Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2013
a cura di Silvano Santoro, Dors

Il rapporto

L’istituto nazionale di statistica (ISTAT) pubblica un rapporto sul Benessere Equo Sostenibile (BES), risultato di un’ampia collaborazione con il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), con i maggiori esperti dei diversi aspetti che contribuiscono al benessere (salute, ambiente, lavoro, condizioni economiche, ecc.) e in generale con la società italiana rappresentata da migliaia di cittadini, dalle istituzioni coinvolte, dalle varie parti sociali e dal mondo dell’associazionismo.

Sono stati individuati 134 indicatori, suddivisi in 12 diversi “domini” (argomenti, temi) in grado di misurare la qualità della vita degli italiani che da ora in poi, secondo l’ISTAT, dovrà sempre affiancare il PIL nelle misurazioni delle condizioni del nostro paese. 

Il report e l’area del sito ISTAT dedicata alla visualizzazione di tutti i materiali sono stati realizzati curando con attenzione gli aspetti comunicativi, nel tentativo di divulgare il più possibile i dati e restituire una lettura delle informazioni raccolte più chiara a tutti e soprattutto a ricercatori e decisori politici ai quali si intende offrire un valido strumento di supporto alle decisioni.

I dati sono completamente disponibili e consultabili anche a livello regionale su una piattaforma presente sul sito web dedicato al progetto.

Le tendenze del benessere - cosa dicono gli indicatori prima e dopo la crisi

I risultati in “pillole”

  1. Salute: Si vive sempre più a lungo, ma con forti disuguaglianze sociali;
  2. Istruzione e formazione: In ritardo rispetto all’Europa, con un lento miglioramento
  3. Lavoro e conciliazione dei tempi di vita: un grave spreco di risorse, accentuato dalla crisi
  4. Benessere economico: Ammortizzatori sociali e solidarietà familiare tamponano la crisi, ma deprivazione e povertà sono in crescita
  5. Relazioni sociali: Bassa fiducia negli altri, forte carico sulle reti familiari, reti sociali importanti, ma non su tutto il territorio
  6. Politica e istituzioni: La politica sempre più lontana dai cittadini
  7. Sicurezza: I reati sono diminuiti, ma il calo si è fermato
  8. Benessere soggettivo: Buona la soddisfazione per la vita, anche se in calo nell’ultimo anno
  9. Paesaggio e patrimonio culturale: Una grande ricchezza non adeguatamente tutelata
  10. Ambiente: Qualche segnale positivo e persistenti criticità
  11. Ricerca e innovazione: Cresce l’impegno delle imprese nell’innovazione, ma resta la distanza dalla media europea
  12. Qualità dei servizi: Ancora ritardi, con significativi progressi

Lo stato di salute

Il gruppo di lavoro ha considerato molti aspetti nel valutare le condizioni di salute della popolazione italiana: la dimensione fisica, quella mentale ed emotiva, che considera le capacità dell’individuo di mantenere la piena coscienza di sé e delle relazioni che lo legano al suo ambiente famigliare sociale; la dimensione funzionale, rivolta a valutare la capacità dell’individuo di condurre una vita autonoma. Sono disponibili gli indicatori e le fonti considerate per i dati, ed è possibile scaricare anche solo il capitolo del report relativo alla salute, in formato pdf.

La vita media degli italiani, negli ultimi anni continua ad aumentare grazie a una diminuzione della mortalità (per tutte le fasce d’età). La maggiore longevità, tuttavia, non determina una migliore qualità della sopravvivenza, soprattutto per le donne che, rispetto agli uomini, vivono meno anni in buona salute e senza limitazioni nelle attività quotidiane (un terzo della loro vita in pessime condizioni di salute).

Considerando i rischi legati alle varie fasi del ciclo di vita umano, i dati evidenziano che:

  • la mortalità infantile è tra le più basse d’Europa anche se sussistono ancora divari territoriali significativi tra nord e sud; negli ultimi anni il tasso di mortalità aumenta lievemente, probabilmente a causa dell’aumento della quota di nati da madri straniere che solitamente presentano tassi di mortalità infantile più elevati;
  • Fra i giovani, anche se i tassi di mortalità si sono ridotti (quasi dimezzati) dal 2001 al 2009, la metà dei decessi è comunque correlata agli incidenti stradali, con una grande differenza dei tassi di mortalità tra maschi e femmine (rischi 4 volte superiori nei maschi )
  • Per gli adulti sono stati considerati i decessi per tumore: dal 2001 al 2009 la mortalità per tumori maligni negli adulti è diminuita, così come si assottigliano le differenze tra uomini e donne;
  • Negli anziani l’attenzione si è focalizzata sull’andamento della mortalità per malattie mentali che è in aumento nella popolazione (soprattutto maschile) degli ultra sessantacinquenni.

Considerando l’influenza degli stili di vita sulla salute, sono stati considerati alcuni indicatori relativi a potenziali fattori di rischio o di protezione per la salute.

Per quanto riguarda l’eccesso di peso (un importante fattore di rischio per la salute), la quota di persone obese o in sovrappeso è in crescita (circa il 45% della popolazione maggiorenne è in sovrappeso o obesa, soprattutto fra i maschi e gli individui meno istruiti) e in qualche modo l’eccesso di peso dei genitori incide sul rischio d’insorgenza di sovrappeso nei figli (aumenta la quota di ragazzi tra i 6 e 17 anni).

Inoltre, nonostante la lotta alla sedentarietà negli ultimi anni è entrata a far parte dell’agenda italiana (CCM AZIONI), una porzione significativa di italiani (dai 14 anni in su) dichiarano di condurre uno stile di vita sedentario (29.5% al nord; 40.5% nel centro e 54.4%). Per quanto riguarda, infine, il consumo di frutta e verdura, una percentuale troppo bassa della popolazione (più dell’80% degli italiani) non consuma quotidianamente le porzioni di frutta e verdura raccomandate dalla letteratura.

Per quanto riguarda le abitudini al fumo, tra il 2001 e il 2011 la prevalenza di fumatori cala lievemente (dal 23.7% al 22.7%), in maniera più evidente negli anni successivi all’entrata in vigore della legge Sirchia. L’abitudine al fumo è più diffusa nelle fasce di età giovani, infatti la diminuzione registrata dal 2001 al 2011 in tutte le classi di età non ha influenzato i giovani di età compresa tra i 14 e i 19 anni.  Tale diminuzione è più marcata, nei 10 anni considerati, soprattutto negòo uomini e nelle donne più istruite e con uno status sociale più elevato.

Considerando, infine, il consumo di bevande alcoliche, nell’ultimo decennio i giovani sono passati da un modello di consumo “tradizionale mediterraneo” a uno generalmente associato ai paesi del nord-Europa (consumo meno moderato, spesso fuori pasto), circa il 15% di giovani (nel 2011) ha adottato almeno un comportamento a rischio nel consumo di alcool. Si evidenzia, tuttavia, una riduzione nella diffusione di consumi per tutte le età e in particolare per i maschi, probabilmente grazie alle politiche di contrasto del fenomeno.

Link utili

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