La nascita delle Monografie IARC nel racconto di Benedetto Terracinia cura di Gabriele Iorfida, DorsPubblicato il 21 Marzo 2022Aggiornato il 26 Aprile 2022Esperienze e buoni esempiIl Prof. Benedetto Terracini, figura di spicco e padre dell'epidemiologia italiana, ha vissuto in prima persona la nascita delle Monografie IARC. Nell'ambito del Master di epidemiologia di Torino ha tenuto una lezione dal titolo: Half a century since the first IARC Monograph on carcinogenic hazards: the recollection of a member of the Working Group. Riportiamo una sintesi degli argomenti trattati. Alla fine del febbraio 1963, dopo aver assistito alla sofferenza e alla morte per cancro della consorte, il giornalista e attivista per la pace Yves Poggioli raccontò la sua storia, sollecitando la creazione di un centro internazionale per combattere cancro, il cui finanziamento doveva essere garantito attingendo ad una piccola parte dei bilanci nazionali destinati agli armamenti nucleari. Questo appello prese forma e, col supporto di alcune personalità francesi, venne esplicitato in una lettera indirizzata al presidente francese Charles de Gaulle pubblicata sul quotidiano nazionale Le Monde. De Gaulle rispose all'appello e contattò l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il progetto prese rapidamente slancio e il 20 maggio 1965, con una risoluzione dell'Assemblea Mondiale della Sanità, fu creata la IARC, un’agenzia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità con sede a Lione specializzata per la ricerca sul cancro. La prima riunione avvenne nel 1971 proprio a Lione. Terracini, nei primi meeting, svolgeva il compito di reporter, un ruolo di cruciale importanza, sotto la supervisione del professor Lorenzo Tomatis, futuro direttore della IARC dal 1982 al 1993. Il gruppo di lavoro era composto (ad eccezione di Robert Miller che era un pediatra) da esperti che oggi definiremmo epidemiologi. La prima Monografia IARC nasceva come “esperimento” a livello divulgativo chimico-scientifico con l’intento di prendere in considerazione un numero di sostanze appartenenti a diverse classi chimiche/con un diverso effetto sulla salute. Considerando insieme dati sperimentali sugli animali e dati epidemiologici, l’obiettivo era di sintetizzare informazioni utili alla società ed al mondo del lavoro. L’idea iniziale era quella di creare, in accordo con industrie e sindacati, una lista di cancerogeni divisi in due classi distinte: le sostanze che causano cancro nell'uomo ( la "lista nera" composta da poche sostanze all'epoca) e sostanze che, da studi sperimentali, dimostravano di essere cancerogene per gli animali. Ci si rese presto conto che non era il modo migliore per classificare le sostanze, per più ragioni: La lista sarebbe stata troppo rigida, non poteva tenere in considerazione i molteplici aspetti utili per effettuare una corretta valutazione; Sarebbe stato impossibile includere nella lista sostanze chimiche per le quali non venivano considerate adeguate la quantità e/o la qualità dei dati disponibili; Esisteva il rischio che le sostanze non incluse nella “lista nera” sarebbero state assunte come totalmente sicure, il che non è vero. La valutazione doveva comunque tenere in considerazione: Tutte le pubblicazioni scientifiche disponibili per ogni sostanza considerata; La forza dell’evidenza (definita poi “inadeguate” o “convincent”) in base agli studi scientifici che erano stati effettuati sulle sostanze e sulle loro capacità di creare neoplasie nell’uomo. Si afferma così una classificazione basata sulla forza dell’evidenza: Gruppo 1: Cancerogeni per l’uomo; Gruppo 2A: Probabili cancerogeni per l’uomo; Gruppo 2B: Possibili cancerogeni per l’uomo; Gruppo 3: Sostanze non classificabili come cancerogene per l’uomo. Ad oggi sono più di mille le sostanze valutate dalla IARC. Un altro terreno di discussione ha riguardato la scelta tra due approcci della prevenzione primaria: Solo sulla base di un’assoluta certezza scientifica è opportuno adottare specifiche misure preventive; Le misure per la protezione della salute sono una priorità e vanno adottate anche in assenza di un’assoluta certezza scientifica. Il gruppo di lavoro della IARC abbraccia il secondo punto di vista producendo una forte reazione dei portatori di interesse che, invece, sostengono l’approccio “product defence science”. Ne nascono accese discussioni (ad esempio su glifosato, fumo di tabacco passivo, crisotilo, consumo di carne rossa, styrene, formaldeide, 1,3-butadiene…) e alcune critiche mosse al modello IARC: La IARC è troppo sensibile nel definire cancerogena una sostanza. C'è il rischio di trovare troppi falsi positivi o troppi falsi negativi Per quasi il 50% delle sostanze indagate dalla IARC gli studi associati sono stati definiti inadeguati, dunque non si può accusare la IARC di essere eccessivamente sensibile per classificare i cancerogeni. Un’altra ferrea regola della IARC è la replicazione indipendente di due studi diversi, epidemiologici o derivanti da animali. La replica indipendente è il modo più convincente per cercare i risultati “casuali”. I falsi negativi sono molto più difficili da individuare e forse sono più frequenti dei falsi positivi perché spesso la potenza statistica è troppo bassa e il follow-up degli studi di coorte è troppo breve. Non ha senso l'esistenza della categoria 2B Nella categoria 2B vengono inserite quelle sostanze che hanno poco utilizzo e che quindi a livello epidemiologico hanno poca rilevanza. Questo però non deve impedire loro di appartenere ad una classe di riferimento. Negli anni la sperimentazione scientifica potrebbe modificarsi, a seguito dell’avanzamento di tecnologie diverse o ad una maggiore disponibilità di studi epidemiologici. La trasparenza è un valore fondamentale che guida tutto il lavoro di redazione delle Monografie. La stragrande maggioranza delle decisioni sono prese di comune accordo e con la completa unanimità del gruppo di lavoro. Le rare occasioni di dissenso sono sempre state riportate nelle pubblicazioni. In conclusione, si riporta una serie di suggerimenti da tenere in considerazione per una corretta attività di prevenzione del cancro: Prevenire la malattia è più etico, e meno costoso, di lasciar ammalare le persone e poi curarle; Non sottostimare i risultati degli esperimenti in vitro; Non classificare i cancerogeni come “forti” o “deboli”: il rischio è determinato dalle circostanze dell’esposizione; Essere imparziali e non neutrali, non avere pregiudizi sulla letteratura, analizzarla per quella che è; Specificare se, anche in mancanza di prove causali inconfutabili, l’evidenza disponibile è sufficiente per suggerire l’implementazione di misure preventive. Per approfondire: Video integrale con l’intervento in inglese del Prof. Benedetto TerraciniTAG ARTICOLO