La relazione, che cura!
a cura di Sonia Scarponi, Dors Piemonte

Il convegno

Sabato 23 novembre 2013 si è svolto a Torino il Convegno Nazionale SIPNEI che ha visto la partecipazione di esperti multidisciplinari, tra cui Fabrizio Benedetti (Dipartimento di Neuroscienze di Torino e Consultant National Institute of Health Bethesda, USA) e David Lazzari (Presidente Nazionale SIPNEI, http://www.sipnei.it/). Il convegno è stato organizzato dalla sezione piemontese della SIPNEI.

La Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) si sta imponendo come un modello scientifico di conoscenza del funzionamento dell’organismo umano nella sua totalità. Lo studio delle emozioni, la definizione delle aree cerebrali interessate e la loro connessione con il sistema dello stress e quindi con l’immunità, sta fornendo la base scientifica per superare definitivamente la storica separazione e contrapposizione tra la mente e il corpo.

Il primo convegno nazionale di questa recente disciplina scientifica che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici è stato aperto da Marco Braico (autore dei libri “La festa dei Limoni” e “Il profumo della gioia di vivere”, Effatà Editore ) che ha presentato la sua esperienza di malato, sottolineando quanto sia stata importante per la sua guarigione fisica la presenza di relazioni affettive forti e supportive sia all’interno dell’ambiente ospedaliero, sia al di fuori. Nei suoi libri autobiografici ha illustrato quanto il supporto relazionale sia stato indispensabile e necessario al pari delle cure farmacologiche (www.lafestadeilimoni.it ). 

Il racconto esperienziale di Braico è stato avvalorato dall’intervento di Fabrizio Benedetti “L’effetto placebo nella relazione che cura”. Il messaggio chiave, sostenuto ed illustrato da molti dati scientifici, è che qualunque trattamento, reale o fittizio che sia, manifesta qualche conseguenza anche in funzione delle aspettative e del contesto relazionale in cui viene somministrato. Nell’effetto placebo si istaurano aspettative positive, che migliorano i sintomi della malattia anche in assenza di un principio attivo, mentre l’effetto “nocebo” ha un’azione contraria: fa insorgere dolori e altri sintomi spiacevoli a causa delle convinzioni dell’individuo. Benedetti ha illustrato quindi come parole e comportamenti supportivi attivino le stesse molecole biochimiche attivate dai farmaci. In particolare, sono stati illustrati esperimenti scientifici in cui il “rituale terapeutico” con cui veniva somministrato il farmaco (ossia l’insieme degli atteggiamenti, delle parole e dei gesti con cui viene dato al malato) otteneva gli stessi effetti benefici sul malato anche se gli veniva somministrato un finto farmaco. Ciò che cura in questi casi non è il farmaco in sé, ma gli aspetti psicologici legati all’attesa del miglioramento e alla presenza di parole e atteggiamenti di cura che attivano il rilascio di sostanze dopaminergiche. Maggiori chiarimenti e approfondimenti sull’effetto placebo della relazione di cura si possono ricavare dai testi di Benedetti “L’effetto placebo” (in cui vengono esplicitati i meccanismi neurologici sottesi a tale funzionamento) e “Il Caso di G.L.”, un esempio di medicina narrativa rispetto ad una situazione di depressione

Tali tematiche sono state riprese e calate nell’ambito della valutazione di efficacia delle psicoterapie nella lezione magistrale di David Lazzari. A partire da un approccio allo sviluppo umano che integra gli aspetti bio-psico-sociali, le ricerche hanno dimostrato come infanzie problematiche conducano in età adulta a maggior presenza di malattie fisiche, di depressione e di alti livelli di stress. Quest’ultimo sembra essere particolarmente influenzato dallo stile di attaccamento vissuto in età precoce rispetto alle figure di accudimento genitoriale. L’efficacia della psicoterapia (indipendentemente dal modello teorico utilizzato) starebbe nella possibilità che offre di acquisire uno stile di attaccamento sicuro all’interno di una relazione di cura che permette di rielaborare il proprio passato, donandogli nuovi significati e vivendo una relazione interpersonale supportiva. Attraverso tale esperienza terapeutica verrebbero riattivate le connessioni neurologiche tra le cortecce frontali (che governano le funzioni cognitive e di pensiero) e il sistema limbico (deputato alle emozioni), ampliando le capacità individuali di gestione dello stress.

Una giornata ricca si stimoli di riflessione e di approfondimento, in un campo che offre molte possibilità di approfondimento e di intervento nel campo della salute mentale, intesa sempre più come benessere psico-fisico, e della promozione della salute, quale spazio per valorizzare le relazioni umane che favoriscono e rafforzano legami e capitale sociale indispensabili alla salute delle persone e delle comunità locali.

Sitografia

Approfondimenti bibliografici

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