Prove crescenti suggeriscono che durante la pandemia di COVID-19, l'ansia e la depressione durante il periodo perinatale sono aumentate. Lo scopo dello studio è stimare la prevalenza del rischio di depressione e ansia materna tra le donne che frequentano 18 centri sanitari in Italia durante la pandemia SARS-COV-2 e indagare i rischi psicosociali e i fattori protettivi associati. Si è articolato in una fase retrospettiva (2019, 2020 e primi nove mesi del 2021) e in una fase prospettica (iniziata a novembre 2021 e tuttora in corso), che hanno esaminato rispettivamente 12.479 e 2349 donne, per un totale di 14.828 donne nel periodo perinatale. Per valutare il rischio di ansia e depressione, sono stati utilizzati il General Anxiety Disorder-7 (GAD-7), l'Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) e un modulo ad hoc per raccogliere le variabili sociodemografiche. Nello studio prospettico, l'età media delle donne è di 31 (range 18-52) anni. I risultati hanno mostrato che la percentuale di donne con punteggio EPDS ≥9 è aumentata dall'11,6% nel 2019 al 25,5% nel periodo che va da novembre 2021 ad aprile 2022. Nei modelli di regressione logistica, le variabili associate al rischio di depressione a un livello ≤ 0,01 include avere problemi economici (OR 2,16) e non poter contare sul sostegno di parenti o amici (OR 2,36). Avere lo status professionale di casalinga è un rischio minore (OR 0,52). Quelli associati al rischio di ansia includono l'essere italiani (OR 2.97), avere un'istruzione inferiore a quella della scuola secondaria (OR 0.47), avere alcuni o molti problemi economici (OR 2.87), non poter contare sul sostegno di parenti o amici (OR 2.48), e non aver frequentato un corso prenatale (OR 1.41). I dati di questa indagine potrebbero essere utili per determinare l'impatto della pandemia SARS-COV-2 sulle donne e per stabilire un programma di screening con criteri comuni e uniformemente applicati che siano coerenti con i programmi nazionali e internazionali di salute mentale delle donne.
Camoni, L.; Mirabella, F.; Gigantesco, A.; Brescianini, S.; Ferri, M.; Palumbo, G.; Calamandrei, G.; on behalf of the Perinatal Mental Health Network. The Impact of the COVID-19 Pandemic on Women’s Perinatal Mental Health: Preliminary Data on the Risk of Perinatal Depression/Anxiety from a National Survey in Italy. Int. J. Environ. Res. Public Health 2022, 19, 14822. https://doi.org/10.3390/ijerph192214822
La chiusura delle scuole durante la prima fase della pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto negativo sul benessere psicologico degli studenti. Ma non in che modo ha inciso la chiusura prolungata? Una revisione sistematica affronta il tema.
Ricerche precedenti allo studio suggerivano che l'allenamento alla consapevolezza (MT) fosse efficace nel migliorare la salute mentale nei giovani. MT si propone di lavorare migliorando il controllo esecutivo in contesti carichi di affettività. Tuttavia, non è chiaro se la MT migliori tale controllo nei giovani. MT sembra mitigare le difficoltà di salute mentale durante i periodi di stress, ma qualsiasi effetto attenuante contro le difficoltà legate al COVID rimane non esaminato. Obiettivo dello studio era valutare se la MT (intervento) rispetto alla psicoeducazione (Psy-Ed; controllo), implementata nelle classi del doposcuola 1.migliora il controllo esecutivo affettivo; 2. mitiga gli impatti negativi sulla salute mentale della pandemia di COVID-19. Lo studio ha visto coinvolti 460 studenti di età compresa tra 11 e 16 anni: MT (N=235), Psy-Ed (N=225). I risultati non hanno fornito prove che la versione di MT utilizzata i abbia migliorato il controllo esecutivo affettivo dopo l'allenamento o mitigato le conseguenze negative sulla salute mentale della pandemia COVID-19 rispetto a Psy-Ed. Non sono stati segnalati eventi avversi. Non ci sono quindi prove che la MT migliori il controllo affettivo o la salute mentale dei giovani durante i periodi di stress.
Si tratta di uno studio qualitativo descrittivo condotto secondo la metodologia del Teatro Sociale e di Comunità con il coinvolgimento delle reti interne: Direzioni, gruppi infermieristici e sanitari e partenariato esterno (antropologi, psicologi, artisti
Cinquecento persone sono state coinvolte in due eventi in cui hanno condiviso storie di operatori sanitari e famiglie dei pazienti.
L'esperienza ha creato le condizioni per l'uso strutturato della metodologia al fine di rafforzare le competenze di vita negli operatori sanitari per la gestione degli eventi, che genera alti livelli di stress lavorativo.
Implicazioni infermieristiche: Riflessione sull'importanza di dare voce e condividere le esperienze nelle comunità multiprofessionali e sociali per dare senso al senso etico e umano del proprio agire nella relazione di cura.
Costamagna G, Fiumano' G, Trentalange A, Laezza A, Dall'Acqua M. Social and community theatre as a response to the stress experienced by nurses, health professionals, and the relatives of those treated during the pandemic: the experience of the Mauriziano Hospital. Prof Inferm. 2021 Oct-Dec;74(4):263.
Uno studio pilota dell'Università di Seattle ha valutato la fattibilità e adeguatezza di un programma basato sul coaching di gruppo, mirato alla riduzione dello stress e all'aumento delle competenze di resilienza, realizzato all'interno di un ospedale durante la pandemia di COVID-19.
Oggetto dello studio è stato il follow up del programma, da settembre 2020 ad aprile 2021, a cui hanno partecipato 153 operatori ospedalieri, sanitari e non, che al termine del programma hanno espresso elevati livelli di soddisfazione, capacità di tenere a mente quanto appreso, motivazione alla frequenza. Inoltre, le misurazioni effettuate attraverso scale validate hanno dato come risultato un aumento di resilienza percepita, e una riduzione di stress, ansia, burn-out.
Pertanto, programmi validati di rinforzo/sviluppo delle competenze di resilienza possono migliorare gli esiti di salute mentale negli operatori che lavorano in ospedale.
Nello specifico si tratta del Promoting Resilience in Stress Management Program (PRISM), un programma standardizzato di coaching di gruppo di 6 settimane, sviluppato orginariamento per adolescenti e giovani adulti con malattie croniche, adattato agli operatori sanitari e allo staff ospedaliero ("PRISM at Work") * e alla situazione pandemica (erogato attraverso video).
Yi-Frazier JP, O’Donnell MB, Adhikari EA, et al. Assessment of Resilience Training for Hospital Employees in the Era of COVID-19. JAMA Netw Open. 2022;5(7):e2220677
Da fine giugno a fine settembre 2021 sono stati intervistati circa 13.000 medici statunitensi di varie discipline/specialità, riguardo alla propria salute mentale e al burnout derivante dall'esperienza pandemica di questi ultimi 2 anni. Durante il I anno di pandemia di covid19 i tassi di burnout - definito come stress di lunga durata, legato alla situazione lavorativa, con conseguenti esaurimento, cinismo, fuga dalle responsabilità, mancanza di realizzazione personale - si erano mantenuti stabili, nel 2021 però c'è stato un incremento elevato soprattutto tra i medici del pronto soccorso (dal 43% al 60%).
I medici hanno raccontato di aver utilizzato strategie di fronteggiamento quali: praticare attività ed esercizio fisico (48%), autoisolarsi dalle famiglie (45%), l'alimentarsi con "cibo spazzatura" (35%), e bere (24%). Per quanto riguarda le altre categorie di medici, l'impatto del ritorno al lavoro post lockdown, e lo stress correlato al covid, lo staff numericamente ridotto, e l'ansia per la salute dei propri familiari ha contribuito a un tasso di burnout più alto rispetto a quello del primo anno di pandemia, quando la quarantena aveva temporaneamente chiuso gli ambulatori e i presidi sanitari.
Dors propone il lavoro del gruppo “Psicologi In Divenire” che parla dell'impatto del covid-19 sulla popolazione vulnerabile attraversando gli anni della pandemia e concentrandosi sulle dinamiche di sofferenza che hanno riguardato – e continuano a influenzare – tutti i livelli, dall’individuale al familiare, dall’istituzionale all’organizzativo e al sociale/comunitario.
Isole educative è una nuova distribuzione degli spazi piacevole – ma non ha una finalità puramente estetica per quanto essa sia importante - che porta benessere e si fonda sui riferimenti normativi e scientifici. Non è arredo ma è un’idea dell’aula possibile. Dors dialoga con gli autori sugli aspetti di trasferibilità di questa esperienza.
In una recente intervista pubblicata su JAMA, Sterling Ransone Jr, presidente dell' Accademia americana dei medici di famiglia (American Academy of Family Physicians), ha evidenziato la situazione critica in cui si trova la popolazione rispetto ai problemi di salute mentale, a partire da fonti e dati ufficiali.
Secondo quanto riportato su un documento strategico/Statement della Casa Bianca di marzo 2022 incentrato sulla "crisi nazionale nella salute mentale" (https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2022/03/01/fact-sheet-president-biden-to-announce-strategy-to-address-our-national-mental-health-crisis-as-part-of-unity-agenda-in-his-first-state-of-the-union/), negli USA 2 persone su 5 presentano sintomi ansioso-depressivi, e 1 studente di scuola media superiore su 3 riferisce una persistente tristezza o senso di disperazione: i tassi di depressione e ansia erano già elevati prima della pandemia di COVID-19, ma - si legge nello Statement "il trauma, il dolore, i lutti e l'isolamento hanno portato la popolazione a un punto di rottura".
Vari studi hanno infatti documentato che dopo il picco pandemico sono aumentate le visite effettuate nei dipartimenti di salute mentale in situazioni di urgenza, soprattutto per quanto riguarda i giovani e le persone appartenenti a comunità etniche minoritarie, e si è abbassata l'età dei giovani che necessitano di un ricovero in reparto psichiatrico.
Ecco perchè enti autorevoli quali l' American Academy of Pediatrics, l' American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, e il Children’s Hospital Association hanno dichiarato la salute mentale una emergenza nazionale.
Tra le cause identificate:
-il divario tra le risorse professionali presenti e la richiesta di assistenza/cure di salute mentale da parte soprattutto dei giovani (negli USA si stima che ci siano 14 psichiatri specializzati nell'età evolutiva per 100.000 adolescenti, e in alcuni Stati neppure uno psichiatra)
- la scarsa integrazione tra settori diversi della medicina e i diversi professionisti
- la scarsa attenzione alla prevenzione in ambito comunitario
Tra le possibili azioni da intraprendere, secondo l'APA - American Psychological Association:
- ampliamento della forza lavoro dei professionisti della salute mentale in termini di numero e di tipologia - telemedicina - migliore integrazione dei professionisti clinici della salute mentale all'interno delle èquipe di cure primarie e dei contesti comunitari quali ad esempio le scuole, secondo il Collaborative Care Model - realizzazione di iniziative rivolte alla popolazione community-based, a scopo preventivo e in risposta ai bisogni locali - modifiche a livello organizzativo per supportare meglio i clinici all'interno del luogo di lavoro
- programmi formativi e tirocini sul campo per gli studenti universitario per aumentare le conoscenze rispetto alle diverse sfaccettature della salute mentale in età evolutiva: viene citato ad es. CAPIE, il programma di eccellenza dell'Università californiana San Diego / cattedra di psichiatria del bambino e dell'adolescente (che prevede tra le varie cose un project work nel setting comunitario e la creazione di una mentorship intergenerazionale) https://psychiatry.ucsd.edu/education-training/medical-student-high-school-programs/child-adolescent-psychiatry-inclusive-excellence/about/index.html)
- sostegno ai medici di famiglia e ai professionisti delle cure primarie nella gestione dei problemi comuni di salute mentale (ad es. ansia generalizzata, depressione, insonnia, problemi comportamentali), che durante la pandemia si sono già trovati ad intensificare del 71% la quantità del tempo dedicato ai loro pazienti per problematiche di salute mentale, spesso correlate a problemi fisici quali ad esempio ridotta attenzione in situazioni di cardiopatie e patologie croniche
- cure integrate di salute mentale, con l'integrazione tra medici di base e psichiatri per le situazioni complesse quali ad esempio la schizofrenia, anche al fine di decongestionare i servizi sanitari
Kuehn BM. Clinician Shortage Exacerbates Pandemic-Fueled “Mental Health Crisis”. JAMA. 2022;327(22):2179–2181. doi:10.1001/jama.2022.8661
Indagine per capire gli effetti della pandemia sul neurosviluppo e sulla salute mentale di bambini e adolescenti e gli effetti delle misure governative, attuate per contenere l'emergenza.
La ricerca è durata un anno e proseguirà per altri due, coinvolgendo fino a 35.000 minorenni dai 6 ai 18 anni ..Per realizzarla sono stati ascoltati oltre 90 esperti tra neuropsichiatri infantili, pediatri, assistenti sociali, psicologi, pedagogisti e docenti.
Tra le emergenze segnalate: disturbi del comportamento alimentare, ideazione suicidaria (tentato suicidio e suicidio), autolesionismo, alterazioni del ritmo sonno-veglia e ritiro sociale. In ambito educativo disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione e del linguaggio, disturbi della condotta e della regolazione cognitiva ed emotiva, oltre a paura del contagio, stato di frustrazione e incertezza rispetto al futuro, generando insicurezza e casi di abbandono scolastico. È stato inoltre riportato un aumento delle richieste d’aiuto per l’uso di sostanze psicoattive, cannabinoidi e alcool, mentre i minori migranti non accompagnati hanno manifestato difficoltà nella gestione dell’isolamento e della quarantena nelle strutture di accoglienza.
Gli esperti hanno definito questo stato di cose una vera e propria “emergenza salute mentale”. Vi è stato un aumento esponenziale delle richieste di aiuto che hanno fatto emergere carenze e ritardi strutturali. Bambini, ragazzi e famiglie si sono trovati spesso costretti a rivolgersi ai privati con impegni economici rilevanti e difficilmente sostenibili, che hanno aumentato le disuguaglianze. Allo stesso tempo il lockdown ha fatto scoprire il potenziale della telemedicina applicata alla salute mentale.
Occorre investire rapidamente in formazione degli operatori e in tecnologie specifiche per assistere bambini e ragazzi. I problemi connessi al neurosviluppo e alla salute mentale, che hanno ricevuto insufficienti risposte, rischiano di subire un processo di cronicizzazione di disagio mentale su vastissima scala.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ribadisce la centralità della salute mentale nella vita degli individui. In particolare, in relazione all’attuale periodo storico, viene sottolineato che la salute mentale necessita di una considerazione al pari di quella fisica. Sono considerate fondamentali le azioni di programmazioneprevenzione e cura che superino frammentarietà regionale e locale. L'offerta di servizi deve rispondere, quindi, ad una vision globale che si declini a livello territoriale tramite una rete ben strutturata e coordinata tra tutti i sistemi che si occupano di infanzia, adolescenza e famiglia, inclusi il settore educativo e il terzo settore in una logica di welfare circolare e sussidiario. La fase post-pandemica può essere utilizzata come occasione di miglioramento del sistema di monitoraggio, prevenzione, cura e assistenza delle persone di minore età, fortemente messi sotto sforzo negli ultimi mesi.
Il 12 aprile si è svolto a Torino il Convegno su “Healing Garden – il giardino parlante”, organizzato dall’Ospedale Mauriziano in collaborazione con una rete di partner locali tra cui DoRS Regione Piemonte. Il convegno è una tappa del progetto del Rito Laico del 2022 che si svolgerà il 4 luglio.
Obiettivo dello studio è stato verificare se l'efficacia del vaccino COVID-19 diminuisce nel tempo, questione fondamentale per informare la politica sui vaccini e la tempistica delle dosi di richiamo. L'efficacia del vaccino contro la malattia grave è rimasta elevata dopo 6 mesi, mentre è diminuita di circa 20-30 punti percentuali contro l'infezione e la malattia sintomatica.
Durante la pandemia di COVID-19 lo stress psicologico del periodo perinatale è aumentato. Una revisione sistematica (81 studi, 132.917 partecipanti comprendenti donne incinte o che avevano appena partorito) ha evidenziato l'aumento della prevalenza del disturbo ansioso-depressivo dal 20 al 64% durante la pandemia (Iyengar U, Jaiprakash B, Haitsuka H, Kim S, 2021). Uno studio statunitense trasversale su larga scala ha confermato questi risultati, rilevando livelli clinici di depressione al 36% nelle donne nel periodo perinatale (in gravidanza o con un bimbo fino a 6 mesi: fonte ISS-Epidentro), più elevati rispetto alla prevalenza stimata pre-pandemia dall'11 al 17%. I cambiamenti inerenti la cura/assistenza pre e perinatale, conclusa la mancanza di supporto durante il parto e nella successiva fase di recupero, possono aver contribuito ad aumentare la percezione dello stress. Le donne che hanno partorito durante la pandemia hanno reagito al parto/nascita con una risposta elevata ad uno stress acuto, correlata all'aumento di sintomi da disturbo post traumatico da stress e problemi riguardanti l'allattamento e l'attaccamento (sviluppo del legame, emotivamente significativo, con la figura principale di accudimento: teoria di Bowlby, 1983).
L'articolo esamina le possibili conseguenze sulla salute mentale delle donne e lo sviluppo del bebè durante il periodo perinatale, ed evidenzia le disuguaglianze provocate da "barriere strutturali" (quali, ad esempio, la ridotta accessibilità ai servizi da parte di donne con status socio-economico svantaggiato o appartenenti a minoranze etniche e linguistiche) da eliminare per ridurre lo stress psicologico delle neo mamme e migliorare la salute mentale materno-infantile.
Shuffrey LC, Thomason ME, Brito NH. Improving Perinatal Maternal Mental Health Starts With Addressing Structural Inequities. JAMA Psychiatry. Published online March 09, 2022. doi:10.1001/jamapsychiatry.2022.0097
Sebbene siano riconosciuti gli impatti negativi del COVID-19 sulla salute mentale globale dei giovani e dei giovani adulti, è stata prestata meno attenzione ai giovani LGBTQ, una popolazione storicamente trascurata nell'assistenza sanitaria, nelle politiche e nella ricerca, nonostante l'evidenza di elevati bisogni di salute mentale insoddisfatti. Sfortunatamente, è probabile che la pandemia abbia effetti negativi di vasta portata sulla salute e sul benessere delle persone LGBTQ.
Prima del COVID-19, i giovani LGBTQ sopportavano un carico sproporzionato di problemi di salute mentale, con la loro identità sessuale e di genere come fattori di rischio per vittimizzazione, traumi, discriminazione e abusi. Inoltre, i giovani LGBTQ, in particolare i giovani non binari e transgender, sono a rischio più elevato di depressione, suicidio, uso di sostanze e ansia. Le misure di controllo del COVID-19, come blocchi, lavoro da casa, chiusura delle scuole e apprendimento a distanza, potrebbero aver esacerbato questi disturbi mentali. Sebbene le conoscenze sull'impatto a lungo termine del COVID-19 sulla salute mentale dei giovani LGBTQ siano ancora in evoluzione, la ricerca preliminare suggerisce che i giovani LGBTQ siano colpiti in modo sproporzionato dalla pandemia. Inoltre, i giovani LGBTQ che vivono in case senza supporto sono vulnerabili agli abusi, non si sentono sicuri di esprimersi o sono tagliati fuori dai coetanei. Dall'inizio della pandemia di COVID-19, oltre il 50% dei giovani delle minoranze sessuali e di genere negli Stati Uniti ha segnalato un aumento di ansia o sintomi depressivi. I fattori che possono determinare tali risultati sono l'isolamento dai sistemi di supporto, l'assenza di supporto familiare e le interruzioni dei servizi sanitari. La mancanza di sostegno familiare è particolarmente allarmante dato che i giovani LGBTQ che subiscono il rifiuto dei genitori sono a maggior rischio di suicidio e depressione. Sebbene si sappia meno sui giovani transgender, la ricerca prima di COVID-19 suggerisce che i giovani transgender sperimentino tassi più elevati di rifiuto dei genitori rispetto ai giovani cisgender.
Inoltre, i giovani con identità intersezionali, come i neri, gli indigeni e le persone di colore (BIPOC), le persone con uno status socioeconomico basso e i giovani LGBTQ senza fissa dimora, sono particolarmente vulnerabili durante la pandemia. Anche i giovani LGBTQ BIPOC e con uno status socioeconomico basso possono avere accesso ridotto ai servizi a causa delle barriere risultanti dalla combinazione della loro identità sessuale e di genere, etnia e status socioeconomico. È quindi urgente affrontare il bilancio sproporzionato di COVID-19 sui giovani LGBTQ.
Fondamentalmente, la pandemia ha interrotto i servizi di salute mentale in un momento in cui la necessità di tali servizi è aumentata, con i giovani e i servizi scolastici particolarmente colpiti.
Operatori sanitari, ricercatori, insegnanti, responsabili politici e membri della comunità hanno tutti un ruolo nel sostenere la salute mentale dei giovani LGBTQ. In primo luogo, gli operatori sanitari hanno bisogno di una formazione sulle cure e sui problemi unici che i giovani LGBTQ potrebbero dover affrontare a causa dell'impatto della pandemia di COVID-19. La formazione dovrebbe essere intersezionale e includere argomenti come lo sviluppo dell'identità, un linguaggio non stigmatizzante e le preoccupazioni e le esigenze specifiche dei giovani LGBTQ. Gli operatori sanitari dovrebbero continuare a fornire servizi di telemedicina riservati ai giovani che non hanno accesso ai servizi di persona pur riconoscendo i potenziali problemi di privacy per i giovani che vivono in ambienti non sicuri o scomodi. In secondo luogo, i dirigenti scolastici e gli amministratori devono fornire e promuovere spazi sicuri e inclusivi per i giovani LGBTQ quando tornano a scuola, inclusa la fornitura di salute mentale di persona e di servizi online. In terzo luogo, le politiche e gli interventi basati sull'evidenza dovrebbero includere il linguaggio e le questioni specifiche per LGBTQ e aumentare l'accesso ai servizi convenienti e affermativi. È anche essenziale affrontare le barriere strutturali, comprese le istituzioni e le politiche prevenute e discriminatorie.
Infine, nella ricerca sanitaria continua a persistere un divario di conoscenze sulle questioni relative ai giovani LGBTQ. Gli studi dovrebbero essere progettati in modo migliore per catturare in modo accurato e completo la salute e il benessere dei giovani LGBTQ. La salute mentale dei giovani LGBTQ è una questione globale e la ricerca dovrebbe riflettere e indagare sulle esperienze dei giovani LGBTQ nei paesi a basso e medio reddito. I ricercatori dovrebbe collaborare con le popolazioni LGBTQ e gli esperti di salute LGBTQ e fornire opzioni per rivelare l'orientamento sessuale e di genere durante la raccolta di dati sociodemografici. Gli studi dovrebbero mirare a comprendere in modo completo le esigenze diverse e in evoluzione dei giovani LGBTQ mentre affrontano la pandemia; una migliore ricerca informa meglio le politiche per migliorare la salute e il benessere dei giovani LGBTQ. Bisogna creare spazi che promuovano la resilienza e l'azione per i giovani LGBTQ nelle comunità e istituzioni.
Ormiston CK, Williams F. LGBTQ youth mental health during COVID-19: unmet needs in public health and policy. Lancet (London, England). 2022 Feb;399(10324):501-503.
La ricerca di Unicef si è proposta di studiare lo specifico impatto della pandemia sulla sicurezza e sul benessere delle ragazze e delle donne rifugiate e migranti in Italia. La ricerca si è concentrata su ragazze e donne rifugiate e migranti per via dell’intersezionalità delle vulnerabilità legate al loro genere e al loro status migratorio. I risultati mostrano che la pandemia ha peggiorato le già precarie condizioni economiche e di benessere psicosociale delle ragazze e delle donne rifugiate e migranti in Italia. Le misure di distanziamento sociale hanno aumentato il senso di solitudine percepito da chi, a fronte del percorso migratorio, può contare solo su limitate reti di supporto familiari e amicali. In particolare, le ragazze adolescenti, le giovani donne e le madri hanno riferito un aumento dei livelli di stress causato da una combinazione di fattori preesistenti e nuovi, tra cui le misure di distanziamento sociale, l’interruzione o il rallentamento delle opportunità di apprendimento, l’aumento delle responsabilità nella cura dei figli, la riduzione delle risorse per provvedere alla famiglia a causa delle gravi difficoltà economiche.
Lo studio ha rivelato che le misure di contenimento di COVID-19 (come le restrizioni di movimento e il distanziamento sociale) e l’impatto socio-economico della pandemia hanno aumentato i rischi di violenza di genere per le ragazze e le donne rifugiate e migranti, sia negli spazi abitativi che negli spazi pubblici, aggravando le molteplici vulnerabilità preesistenti e creandone di nuove. La maggior parte dei/delle partecipanti ha ritenuto che la pandemia abbia esacerbato i principali fattori scatenanti della violenza, tra cui la coesistenza forzata in spazi piccoli e/o sovraffollati, il sostegno sociale limitato, le difficoltà economiche e la precarietà lavorativa, il rallentamento delle opportunità di apprendimento, la xenofobia e l’aumento della tensione sociale alimentata dall’emergenza sanitaria. Le ragazze adolescenti e le giovani donne sono state particolarmente esposte a episodi di molestie e discriminazione per strada.
I risultati mostrano anche che la pandemia ha ostacolato l’invio tempestivo a servizi specializzati delle persone sopravvissute a violenza di genere che vivono in strutture di accoglienza, così come le procedure per mitigare il rischio di violenza di genere all’interno di alcune di queste strutture, come risultato della riduzione del personale, di condizioni abitative sovraffollate e della privacy limitata.
Lo studio indica che la pandemia non solo ha esacerbato gli ostacoli che le ragazze e le donne rifugiate e migranti già affrontavano nell’accedere ai servizi di contrasto alla violenza di genere, ma ne ha anche creati di nuovi. Come risultato delle restrizioni legate al COVID-19, molti servizi sono stati ridotti o hanno dovuto ricorrere a modalità operative da remoto, il che ha creato ulteriori difficoltà per le ragazze e le donne rifugiate e migranti in cerca di aiuto, dato il loro limitato accesso a strumenti tecnologici e digitali e a spazi privati, e a causa di diffuse barriere linguistiche. Diverse ragazze adolescenti e giovani donne hanno riferito di una limitata consapevolezza dei servizi disponibili durante la pandemia e della difficoltà nel tenere il passo con i cambiamenti dei regolamenti relativi alle modalità di fruizione e agli orari di apertura dei servizi.
Da questo studio sono emerse tre raccomandazioni chiave: - Dare priorità allo sviluppo e l’attuazione di meccanismi di prevenzione e mitigazione della violenza di genere e promuovere l’empowerment di ragazze e donne rifugiate e migranti. - Promuovere l’accesso inclusivo e sicuro ai servizi di contrasto alla violenza di genere per le ragazze e donne rifugiate e migranti, e rafforzare la capacità di questi servizi di rispondere ai loro bisogni specifici. - Rafforzare la preparazione e la capacità di adattamento dei servizi di contrasto alla violenza di genere a livello locale e centrale per assicurare la tempestiva presa in carico in caso di crisi future.
La tesi si propone di indagare le modalità di interazione, presenti e passate, all’interno del contesto teatrale, al fine di produrre soluzioni progettuali nel campo dell’interaction design. Queste ambiranno a garantire la salute dei sog - getti coinvolti durante la performance e a per - mettere loro di conservare, se non addirittura amplificare, le proprie modalità di interazione e comunicazione. L’obiettivo è quello di tutelare e valorizzare un’arte come il teatro che, già prima della pan - demia, soffriva di grandi difficoltà economiche e di partecipazione del pubblico e che, con il lockdown, ha dovuto affrontare enormi proble - matiche a causa della sua essenziale natura sociale. La tesi si concluderà quindi con l’individuazio - ne di nuovi scenari di interazione, rappresen - tazione e interpretazione che siano in grado di accogliere elementi della tradizione declinati in modo innovativo e sicuro.
Tesi di laurea magistrale 2020-2021. Gianantonio Vecelli. Teatro e Covid-19. La pandemia come impulso per la progettazione di una nuova esperienza di interazione. Politecnico di Torino, Corso di laurea magistrale in Design sistemico
La recente riapertura delle scuole apre interrogativi sull'efficacia delle misure già attuate per garantire sicurezza ad alunni e personale scolastico, famiglie e comunità. Una revisione rapida offre risposte.
Che cosa sono le stanze dell'eco? Come agiscono e in che modo possono influenzare le nostre decisioni? Un'analisi del meccanismo delle echo chambers e alcune strategie per non rimanerne intrappolati.
La pandemia di COVID-19 ha messo in luce, a livello mondiale, le fragilità di una società interconnessa e altamente complessa. Per far fronte a questa complessità è sempre più evidente la necessità di un cambio di paradigma nei rapporti tra Scienza, Politica e Cittadini instaurando una consuetudine di dialogo che permetta un coinvolgimento attivo di tutta la società nell’attuazione delle buone pratiche anti-contagio e nella gestione dei momenti di crisi.
La rivista Horizon – The EU Research & Innovation Magazine ha pubblicato un articolo in cui si evidenzia che numerosi studi hanno osservato un forte aumento dei tassi di depressione, ansia, solitudine e tentativi di suicidi tra i giovani europei, a causa di coprifuoco e chiusure dovute alla pandemia di Covid-19.
Nell’articolo, inoltre, vengono illustrati brevemente alcuni progetti finanziati dall’UE che si occupano di tale emergenza.
La rivista La Salute Umana promuove una Call for Papers su approfondimenti e esperienze legate alla relazione: prossimità e promozione della salute. Invio contributi entro il 15 marzo 2022.