Come riportano i quotidiani le notizie di femminicidio? Un'analisi di lessico e sintassi attraverso tecniche di text mining
a cura di Selene Bianco, Carlo Mamo. Servizio sovrazonale di Epidemiologia, ASL TO3, Regione Piemonte

La violenza sulle donne è uno dei risultati più radicali delle differenze di genere nella salute, perché deriva dalla distorta considerazione di alcuni uomini verso i ruoli, diritti e doveri delle donne nella società. Il setting familiare in cui spesso si compiono, con ripetitività, tali violenze, determina paura e riluttanza delle vittime a denunciare l’aggressore. Se non riconosciute in tempo, alle ripercussioni fisiche e mentali possono seguire conseguenze estreme, come il femminicidio.

La crescente attenzione rivolta al problema, anche dal punto di vista legislativo, si associa ad una maggiore attenzione verso le tecniche di comunicazione, che risultano espressione del contesto sociale e culturale. Nel caso degli organi di informazione a maggiore diffusione (tra cui i quotidiani a maggiore tiratura), il linguaggio utilizzato per trattare la notizia può essere considerato una valida espressione della visione e percezione del problema nella società.

Di recente, l’argomento è stato posto al centro dell’attenzione mediatica ed il linguaggio usato dai giornali può essere considerato una valida espressione della percezione del problema nella società. Ci è sembrato utile provare ad analizzare il linguaggio giornalistico con tecniche di text mining. Queste permettono l'estrazione di informazioni implicite a partire da testi non strutturati (1,2) effettuando un’analisi sintattica e semantica del testo, calcolando la frequenza delle parole utilizzate ed individuando associazioni tra queste ultime.

In uno studio precedente (3) ci eravamo concentrati sugli aspetti di salute legati al femminicidio, cercando un potenziale legame con gli accessi al Pronto Soccorso precedenti al decesso. Per le stesse vittime, uccise in Piemonte tra il 2005 ed il 2010 (4), abbiamo cercato i testi da analizzare negli archivi de La Stampa eLa Repubblica. Neicasi in cui i due quotidiani non avessero riportato la notizia, la ricerca è stata estesa ad altre testate (Corriere della Sera, testate locali, …). Infine, per ciascuna testata è stato scelto il primo articolo pubblicato sull’uccisione.

Per svolgere le analisi, ci siamo avvalsi del software open source Freeling (versione 2.2) (5,6). Grazie ad esso si è potuto associare a ciascuna parola un lemma corrispondente (nel caso dei verbi il modo infinito, per gli aggettivi il singolare maschile, ecc...) e la sua classificazione grammaticale. Successivamente è stato possibile calcolare sia le frequenze delle parole sia le loro relazioni all’interno della stessa frase.

Grazie alla preziosa consulenza di un giornalista de La Stampa, siamo riusciti a dare un’interpretazione non solo quantitativa dei risultati ottenuti, da cui sono emersi alcuni punti chiave dal punto di vista dell’utilizzo del linguaggio.

Il femminicidio, nella maggior parte dei casi, avviene tra le mura domestiche, per questo la parola casa è tanto frequente quanto centrale nel quadro delle relazioni tra parole. La maggior parte di questi omicidi è seguita dall’Arma piuttosto che dalla polizia: infatti un’altra delle parole più frequenti è proprio carabiniere.

Come ci si poteva aspettare da un confronto con l’italiano standard (7,8), termini relativi all’assassinio come uccidere, morta, accoltellata, omicida, strangolare compaiono con una frequenza nettamente maggiore. In particolare, la preferenza del termine uccidere rispetto ai suoi sinonimi come ammazzare, assassinare, freddare, sopprimere, trucidare è probabilmente dovuta a due motivi. In primo luogo, alcuni di questi sinonimi sono usati di più in altri contesti o sono usciti dal linguaggio giornalistico perché troppo crudi. Inoltre, la parola “uccidere” ha pochi caratteri ed è preferita da un linguaggio giornalistico che tende a utilizzare parole più corte per ristrettezza di spazio.

Spesso, per indicare l’assassino e la sua vittima, non si usano le parole uomo o donna, ma il rapporto sentimentale tra essi, vivo o interrotto. A uccidere è l’ex, molto spesso a essere uccisa è la fidanzata. Il ruolo della vittima assume centralità e spesso porta con sé descrizioni diverse. Per esempio, la fidanzata viene uccisa sparandole con un colpo di pistola. Alla moglie, invece, tendenzialmente si toglie la vita.

Oltre al ruolo della donna nella coppia, cambia il linguaggio a seconda che si tratti di una donna italiana o straniera. Aggettivi come “sessuale” e “passionale”, frequenti quando si parla di vittime straniere, non occorrono mai negli articoli relativi alle vittime italiane, nonostante le vittime italiane siano molto di più delle vittime straniere (33 contro 9). Anche la parola “violenza” è usata in maniera differente (occorre nel 0,05% delle parole lemmatizzate relative a vittime italiane, contro lo 0,33% di quelle relative alle straniere).

Un altro risultato che spicca è l’uso del verbo uccidere. La vittima è il soggetto dell’uccisione (es. “Maria è stata uccisa”) solo nel 26% dei casi, che diventa il 30% se si scrive di vittime italiane, contro il 9% di quelle straniere. Negli altri casi è sempre l’oggetto, mettendo in primo piano, invece, l’assassino. Questa modalità discriminatoria di comunicazione è ancora più accentuata se si scrive di vittime straniere.

In generale la vittima, dopo una prima descrizione, è rappresentata come un corpo, inanimato, senza vita. Una vittima ha smesso di parlare, di raccontare, non offre spunti. Questo la mette in secondo piano nel racconto, in maniera analoga al suo essere oggetto dell’uccisione e non soggetto.

Questo è un problema serio nel linguaggio giornalistico derivante in parte da una cultura poco attenta alla vittima. Un assassino, invece, ha ancora una “vita giornalistica”: deve spiegare il suo gesto, viene interrogato, subisce delle azioni come l’arresto.

Il linguaggio usato negli articoli che abbiamo analizzato sembra penalizzare ulteriormente le vittime di femminicidio, soprattutto se straniere, ponendo sempre in primo piano l’uomo autore del delitto. Il dar centralità alla vittima piuttosto che all’omicida, potrebbe essere il punto di partenza per modificare quei meccanismi che fanno del femminicidio la conseguenza di un radicato sentimento distorto dei rapporti di genere. Perché probabilmente, nel combattere la lotta alla violenza di genere, i media potrebbero avere un ruolo chiave.

Bibliografia

  1. Bolasco S. Statistica testuale e text mining: alcuni paradigmi applicativi, Quaderni di Statistica Vol. 7, 2005, 17-53.
  2. Gupta V,e Lehal G.S. A Survey of Text Mining Techniques and Applications, Journal of Emerging Technologies in Web Intelligence 2009; Vol 1, No 1, pp. 60-76.
  3. http://www.dors.it/pag_pdf.php?idcm=5130
  4. Casa delle donne http://femicidiocasadonne.wordpress.com/ricerche-pubblicazioni/
  5. http://nlp.lsi.upc.edu/freeling/
  6. Padrò L. e Stanilovsky E. FreeLing 3.0: Towards Wider Multilinguality. Proceedings of the Language Resources and Evaluation Conference (LREC 2012) ELRA. Istanbul, Turkey. May, 2012.
  7. Laudanna A. et al. Un corpus dell'italiano scritto contemporaneo dalla parte del ricevente. In S. Bolasco, L. Lebart e A. Salem (a cura di). III Giornate internazionali di Analisi Statistica dei Dati Testuali. 1995; Volume I, pp. 103-109.
  8. http://linguistica.sns.it/CoLFIS/Home.htm

 Per contatti:

Selene Bianco (1), Marina Penasso (2), Marta Girotto (1), Raphael Zanotti (3), Luisa Mondo (1), Marco Dalmasso (1), Carlo Mamo (1).

(1) Servizio sovrazonale di Epidemiologia ASL TO 3, Grugliasco (TO)

(2) Dors, Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, Regione Piemonte, Grugliasco (TO)

(3) Giornalista de La Stampa

 


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