Italia vietata ai minori: l’ultimo Atlante Save the Childrena cura di Paola Capra, DorsPubblicato il 22 Novembre 2019Aggiornato il 19 Dicembre 2019Recensioni“Nel 2007, in Italia, i minori in povertà assoluta erano circa mezzo milione, oggi sono 1,2 milioni. L’impatto negativo della crisi si è concentrato soprattutto sulle famiglie con figli piccoli, ha allargato la forbice dei divari territoriali (con un picco di minori in povertà nelle regioni del Mezzogiorno) e ha colpito particolarmente i nuclei familiari degli stranieri.” In sintesi nell’arco di 10 anni, il numero di bambini in condizioni di disagio è quasi triplicato: è solo uno è il più eclatante dei dati tratti dal X Atlante dell’infanzia a rischio, edito da Save the Children, che a dieci anni dalla sua prima edizione fa un bilancio sulla condizione dei minori in Italia nel periodo 2008-2018. In un decennio attraversato da una grave crisi economica i bambini, con le loro famiglie, hanno pagato il prezzo più alto, a scapito delle aspettative di crescita e producendo uno squilibrio generazionale senza precedenti. La povertà è mancanza di un’alimentazione sana: sono circa 500mila i bambini e ragazzi sotto il 15 anni (il 6% della popolazione di riferimento) che crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici e 280mila sono costretti ad un’alimentazione povera sia di proteine che di verdure. Inoltre, solo nel 2018 ben 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno dovuto beneficiare di pacchi alimentari. La povertà è povertà educativa: la spesa per l’istruzione è crollata dal 4,6% del 2009 al 3,6% attuale. Il tempo perso sul fronte delle politiche scolastiche e educative si traduce specularmente ogni anno in centinaia di migliaia di bambini persi alla scuola. L’abbandono scolastico si attesta oggi intorno al 14,5%, in pratica un giovane su 7 ha abbandonato gli studi. Quello della dispersione scolastica è soprattutto un dato che evidenzia maggiormente il divario Nord/Sud, con regioni che hanno già centrato l’obiettivo europeo del 10% (Trento, Umbria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia) e regioni dove il tasso di dispersione supera il tetto del 20% (Calabria, Sicilia e Sardegna). I minori in Italia sono disconnessi ma nel contempo iperconnessi. Disconnessi da qualsiasi forma di esperienza culturale extrascolastica – un dato su tutti la lettura: quasi un minore su due non legge un libro oltre quelli imposti dal sistema scolastico durante l’anno, con percentuali alle stelle in regioni come Campania (64,1%), Calabria (65,9%) e Sicilia (68,7%). Iperconnessi con l’aumento esponenziale dei minori che usano ogni giorno la Rete: nel 2008 il 23,3% dei minori non usava quotidianamente Internet, quota che è scesa nel 2018 a solo il 5,3%. La povertà è anche ambientale. Il 37% dei minori si concentra in 14 grandi aree metropolitane, in ambienti non propriamente a misura di bambino, e in una città su 10 non si raggiunge la dotazione minima di verde pubblico di 9 metri quadri per abitante, prevista dalla legge. Anche lo sport resta per molti un privilegio: in Italia circa un minorenne su 5 (tra i 6 e i 17 anni) non lo pratica e il 15% svolge solo qualche attività fisica. La povertà si traduce in denatalità, fenomeno che in Italia è stato di particolare rapidità e intensità. Nel 2018 i nati complessivi in Italia assommano a meno di 440 mila, nel 2008 erano 577 mila, 137 mila neonati in meno in 11 anni. E se c’è chi decide di non fare figli, altri decidono di diventare genitori in età più avanzata rispetto al passato e solo una volta raggiunta un’autonomia economica. A compensare parzialmente il fenomeno della denatalità, la crescita del numero di bambini e ragazzi di origine straniera presenti in Italia: nel 2008 erano poco più di 700.000 e a dieci anni di distanza sono oltre un milione. Tuttavia, anche se nato e cresciuto in Italia, più di un residente minorenne su 10 in Italia ha la cittadinanza straniera, perché la legge continua a riconoscere la cittadinanza e il pieno riconoscimento dei diritti civili solo al compimento del diciottesimo anno di età. Nonostante costituiscano una risorsa demografica, sociale e culturale fondamentale, sono minori e cittadini di serie B. Infine la povertà è soprattutto il risultato di politiche miopi alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie. L’Italia continua a non avere un piano strategico per l’infanzia e l’adolescenza, investe risorse insufficienti in spesa sociale, alimentando gli squilibri esistenti nell’accesso ai servizi e alle prestazioni e condannando proprio i bambini e le famiglie più in difficoltà, ad affrontare da sole gli effetti della crisi. Esistono divari enormi tra le Regioni: a fronte di una spesa sociale media annua per l'area famiglia e minori di 172 euro pro capite da parte dei Comuni, la Calabria si attesta sui 26 euro, mentre l'Emilia Romagna arriva a 316. “Nell’ultimo decennio, insieme alle diseguaglianze intergenerazionali, si sono acuite le diseguaglianze geografiche, sociali, economiche, tra bambini del Sud, del Centro e del Nord, tra bambini delle aree centrali e delle periferie, tra italiani e stranieri, tra figli delle scuole bene e delle classi ghetto. Si sono divaricate le possibilità di accesso al futuro”, ha spiegato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, auspicando che l’agenda politica affronti al più presto quella che si configura come una vera e propria emergenza. L’Atlante dell’infanzia a rischio 2019, disponibile gratuitamente per la consultazione sul sito Save the Children, è stato presentato, a fine ottobre, contemporaneamente in dieci città italiane, in occasione del lancio della campagna Illuminiamo il futuro per il contrasto alla povertà educativa. Foto di Camille Minouflet su Unsplash .DOWNLOAD & LINKX Atlante dell'Infanzia a rischio, 2019TAG ARTICOLODISUGUAGLIANZE SOCIALI; MINORI A RISCHIO; POVERTA';