaspettate. E infine ha permesso di meglio comprendere e analizzare le potenzialità della pratica performativa quando ritorna ad essere un’arte per la vita.TAG ARTICOLOARTE; TEATRO;