Operatori sanitari e salute mentale durante la pandemia: fattori protettivi e interventi di supporto
a cura di Marina Penasso, DoRS

Mentre tutto il mondo è coinvolto nella pandemia da Covid-19, gli operatori sanitari in prima linea sono tra i gruppi maggiormente esposti al rischio di problemi di salute mentale. L'enfasi sulla loro abnegazione, mentre forniscono servizi essenziali e salvavita, si è andata amplificando via via e spesso sono stati descritti come eroi. Tutto ciò può imporre loro determinati comportamenti, per dimostrare forza e resilienza personali. Tuttavia, questo può anche impedire la loro capacità di riconoscere la vulnerabilità e di condividere esperienze traumatiche. Ciò può aumentare i rischi per la salute mentale e i pregiudizi stigmatizzanti verso il malessere psicologico impediscono loro di cercare aiuto..

Gli operatori sanitari devono sentirsi liberi di esprimere le proprie emozioni e condividere esperienze, sia positive sia negative. È importante studiare i fattori che possono costruire una più forte resilienza tra gli operatori sanitari, sia come individui sia in gruppo. Nella letteratura scientifica, vi è una scarsità di informazioni su come prevenire al meglio il disagio psicologico e quali misure siano necessarie per mitigare i danni degli operatori sanitari. È stata condotta, a tal fine, una revisione sistematica in Australia, pubblicata a dicembre 2020, per indagare l'impatto psicologico sugli operatori sanitari che affrontano epidemie o pandemie.

I risultati (derivanti dall’analisi di 55 studi) dimostrano che vi sia un aumento del rischio di subire traumi o di contrarre disturbi legati allo stress, depressione e ansia. Essere infermiere ed essere donna sembra costituire un rischio maggiore. Lo stigma percepito dai membri della famiglia e dalla società ha acuito le implicazioni negative; prevalentemente stress e isolamento. Le strategie di coping variavano tra i diversi contesti socioculturali e sembravano differire tra medici, infermieri e altri operatori sanitari. Le modifiche implementate e i suggerimenti per la prevenzione hanno costantemente evidenziato la necessità di un maggiore supporto psicosociale e di una più chiara diffusione delle informazioni relative alla malattia da coronavirus. Il cambiamento deve iniziare a livello dei decisori politici per offrire una maggiore varietà di supporti agli operatori sanitari che svolgono un ruolo critico durante i focolai di malattie su larga scala. Le implicazioni psicologiche sono in gran parte negative e richiedono maggiore attenzione al fine di essere mitigate.

Tra gli operatori sanitari, nell'epidemia di SARS, l'82% ha riferito di sentirsi apprezzato dal proprio datore di lavoro e il 77% dalla società. Gli operatori sanitari sentivano di essere più portati ad aiutare gli altri, essendo sopravvissuti al disastro.Valori professionali ed etici sono stati identificati come motivatori predominanti che spingevano gli operatori sanitari a svolgere i propri doveri durante l'epidemia di MERS.

È quindi necessario e urgente studiare sistematicamente i fattori di resilienza che possono promuovere il benessere mentale degli operatori sanitari a livello psicologico, professionale, lavorativo e sociale. Per migliorare il recupero e il benessere, è stata segnalata una serie di misure psicologiche messe in atto per affrontare le sfide della salute mentale durante le precedenti epidemie, in particolare attraverso la moderazione dei livelli di stress, l’addestramento e il supporto sul posto di lavoro. Le strategie possono essere adattate ai contesti locali, alle condizioni variabili ed essere ridimensionate a seconda delle esigenze degli operatori sanitari nel corso del tempo. La PFA (Psychological First Aid – protocollo tecnico di supporto psicologico immediato in caso di eventi critici o traumatici) può fornire supporto ai sopravvissuti a seguito di un grave evento di crisi, poiché riduce il disagio iniziale causato dall’evento traumatico, migliorando il funzionamento adattivo e affrontando lo stress straordinario. Tuttavia, questo non è sufficiente per rispondere a una pandemia come COVID-19. Vi è un'evidente necessità di un supporto coerente e a lungo termine per promuovere e proteggere il benessere degli operatori sanitari.

Un recentissimo studio, condotto da scienziati della University Utah Health, informa che più della metà dei medici, infermieri e soccorritori coinvolti nella cura del COVID-19 potrebbe essere a rischio per uno o più problemi di salute mentale, inclusi stress traumatico acuto, depressione, ansia, consumo problematico di alcol e insonnia. I ricercatori hanno scoperto che il rischio di queste condizioni di salute mentale era paragonabile ai tassi osservati durante i disastri naturali, come l'11 settembre e l'uragano Katrina. Sebbene la maggior parte degli operatori sanitari e dei soccorritori non svilupperà necessariamente un disturbo da stress post-traumatico, stanno lavorando sotto forte costrizione, giorno dopo giorno, con molte incognite. Alcuni saranno soggetti a una serie di conseguenze sulla salute mentale legate allo stress. Studiando sia le traiettorie resilienti sia quelle patologiche, si può costruire un'impalcatura per la costruzione di interventi basati sull'evidenza sia per gli individui sia per i sistemi sanitari pubblici. I ricercatori hanno intervistato 571 operatori sanitari, tra cui 473 soccorritori (vigili del fuoco, polizia, paramedici) e 98 del personale ospedaliero (medici, infermieri), nel Mountain West tra il 1° aprile e il 7 maggio 2020. Complessivamente, il 56% degli intervistati è stato sottoposto a screening positivo per almeno un disturbo di salute mentale. La prevalenza per ogni disturbo specifico variava dal 15% al 30% degli intervistati, con uso problematico di alcol, insonnia e depressione in cima alla lista. I ricercatori suggeriscono che identificare questi individui e offrire loro ruoli alternativi potrebbe ridurre l'ansia, la paura e il senso di impotenza associati all'infezione. L'abuso di alcol era un'altra area di preoccupazione. Circa il 36% degli operatori sanitari ha segnalato un consumo di alcol a rischio. Secondo i ricercatori, i caregiver che fornivano assistenza diretta ai pazienti o che occupavano posizioni di supervisione erano maggiormente a rischio. Offrire a questi lavoratori un addestramento preventivo e un trattamento per l'abuso di alcol è fondamentale.

I ricercatori del King's College di Londra hanno chiesto a 709 lavoratori di 9 unità di Terapia Intensiva in Inghilterra come se la stavano cavando quando la prima ondata della pandemia si è attenuata. Quasi la metà ha riportato sintomi di ansia grave, depressione, disturbo da stress post-traumatico o problemi con l'alcol. Uno su sette aveva pensieri di autolesionismo o riferiva che sarebbe stato meglio essere morti.  Il personale infermieristico aveva maggiori probabilità di segnalare sentimenti di angoscia rispetto ai medici o ad altro personale clinico nel sondaggio anonimo via web, condotto a giugno e luglio dello scorso anno

I ricercatori affermano che i risultati, in qualche modo, non sono sorprendenti, viste le pressioni che il personale di terapia intensiva ha dovuto affrontare. Il loro carico di lavoro è stato implacabile, dovendo prendersi cura di più pazienti di quanto avvenisse abitualmente e in circostanze estremamente difficili. Il ricercatore capo, il professor Neil Greenberg ha detto che i risultati dovrebbero essere un "campanello d'allarme" La gravità dei sintomi identificati è altamente probabile che comprometta la capacità di alcuni membri del personale di terapia intensiva di fornire cure di alta qualità, oltre ad avere un impatto negativo sulla loro qualità di vita. È importante disporre di cure per la salute mentale "focalizzate sul lavoro" per cercare di mantenere il personale in forma o, laddove ciò non fosse possibile, per assicurarsi che ricevano aiuto per accedere al giusto tipo di assistenza.


Uno studio trasversale ha messo a confronto la salute mentale dei  professionisti  della sanità durante la pandemia COVID-19 in otto paesi europei. Si è ipotizzato che i professionisti medici, in particolare quelli esposti a COVID-19 sul lavoro, avessero livelli più elevati di depressione, ansia e stress. Si è anche  cercato di determinare i loro principali fattori di stress e le strategie di coping più utilizzate durante la crisi. Per fare questo è stato condotto un sondaggio online trasversale durante i mesi di picco negli otto Paesi.. Il questionario includeva dati demografici e chiedeva se i partecipanti fossero stati esposti a COVID-19 sul lavoro. La salute mentale è stata valutata tramite la scala Depression Anxiety Stress.  il campione (n = 609) era composto da 189 medici, 165 infermieri e 255 professionisti non medici. I partecipanti dalla Francia e dal Regno Unito hanno riferito di aver sperimentato depressione, ansia e stress gravi / estremamente gravi più spesso rispetto a quelli degli altri paesi. I professionisti non medici avevano punteggi significativamente più alti per la depressione e l'ansia. "L'incertezza su quando l'epidemia sarà sotto controllo" ha causato la maggior quantità di stress per gli operatori sanitari mentre "adottare misure di protezione" è stata la strategia di coping più utilizzata da tutti i partecipanti.. Anche se i professionisti medici hanno mostrato meno stress mentale rispetto ai professionisti non medici, dovrebbe essere offerto un aiuto sufficiente a tutti i gruppi professionali con un'enfasi sulle strategie di coping efficaci.

"L'incertezza su quando l'epidemia sarà sotto controllo" e la "preoccupazione di contagiare con il COVID-19 la famiglia" erano in cima alla lista quando ai professionisti medici sono state chieste le cose più stressanti nella loro vita quotidiana o al lavoro durante la pandemia. La possibile infezione della famiglia è una delle principali preoccupazioni che è stata segnalata più volte anche in precedenza, ad esempio, nel Regno Unito tra gli infermieri taiwanesi durante l'epidemia di SARS e gli operatori sanitari cinesi durante COVID-19. I risultati confermano il dilemma già emerso durante la SARS: gli operatori sanitari fanno il loro lavoro aiutando gli altri ma allo stesso tempo si sentono ansiosi per il pericolo di essere infettati o di infettare le loro famiglie. I partecipanti erano comunque meno preoccupati di infettarsi quanto di infettare le loro famiglie. Le strategie più frequentemente utilizzate dai professionisti medici per affrontare questa situazione drammatica erano le misure di protezione (lavarsi le mani, indossare una maschera, misurare la propria temperatura) e le più aggiornate conoscenze su COVID-19 (sintomi, via di trasmissione, ecc.). Le misure di protezione efficaci sono state anche la strategia di coping più comune tra gli infermieri taiwanesi durante la SARS e gli operatori sanitari cinesi durante COVID-19. Un'altra strategia importante è stata la videochat con la famiglia e gli amici per condividere le preoccupazioni e cercare sostegno.

In Spagna è stato condotto un sondaggio via web su 1.422 operatori sanitari (1.228 erano donne), Il 56.6% degli intervistati ha fatto rilevare sintomi di disturbo da stress post-traumatico. Sono stati considerati fattori protettivi la resilienza e la realizzazione personale.

In Italia uno studio trasversale su 1.379 operatori sanitari ha mostrato come la giovane età e il sesso femminile siano fortemente correlati allo sviluppo di sintomi di stress post-traumatico nel 49,3% degli intervistati, grave depressione nel 24,7%, ansia nell'8,2%, insonnia nel 19,8% e stress percepito elevato nel 21,9%.

L’Ordine degli Psicologi del Piemonte ha realizzato uno studio testando 4550 professionisti sanitari di  tutta la regione rispetto ai problemi psicologici conseguenti alla pandemia. Questi i risultati: il 44.7% ha manifestato almeno un sintomo rilevante, moderato o grave, depressione nel 17% dei casi, ansia nel 33.7, sintomi post-traumatici da stress nel 36.8, sintomi dissociativi nel 40%. I professionisti con oltre 57 anni riportavano meno frequentemente la presenza di almeno un disturbo clinicamente rilevante rispetto ai colleghi più giovani. L’età più avanzata, a cui corrisponde probabilmente una maggiore esperienza, sembra rappresentare un fattore di protezione. Le donne, il 47,4% del campione, risultano più colpite dai problemi psicologici.

A marzo 2020 Dors aveva già pubblicato i risultati di un intervento di supporto psicologico in situazioni di epidemia condotto in Cina. Ecco le sue caratteristiche: dinamicità e tempestività e sviluppo per "fasi" (durante e dopo). La risposta di tipo psicologico deve prevedere due linee di attività simultanee - oltre che tempestive:
a) contrasto della paura della malattia (realizzata da medici e psicologi)
b) rinforzo per chi ha difficoltà di adattamento (a cura di operatori sociali)

Gli psichiatri entrano in gioco nel caso in cui vengano intercettate situazioni gravi (rischio suicidario, violenza intrafamiliare, ecc.)

Tutte le figure professionali coinvolte devono comunque avere una formazione di tipo psicologico, ed essere seguiti in maniera costante con delle supervisioni.

L'assistenza e il supporto psicologico si realizzano attraverso una linea di consulenze on line (Wechat platform), che in prima battuta identifica le persone "a rischio" e il tipo di risposta/aiuto da fornire.

L'intervento viene rappresentato graficamente come una sorta di piramide: alla base c'è la comunità/popolazione, e man mano che si sale alla sommità si incontrano le varie équipe operative (Psychological Rescue Team: individua soluzioni informatiche e sviluppa i programmi formativi; équipe operativa) fino ad arrivare al gruppo supervisori.

Le fasi:

  •  assessment iniziale (uso di questionari per la rilevazione dello stato di salute mentale della popolazione in generale, con particolare attenzione alle situazioni maggiormente a rischio, tra cui gli operatori sanitari.)
  • sulla base dei risultati dell'assessment: intervento ad hoc
  • follow up

Per quanto riguarda "il dopo emergenza”, sembra indispensabile un'attenzione particolare alle persone che sono state sottoposte a quarantena e al personale medico/infermieristico che si è occupato di loro, in termini di specifici interventi di supporto psicosociale.

 

A partire da questo intervento sperimentato con successo in Cina, il West China Hospital ha standardizzato il metodo, chiamandolo "APD" - Anticipated, Plan and Deter Responder Risk and Resilience Modelrivolgendolo in maniera specifica al personale sanitario. La finalità principale è lo sviluppo delle competenze di resilienza per gestire lo stress, ed è articolato in due fasi: primo intervento e riabilitazione post intervento.

 

Una revisone sistematica, condotta a ottobre 2020 (Vizheh M et al)  ha individuato, attraverso un’analisi della letteratura,  gli interventi che dovrebbero essere sviluppati per migliorare la salute mentale degli operatori sanitari:

Interventi di supporto - fornire supporto agli operatori sanitari principalmente attraverso familiari, governo, società / comunità, organizzazioni,  colleghi e supervisori; fornire un sistema di supporto tra pari; assegnazione di équipe professionali di psicoterapia; dedicare attenzione alle opinioni e alle idee del personale su varie questioni relative alla pandemia tramite una serie di canali di input e feedback; fornitura del supporto per bisogni emotivi e psicologici; fornitura di servizi psicologici online, nonché interventi per crisi psicologiche face to face; essere sicuri di ricevere tempestivamente cure e cure per i propri familiari infetti.

Interventi di incoraggiamento e motivazione  - riconoscendo gli sforzi del personale sanitario da parte dei dirigenti ospedalieri, del governo e della società; attivare il senso di responsabilità e di intenti e risvegliare lo spirito di attività degli stessi da parte di dirigenti e supervisori; incoraggiare gli operatori sanitari a impegnarsi in tecniche di rilassamento come yoga, meditazione e altre tecniche; fornire la visita dei terapisti per curare le loro sofferenze psicologiche e frustrazioni.

Interventi protettivi - questi interventi includono: fornitura di dispositivi di protezione adeguati ed efficaci; affrontare le esigenze fisiche degli operatori sanitari come l'accesso a pasti sani e idratazione, considerando pause di riposo regolari; progettare un luogo sicuro per il loro riposo; considerare orari di lavoro più brevi e turni a rotazione soprattutto per coloro che lavorano in reparti ad alto rischio; alloggio per il personale che lavora in aree ad alto rischio e per coloro che effettuano turni rapidi che non vivono nelle immediate vicinanze dell'ospedale; fornire sostegno per le esigenze di custodia dei bambini; invio di squadre mediche da altre aree con un numero inferiore di pazienti; continuare a monitorare e controllare il benessere fisico e mentale degli operatori sanitari; identificare il personale che è esaurito o ha disagio psicologico.

Interventi educativi e formativi - fornire educazione psicologica e sulla salute mentale online tramite programmi di comunicazione; sviluppare e pubblicare le linee guida pertinenti, libri, manuali, direttive e documenti, articoli / video educativi online; fornitura della gestione dello stress da incidente critico; addestramento alla consapevolezza; formazione all'assertività; formazione alla consapevolezza di sé; e formazione sulla protezione. Utilizzo della piattaforma tecnologica e dei servizi online In queste situazioni critiche in cui i contatti faccia a faccia aumentano il rischio di trasmissione di infezioni. La maggior parte degli interventi di supporto, educativi e psicologici nella pandemia vengono eseguiti utilizzando Internet e strumenti online

Uso della piattaforma tecnologica e dei servizi online -  in questa situazione critica, anche la tecnologia della telemedicina può essere applicata per ridurre le visite non necessarie, diminuire il rischio di infezione degli operatori sanitari, ridurre il loro carico di lavoro e ottimizzare il loro tempo per assistere i pazienti con condizioni acute. Questa tecnologia è implementata utilizzando piattaforme di videoconferenza, Hotline / Telefono, social media e telefoni cellulari. Le piattaforme di videoconferenza come Zoom possono essere utilizzate per consigliare, istruire e controllare la trasmissione delle malattie. Inoltre, la hotline, i social media e gli smartphone possono essere presi in considerazione per la consulenza. Una delle tecnologie pratiche che possono essere utilizzate per ridurre al minimo la pressione lavorativa del personale sanitario è la mHealth (mobile health). Questa tecnologia viene utilizzata per le notifiche e i promemoria, l’ educazione alla salute mentale online e la consulenza psicologica. La tecnologia di intelligenza artificiale è un'altra tecnologia che può essere applicata in queste circostanze. Questa tecnologia può essere utilizzata per riconoscere le persone e il personale medico in pericolo di suicidio o altre crisi. Il programma AI Tree Holes Rescue con la valutazione dei messaggi psicologici in spazi come Tree Holes, può calcolare la possibilità di suicidio nelle persone e fornire gli allarmi necessari. Pertanto, queste tecnologie possono facilitare la fornitura di interventi psicologici agli operatori sanitari.

Dalla lettura degli studi scientifici finora condotti, appare evidente come il benessere psicofisico del personale sanitario non sia procrastinabile e sia sempre più necessario implementare programmi di screening volti a individuare i loro problemi di salute mentale. In questo modo si potrebbero sviluppare interventi psicologici mirati, come ad esempio sportelli di ascolto all’interno degli ospedali, programmi di psicoterapia e di sostegno psicologico. È essenziale affrontare il problema del loro benessere e  prendere anche in considerazione nuovi approcci per migliorare la loro salute mentale.

 

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

 


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