Let it bea cura di Lidia Fubini, DorsPubblicato il 16 Maggio 2016Aggiornato il 21 Giugno 2016RecensioniLa ricerca di varianti genetiche associate al rischio di sviluppare alcune malattie, inclusi il diabete e vari tipi di cancro, è ultimamente oggetto di grande considerazione. Il motivo essenziale è la possibilità di offrire ai portatori di queste mutazioni, strategie adeguate per la prevenzione, diagnosi più tempestive e trattamenti più efficaci. La revisione sistematica effettuata dal gruppo di Hollands (1) dell’Università di Cambridge (UK), si concentra invece sulla valutazione dei concreti benefici per la salute di tali previsioni diagnostiche. In particolare, viene affrontato il dubbio se la comunicazione del rischio genetico abbia un’influenza sul miglioramento dei comportamenti personali che potrebbero ridurre il rischio di manifestare tali patologie. Questa revisione, che aggiorna la revisione Cochrane di Marteau del 2010 (2) aggiungendo 11 studi, ne conferma il risultato: la comunicazione del rischio genetico ha un effetto scarso o nullo sul cambiamento dei comportamenti. In questa analisi sono stati considerati studi randomizzati e controllati (RCT) che includevano partecipanti reclutati in diversi contesti: fumatori inseriti in programmi per la cessazione al fumo, fumatori contattati sul luogo di lavoro, parenti di pazienti con malattie per le quali è documentata la famigliarità. Più in dettaglio, sono stati indagati i comportamenti di persone portatrici di genotipi (o anamnesi famigliari) che aumentano la suscettibilità per il cancro del polmone, per la malattia di Alzheimer, per il melanoma, per il diabete di tipo 2, per le malattie cardiovascolari, per il cancro dell’esofago, per il morbo di Crohn, per l’ipercolesterolemia, l’obesità e il cancro del colon-retto. Non sono state prese in considerazione associazioni genetiche riguardanti patologie per le quali non esista evidenza di un possibile controllo tramite modifiche degli stili di vita individuali. Il rischio genetico è stato comunicato ai partecipanti durante sessioni di counseling per proporre contemporaneamente programmi atti a motivare la modifica degli eventuali comportamenti a rischio. Sono dunque stati offerti consigli su metodi per la cessazione al fumo di tabacco, diete per la riduzione del colesterolo e per l’assunzione dei nutrienti adeguati, e strategie per l’aumento dell’attività fisica. Ai gruppi di controllo, sono state somministrate le stesse sessioni di counseling, ma non è stato comunicato il rischio genetico. In quasi tutti gli studi, indipendentemente dalle patologie considerate, non è stata osservata una differenza significativa tra i casi e i controlli nel miglioramento degli stili di vita individuali. In conclusione, questa metanalisi dimostra che la comunicazione del rischio genetico non è sufficiente a motivare il cambiamento dei comportamenti e che quindi i test genetici non giocano, a tutt’oggi, un ruolo importante nel miglioramento della salute pubblica. Bibliografia Gareth J Hollands, et al. The impact of communicating genetic risks of disease on risk reducing health behaviour: systematic review with meta-analysis. BMJ 2016;352:i1102 http://dx.doi.org/10.1136/bmj.i1102 Marteau TM, et al. Effects of communicating DNA-based disease risk estimates on risk-reducing behaviours. Cochrane Database Syst Rev. 2010 Oct 6;(10):CD007275. doi: 10.1002/14651858.CD007275.pub2. TAG ARTICOLOCOMPORTAMENTI A RISCHIO; COMUNICAZIONE DEL RISCHIO; ESPOSIZIONE AL RISCHIO; GRUPPO AD ALTO RISCHIO; PREVENZIONE;