L’aver garantito una buona copertura vaccinale, insieme alle misure di protezione adottate, ha consentito di contenere la pandemia ai livelli d’incidenza tra i più bassi d’Europa, ma i dati mostrano una situazione in rapida evoluzione negativa. L’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) ha emesso un documento con le raccomandazioni per il contenimento dei contagi, dei ricoveri e dei decessi associati al COVID-19.
La collaborazione interdisciplinare e le strategie di coinvolgimento della comunità sono fondamentali per promuovere il benessere e ottenere risultati positivi a lungo termine basati sulla fiducia, il rispetto e obiettivi condivisi. Non sono una “cosa carina da fare” in caso ci siano abbastanza tempo e risorse, ma fanno parte della preparedness per affrontare le crisi sanitarie e dovrebbero pertanto essere inserite nei piani pandemici.
In questo articolo analizziamo i principali provvedimenti normativi che hanno riguardato lo Smart Working durante l'epidemia di Covid-19, la loro attuale applicazione con uno sguardo al futuro.
Dors traduce, con l'autorizzazione del National Institutes of Health (NIH), un documento che descrive gli elementi fondamentali e le raccomandazioni per le attività di comunicazione per la salute pubblica per ridurre l’esitanza e aumentare la fiducia nei vaccini anti Covid-19.
L'Europa è stato il secondo continente più colpito dalla pandemia da coronavirus del 2019 (COVID-19), con l'Italia che ha pagato un bilancio di vittime molto elevato, in particolare in Lombardia. La pandemia ha avuto un profondo impatto sulla salute mentale e sui tassi di suicidio nel mondo sin dal suo scoppio. I tassi di suicidio legati al COVID-19 hanno comunque seguito una tendenza non lineare durante la pandemia, diminuendo dopo l'epidemia di COVID-19, per poi aumentare durante un lungo periodo di follow-up. Pertanto, lo studio è mirato a valutare ulteriormente i tassi di suicidio in Lombardia. È stata effettuata un'analisi retrospettiva di tutte le autopsie eseguite nell'anno 2020 ed entro i primi quattro mesi dell'anno 2021 attraverso la banca dati dell'Istituto di Medicina Legale di Milano. Nell'anno 2020, i suicidi registrati sono diminuiti rispetto al 2016-2019 (21,19-22,97% delle autopsie), essendo 98 (18,08% su 542 autopsie), mentre, nei primi 4 mesi dell'anno 2021, sono stati documentati 35 suicidi (185 autopsie, in totale). Poiché la regione Lombardia è stata gravemente colpita da COVID-19 sin dai primi mesi del 2020, il follow-up retrospettivo esteso ha consentito di trarre conclusioni e approfondimenti più solidi sulla necessità di estendere il follow-up della pandemia di COVID-19 oltre i primi mesi dopo l'epidemia, in tutto il mondo. Si sottolinea la necessità di stanziare fondi adeguati per la prevenzione della salute mentale per la popolazione generale e per quelle più vulnerabili, come le persone con gravi malattie mentali e gli operatori sanitari, gli operatori sanitari in prima linea e chi è in lutto a causa del COVID-19.
Calati R, Gentile G, Fornaro M, Tambuzzi S, Zoja R. Preliminary suicide trends during the COVID-19 pandemic in Milan, Italy. J Psychiatr Res. 2021 Aug 21;143:21-22. doi: 10.1016/j.jpsychires.2021.08.029.
L’evolversi della situazione pandemica ha determinato la necessità di trovare nuove risposte ai bisogni della popolazione per conciliare necessità di ripresa e tutela della salute.Dors illustra gli ultimi provvedimenti normativi che hanno portato all’istituzione della Certificazione verde covid-19, documento che mira a consentire gli spostamenti dei soggetti tutelandone la privacy.
La convivenza forzata durante la fase di lockdown ha rappresentato in alcuni casi il detonatore per l’esplosione di comportamenti violenti, in altri l’aggravante di situazioni che già precedentemente erano violente,che hanno spinto, anche in contesti internazionali, a parlare di una doppia pandemia: epidemiologica e di violenza. Le Istituzioni nazionali e regionali, ma anche le associazioni dei Centri antiviolenza,hanno lanciato campagne informative per fornire alle donne riferimenti chiari a cui rivolgersi in caso di bisogno allo scopo di non far sentire le donne sole nel contrasto alla violenza. È stato pubblicizzato soprattutto il ruolo svolto dal numero di pubblica utilità nel supportare e accompagnare le donne verso i servizi che meglio si adattavano alla loro situazione contingente. Oggetto di analisi del report elaborato dall’Istat sono infatti le richieste di aiuto delle donne al numero di pubblica utilità 1522 nel corso del 2020. Vengono inoltre illustrate le strategie messe in atto dai Centri antiviolenza e dalle Case rifugio per gestire la “situazione di emergenza nell’emergenza” e vengono rilasciate le informazioni sul numero delle donne che hanno richiesto supporto e sono state accolte da queste strutture nel periodo gennaio-maggio 2020.
Nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%).
Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica. Nel 2020, questo picco, sempre presente negli anni, è stato decisamente più importante dato che, nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019).
La violenza segnalata quando si chiama il 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%).
Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019).
Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020).
Nei primi 5 mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza (CAV), per l’8,6% la violenza ha avuto origine da situazioni legate alla pandemia (es. la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell’autore della violenza o della donna).
Dopo il calo di utenze, in corrispondenza del lockdown di marzo 2020, i Centri hanno trovato nuove strategie di accoglienza (il 78,3%). Solo sei CAV hanno dovuto interrompere l’erogazione dei servizi. Essenziale è stato il ruolo della rete territoriale antiviolenza per supportare i Centri nel loro lavoro. Nella maggioranza dei casi (95,4%) i CAV hanno supportato le donne tramite colloqui telefonici, nel 66,5% dei casi hanno utilizzato la posta elettronica mentre nel 67,3% i colloqui sono stati in presenza nel rispetto delle misure di distanziamento.
Per quanto riguarda le Case rifugio, nei primi 5 mesi del 2020 sono state ospitate 649 donne, l’11,6% in meno rispetto ai primi 5 mesi del 2019. Le Case hanno, infatti, segnalato più difficoltà dei CAV a organizzare l’ospitalità delle donne e a trovare nuove strategie (55,3% dei casi). Per il 6% delle donne accolte, le operatrici hanno segnalato che è stata la pandemia ad avere rappresentato la criticità da cui ha avuto origine la violenza. (Fonte Istat)
Nel loro insieme, le prove trovate finora confermano che la pandemia CoViD-19, tuttora in corso, sta avendo un enorme impatto psicologico sugli individui. Le persone hanno sperimentato un notevole disagio psicologico durante la fase iniziale dell'epidemia di CoViD-19 in termini di ansia, depressione e sintomi post-traumatici. A livello globale, i risultati sono relativamente coerenti in termini di gravità: la maggior parte degli individui soffriva di disturbi lievi-moderati, mentre i soggetti che riferivano sintomi gravi erano una minoranza. Al contrario, la prevalenza osservata non era omogenea: questa incoerenza potrebbe essere dovuta, tra l'altro, a differenze nella metodologia, negli strumenti di valutazione somministrati o nelle popolazioni esaminate. Alcune categorie si sono dimostrate più vulnerabili, ovvero operatori sanitari e pazienti affetti da CoViD-19. Inoltre, alcune variabili erano associate a un maggiore impatto psicologico, come il sesso femminile e la giovane età. I risultati preliminari del progetto di ricerca sono in linea con gli studi cinesi. Sono stati riscontrati alti tassi di esiti negativi sulla salute mentale, inclusi sintomi di stress post-traumatico e ansia, nella popolazione generale italiana e negli operatori sanitari a tre settimane dall'inizio delle misure di blocco del CoViD-19, associati a diversi fattori di rischio correlati al CoViD-19. Il sesso femminile e l'età più giovane erano associati a un rischio più elevato di esiti di salute mentale.
Questi risultati supportano l'idea che gli interventi di salute mentale pubblica dovrebbero essere integrati formalmente nella preparazione della salute pubblica e nei piani di risposta alle emergenze. Xiang et al. hanno suggerito tre passaggi importanti: istituzione di team multidisciplinari di salute mentale, comunicazione chiara con aggiornamenti appropriati sull'epidemia di CoViD-19 e creazione di servizi sicuri per fornire consulenza psicologica attraverso la telemedicina (p. es. dispositivi elettronici, applicazioni, servizi di salute mentale online), con un migliore accesso per le persone svantaggiate come gli anziani o i pazienti psichiatrici. Uno sforzo particolare deve essere rivolto alle popolazioni vulnerabili con la fornitura di interventi psicologici mirati. Ad esempio, gli operatori sanitari potrebbero beneficiare di un monitoraggio continuo dello stato psicologico, di una formazione pre-lavorativa su come rilassarsi adeguatamente e su come trattare i pazienti non collaborativi, o della presenza negli ospedali di un luogo di riposo dove isolarsi temporaneamente dalla loro famiglia se vengono infettati. Per quanto riguarda le persone affette da CoViD-19, gli interventi dovrebbero essere basati su una valutazione completa dei fattori di rischio che portano a problemi psicologici, tra cui cattiva salute mentale prima di una crisi, lutto, lesioni personali o familiari, circostanze pericolose per la vita, panico, separazione da famiglia e reddito familiare basso. Queste misure possono aiutare a ridurre o prevenire la futura morbilità psichiatrica.
Le organizzazioni di assistenza sanitaria mentale e le istituzioni sanitarie pubbliche stanno creando linee guida pratiche su come prendersi cura della salute mentale e del benessere. L'American Psychiatric Association (APA), la National Alliance On Mental Illness (NAMI) e la Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA) forniscono suggerimenti generali alla comunità su come organizzare il proprio tempo e gestire il proprio tempo fisico. e salute mentale. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) 67 e l'OMS forniscono ulteriori informazioni specifiche per i gruppi ad alto rischio.
Sebbene alcuni aspetti cruciali di queste interazioni necessitino di ulteriori chiarimenti, prove convincenti ora suggeriscono una relazione tra pandemia CoViD-19, blocco, impatto socio-economico e malattia mentale. I potenziali fattori di rischio e di protezione devono essere ulteriormente studiati. Inoltre, sono necessari studi futuri per indagare le conseguenze psicologiche a lungo termine che colpiscono le persone che affrontano l'epidemia di CoViD-19. La ricerca futura dovrebbe anche essere dedicata allo sviluppo di strategie adeguate di prevenzione, trattamento e riabilitazione contro un'emergenza sanitaria mondiale come una pandemia. Un'altra sfida sarà la personalizzazione dell'intervento mirato per le categorie più colpite.
Nelle due ondate di coronavirus le donne italiane hanno dedicato al lavoro familiare più tempo dei loro partner. Già si partiva da una situazione di disparità. Ora la conseguenza può essere un peggioramento del divario di genere nel mercato del lavoro.
Le donne italiane, già prima della pandemia più responsabili della famiglia dei loro partner, hanno continuato a dedicare al lavoro familiare più tempo durante tutto il 2020. Questo è dovuto anche alla chiusura delle scuole, che in Italia è stata la più lunga di tutta Europa: 105 giorni dal marzo a giugno 2020 contro meno di 60 giorni in altri paesi europei.
Ha contribuito a questa situazione anche la mancanza dell’aiuto dei nonni, che prima della pandemia erano responsabili (almeno occasionalmente) della cura dei nipoti e ora non più, a causa dei rischi di contagio (Indagine Istat Multiscopo).
Anche i dati Istat per il 2020 evidenziano un peggioramento del lavoro delle donne. Il tasso di occupazione femminile è passato dal 50 al 48,6 per cento nel 2020, mentre per gli uomini è rimastoquasi invariato. L’offerta di lavoro femminile si è ridotta, come evidenziato da un tasso di inattività femminile molto più alto di quello maschile.
I dati dello studio confermano risultati di ricerche precedenti di altri Paesi che hanno analizzato l’impatto della pandemia su occupazione, disoccupazione e tassi di inattività, riportando un effetto negativo più significativo sulle donne e in particolare sulle madri. Sia fattori relativi alla domanda di lavoro (sovra-rappresentazione delle donne nei settori dei servizi più vulnerabili con contratti a tempo determinato e part-time) che fattori relativi all’offerta (difficoltà di conciliazione lavoro e famiglia dovuta alla chiusura delle scuole e aggravio del lavoro familiare) hanno contribuito a questo risultato. La situazione di emergenza che continua anche nel 2021 può provocare un potenziale peggioramento del divario di genere nel mercato del lavoro.
Del Boca D, Oggero N, Profeta P, Rossi M. Divisione del lavoro in famiglia: la pandemia pesa sulle donne. InGenere, La Voce.info, La 27esima Ora, 12 aprile 2021
La pandemia dovuta al COVID-19 e la conseguente quarantena si caratterizzano quali eventi stressanti e tali da determinare effetti in termini non solo di salute fisica, ma anche di benessere generale e salute mentale. L’obiettivo di dello studio è quello di osservare le reazioni della popolazione generale in relazione a tali eventi rispetto alle seguenti variabili: a) grado di disagio psicologico percepito; b) strategie di coping utilizzate; c) tratti personologici; d) presenza o meno di trauma pregresso; e) variabili associate a COVID-19. L’obiettivo secondario è quello di rintracciare eventuali differenze all’interno dello stesso campione. Lo studio presenta interessanti risultati che segnalano come la reazione di fronte ad eventi stressanti possa variare da individuo a individuo e come i tratti personologici e le strategie di coping fungano da possibili fattori predisponenti, rivestendo un ruolo cruciale nel prevenire o, al contrario, favorire un livello di disagio in termini di sofferenza psicologica e di manifestazione sintomatologica.
Femia G, et al. Gli effetti psicologici della pandemia: strategie di coping e tratti di personalità. Cognitivismo clinico (2020) 17, 2, 119-135
Primo incontro dei "Seminari Donne e Diritti: Prospettive tra Ricerca e Territorio" (III Edizione). L'incontro con l'avvocata Samuela Frigeri, Presidente del Centro Antiviolenza di Parma inaugura la terza edizione dei Seminari" organizzati e coordinati da Fausto Pagnotta all'interno dell'insegnamento in Sociologia delle disuguaglianze di genere tenuto dal docente nell’ambito del Corso di Laurea Triennale in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali del Dipartimento di Giurisprudenza, Studî Politici e Internazionali dell’Università di Parma.
Secondo uno studio dell'Istituto San Raffaele, circa un terzo dei pazienti ricoverati per forme gravi di Covid19, continuano a manifestare sintomi psicopatologici quali depressione, ansia, insonnia, sindrome da stress post-traumatico, tre mesi dopo la dimissione ospedaliera.
In particolare, i sintomi depressivi sono quelli più persistenti, e la loro gravità è risultata direttamente correlata allo stato infiammatorio sistemico che accompagna le forme gravi di infezione da Covid, nei mesi successivi la guarigione dalla fase acuta. La depressione e l'infiammazione, inoltre, sono correlate alla riduzione delle capacità neuro-cognitive (conseguenze tipiche degli stati depressivi), quali attenzione, memoria, coordinamento psicomotorio, fluenza del linguaggio.
Perciò, va monitorata attentamente e curata l'infiammazione, per evitare la persistenza dei fenomeni depressivi; per questi ultimi, inoltre, si raccomanda un'adeguata presa in carico, in modalità accurata e personalizzata, attraverso le terapie psicologiche e farmacologiche che si sono dimostrate efficaci.
Lo studio, coordinato dal prof. Benedetti (responsabile dell'unità di ricerca in Psichiatria e Psicobiologia Clinica dell'IRCCS San Raffaele), è l'estensione della precedente ricerca, pubblicata ad agosto 2020, che aveva indagato le conseguenze psichiatriche dell'infezione da Covid un mese dopo la dimissione ospedaliera di 226 pazienti, e prevede un ulteriore monitoraggio dei pazienti post dimissione a 6 mesi attraverso dei follow up periodici.
Mazza Mario Gennaro, Palladini Mariagrazia, Rebecca De Lorenzo, Magnaghi Cristiano, Poletti Sara, Furlan Roberto, Ciceri Fabio, Rovere-Querini Patrizia, Benedetti Francesco, Persistent psychopathology and neurocognitive impairment in COVID-19 survivors: effect of inflammatory biomarkers at three-month follow-up, Brain, Behavior, and Immunity, 2021
L’Istituto Superiore di Sanità organizza e coordina lo studio “COVID-19 e salute mentale perinatale: impatto del COVID-19 sul vissuto e lo stato emotivo in epoca perinatale delle donne in contatto con i Consultori Familiari (CF)". Lo studio ha come obiettivo di raccogliere informazioni sull’impatto della pandemia sulla salute mentale delle donne in gravidanza o con un bimbo/a fino ai sei mesi di età, dar voce alla loro esperienza nei servizi del percorso nascita e ai loro bisogni di assistenza. Avviato nel mese di ottobre, lo studio mira a coinvolgere le utenti dei CF di 9 Aziende sanitarie collocate in 8 Regioni italiane.
Le partecipanti compilano online la versione italiana del questionario Coronavirus Perinatal Experiences Impact Survey (COPE-IS) messo a punto negli USA nel marzo 2020 da un gruppo di esperti e adattato al contesto europeo.