DoRS alla settimana della Salute mentale: riflessioni dopo il convegno di avvio di “Robe da Matti”
a cura di Claudia Alonzi, Chiara Tarantino– Asl Torino 1, Rita Longo - Dors

Anche quest’anno a Torino si è svolta la settimana della Salute Mentale: “Robe da Matti”, organizzata dal Dipartimento di Prevenzione dell’ASL TO 1 in collaborazione con enti pubblici e associazioni del privato sociale del territorio, nell’ambito del Piano Regionale della Prevenzione 2015 - 2018.

Il primo evento è stato il convegno sulle pratiche innovative in psichiatria del 7 ottobre, a cui Dors ha partecipato, che ha rappresentato un’occasione preziosa per diffondere tra operatori e cittadini alcune esperienze di “cura” relativamente nuove ed efficaci in atto sul territorio piemontese e italiano.

Qualcosa di interessante

Sono state presentati e approfonditi – sia dal punto di vista teorico e metodologico, sia dal punto di vista organizzativo - i Gruppi Multifamiliari, una prassi terapeutica avviata e consolidata all’interno di alcuni Dipartimenti di Salute Mentale (Roma, Catania, Firenze, Cagliari, ecc.).

Il “Gruppo Multifamiliare a orientamento psicodinamico” è uno strumento efficace basato sul lavoro innovativo di Badaracco in Argentina, che:

  • coinvolge in prima linea gli utenti psichiatrici gravi e i loro familiari, sollecitando l’emergere e l’attivazione delle loro risorse durante l’intero percorso di cura/riabilitazione e reinserimento psico-sociale
  • prevede una èquipe multi professionale, a prescindere dalla formazione teorica di base
  • mira alla creazione/nascita di una nuova entità - il gruppo, appunto - caratterizzata da legami di interdipendenza (utenti + familiari + operatori), da una alleanza terapeutica diffusa, dalla condivisione di un “pensiero comune”
  • permette l’emergere del diritto di essere ascoltati riducendo il fenomeno della “vergogna” o “colpa”
  • può facilitare la ripartenza di un processo evolutivo e di cambiamento grazie al confronto tra i differenti modelli di pensiero/comportamento
  • ha il merito di “rompere la solitudine” dell’operatore dei servizi, promuovendo una reale “psicoterapia di comunità”
    Inoltre, il GMF è stato oggetto di una prima indagine empirica italiana (cfr. articolo di  Gargano et al. Pubblicato sulla Rivista di Psichiatria, 2016) che ha dato risultati in linea con la letteratura internazionale: efficacia nella diminuzione del carico soggettivo del caregiver (ansia, aspetti emotivi, ecc.) e diretta influenza sulla sintomatologia clinica del paziente.

L’altro approccio discusso è stato quello del Dialogo Aperto, approccio per il trattamento precoce degli esordi psichiatrici, nato in Finlandia grazie a J. Seikkula, validato da studi di efficacia internazionali, attualmente oggetto di adattamento e sperimentazione all’interno di alcuni DSM italiani grazie a un progetto finanziato dal CCM – Ministero della Salute (capofila Dipartimento di prevenzione Asl Torino 1).

Erano presenti alcuni degli operatori coinvolti, che hanno raccontato lo stato dell’arte della sperimentazione in termini di:

  • la metodologia di lavoro (costituzione di micro-équipes multi professionali, trattamenti adattati ai bisogni individuali e integrati, coinvolgimento della famiglia e della rete sociale, il peer support, la tempestività nella risposta di aiuto, training degli operatori con taglio esperienziale, ecc.)
  • i propri vissuti e le proprie difficoltà relativamente ai principi cardine, quali: “promuovere il dialogo piuttosto che il cambiamento”, “essere presenti e ascoltare senza preconcetti o schemi da seguire”, “tollerare l’incertezza del non pianificare la cura del paziente”, “utilizzare il discorso dialogico vs monologico, cioè pensare con… vs fare per…”, “ascoltare e trovare la forza di stare anche nelle situazioni emotivamente difficili”, ecc.
  • i risultati, sia operativi/concreti (n. di operatori formati, n. di famiglie “prese in carico”, analisi delle difficoltà logistico-organizzative, ecc.), sia professionali (acquisizione di competenze di ascolto e relazionali, messa in discussione di modalità di pensiero e procedure, ecc.).
    Inoltre, è stato sottolineato come il Dialogo Aperto rientri all’interno delle “terapie dialogiche” per le quali è stata dimostrata l’efficacia (cfr. articolo di Balter, pubblicato su Science, 2014).

Ad entrambi gli approcci è stato riconosciuto il merito di essere una sorta di “antidoto all’impoverimento del pensiero”: per ciò che riguarda il Dialogo Aperto grazie all’importanza del “gruppo riflessivo” come potente strumento terapeutico, per i Gruppi Multifamiliari attraverso la scoperta/empowerment di risorse individuali (per l’operatore e per gli utenti/familiari).

Per entrambi gli approcci, inoltre, un forte accento è stato posto sulla necessità di “sostenere” i cambiamenti culturali attraverso le modifiche organizzative e le scelte politiche, le quali hanno un peso rilevante nel far sì che i percorsi preventivi e terapeutici dei servizi raggiungano gli obiettivi prefissati.

Qualcosa di innovativo

E’ stata dedicata una sessione ad alcune innovative e creative esperienze di prevenzione, riabilitazione e terapia, quali ad esempio: la Caf – Comunità autofinanziata (coop Alice nello specchio di Torino), il metodo Windhorse (“lo stare accanto che cura”), l’ambulatorio sociale di psicoterapia di Torino (bisogno/diritto di accedere a cure di tipo psicologico per tutti), il progetto La linea dell’orizzonte (come garantire la gestione di patrimoni economici ed immobiliari di persone fragili), le attività politico-culturali e artistiche dell’associazione torinese Mad Pride, composta in larga parte da utenti ed ex utenti dei servizi psichiatrici (es. il documentario Matti a Cottimo, la parata annuale omonima, ecc.)

Le caratteristiche salienti di queste esperienze sono:

  • una base teorica che poggia sulla salutogenesi e la promozione delle competenze di resilienza degli utenti e dei familiari, favorendone in tal modo lo sviluppo dell’autostima, della fiducia, il rafforzamento dell’identità, l’autonomia
  • una alleanza reale e forte con il privato sociale (spesso promotore)
  • un adattamento di tecniche e modalità di lavoro che provengono da altri Paesi
  • una attenzione alla riduzione e al contrasto delle disuguaglianze sociali ed economiche (si lavora con fasce di utenza vulnerabili)

E’ importante ricordare che il format del convegno era tale da dare voce a chi volesse portare le proprie esperienze, le quali perciò non sono state “scelte dall’alto” ma provenivano “dal basso”, diventando davvero rappresentative di un quadro poliedrico dell’approccio alla promozione/prevenzione e riabilitazione/cura nell’ambito della salute mentale sul territorio.

Qualcosa da migliorare

Come per Giano bifronte, il merito di “dare voce” alle variegate esperienze emergenti del territorio, ha avuto una controparte, che è quella di un difficile inquadramento teorico o sistematizzazione generale e inclusiva.
Inoltre, sarebbe stato utile dedicare maggior tempo al delicato e difficile tema della valutazione di questa tipologia di interventi (affrontato da una ricercatrice del CNR di Roma).

Per approfondimenti:

  • www.dors.it/SaluteMentale
  • Gargano MT, Serantoni G, Ceppi F, et al. "Carico di cura in familiari di pazienti psichiatrici che partecipano a gruppi multifamiliari a orientamento psicodinamico: risultati preliminari di uno studio empirico". Riv Psichiatr 2016; 51(4): 135-1.
  • Balter M, Talking back to madness. Science  14 Mar 2014: Vol. 343, Issue 6176, pp. 1190-1193 DOI: 10.1126/science.343.6176.1190.
  • "Matti a cottimo", ecco com’è la vita all’interno del Mad Pride di Torino (ottobre, 2015) In: www.redattoresociale.it.
     


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