L’ascolto del territorio. Esperienze di democrazia partecipativaa cura di Alessandro Coppo, DorsPubblicato il 13 Novembre 2014Aggiornato il 20 Settembre 2016RecensioniL'intervista agli autoriPer approfondimenti L'intervista agli autoriL’ascolto del territorio. Esperienze di democrazia partecipativa (Aracne, 2014) di Gian-Luigi Bulsei e Noemi Podestà, entrambi docenti dell’Università del Piemonte Orientale, illustra quattro esperienze di partecipazione locale dei cittadini realizzate in Piemonte: una giuria di residenti di un Comune volta a produrre delle raccomandazioni agli amministratori per la gestione della mobilità delle merci in città; un percorso di democrazia deliberativa finalizzato a fornire indicazioni alla giunta su un ampio numero di politiche urbane; il coinvolgimento delle comunità rurali nella pianificazione di un parco naturale; e, infine, la mobilitazione della società locale per far fronte al dramma dei rischi per l’ambiente per la salute derivanti da un sito industriale contaminato. Gli autori si interrogano se, e in che modo, alcune forme di collaborazione tra amministratori, tecnici e cittadini possano migliorare la qualità del processo democratico. Il presupposto di partenza è che se i problemi assumono una dimensione pubblica risulta opportuno, oltre che vantaggioso, promuovere la ricerca collettiva di soluzioni su come affrontarli. Un’azione questa che può partire dall’alto (gli amministratori), piuttosto che dal basso (i cittadini) e che può avvalersi del supporto di conoscitori esperti dei temi trattati (negli esempi del libro sociologi, epidemiologi, agronomi, ecc.) e di facilitatori che supportano la scelta condivisa delle decisioni o la produzione di raccomandazioni. Il volume riporta a questo proposito un’utile panoramica di pratiche deliberative, mettendone anche in luce limiti, rischi e opportunità. Questi approcci possono contribuire a stimolare il processo democratico e a produrre materiali di qualità che, se opportunamente valorizzati, possono guidare le scelte che hanno impatto sul territorio. Emergono però anche delle ricadute per gli individui e i gruppi sociali che partecipano ai processi deliberativi: aumento della qualità delle relazioni (come nel caso della agorà deliberativa svolta a Novara), oppure maggiore capacità di far fronte alle minacce per la salute (come illustrato nel caso di Casale Monferrato). Quanto valore assumono questi ultimi aspetti nelle esperienze che avete documentato? “La diffusione di pratiche partecipative comporta importanti effetti sociali, come quello di migliorare le relazioni “orizzontali” tra i cittadini e quelle tradizionalmente “verticali” con le istituzioni. Durante i processi deliberativi dei quali si rende conto nel volume, che abbiamo spesso contribuito a condurre direttamente, tende a prendere forma una sorta di identità di gruppo, che muta la prospettiva con la quale vedere i problemi: è come se i cittadini passassero dalla dimensione privata (io) alla dimensione pubblica (noi), proponendo soluzioni collettive ad un problema comune. Significativa a questo proposito la partecipazione in condizioni avverse nella drammatica vicenda dell’amianto a Casale Monferrato, con un’intera città che si è mobilitata per ottenere giustizia, bonifica ambientale e soprattutto speranze di cura per le gravi patologie provocate da un vero e proprio crimine di impresa.” Interessante la puntualizzazione che viene avanzata a proposito della parola partecipazione, termine assai generico che può indicare processi fra loro molto diversi. Quali sono gli aspetti che gli amministratori devono tenere in considerazione quando vogliono attivare un processo partecipativo nel proprio territorio? “Partecipare vuol dire prendere parte: collaborare ad un’attività, contribuire ad una decisione, influire sulle modalità con le quali viene adottata. Un’amministrazione pubblica che scelga, di sua iniziativa o su pressione della società civile, di coinvolgere i cittadini nella formulazione delle proprie politiche si trova di fronte ad un ampio ventaglio di strumenti partecipativi, spesso promossi dai programmi europei, che hanno iniziato ad essere sperimentati anche nel nostro Paese. La partecipazione ai processi di policy deve tuttavia avvenire alla scala adeguata, individuando gli attori (chi), i contenuti (cosa) e le modalità del coinvolgimento (come) in relazione alle questioni da affrontare ed agli specifici contesti sociali ed istituzionali. Il confronto tra attori adeguatamente informati può contribuire a migliorare la qualità del processo democratico non meno che i suoi risultati in termini di output decisionale: a patto di sapersi adattare “su misura” ai territori, caratterizzati da un’estrema varietà di problemi, risorse, opportunità e sfide. Inoltre, tali processi devono essere accompagnati da qualche forma di empowerment: non ci può essere partecipazione se i cittadini capiscono di non contare.” Nel libro si insiste molto non solo sulla relazione tra cittadino e decisore politico, ma anche tra cittadino ed esperto. Come deve caratterizzarsi secondo voi questa relazione nei processi partecipativi? “Le esperienze partecipative sono anche un terreno di scambio tra saperi profani e saperi esperti; si costituiscono come forum ibridi nei quali i due tipi di saperi si confrontano e si integrano, con possibilità di un apprendimento reciproco: da un lato, i “non addetti ai lavori” devono mettere in relazione i loro dati di esperienza con le categorie più generali e astratte degli specialisti; dall’altro, gli esperti sono indotti a tener conto del sapere pratico di cui sono depositari i cittadini. Ma gli scienziati non possono sostituire chi dovrebbe essere “esperto” nel prendere decisioni, cioè le istituzioni politiche. Gli amministratori pubblici hanno bisogno degli esperti, ma anche di ascoltare i potenziali destinatari delle proprie politiche: oltre a possedere spesso un quadro della situazione (conoscenza diretta di un certo problema) utile ad orientare la scelta tra alternative, essi sono spesso in grado di produrre soluzioni inedite, mettendo in campo una sorta di expertise di cittadinanza.” Esperienze di coinvolgimento nelle decisioni pubbliche come quelle descritte assumono la forma di arene strutturate che affidano ai diretti interessati il compito di definire in modo dialogico i problemi che li riguardano e di trovare le relative soluzioni. Si tratta di un approccio differente dalle modalità tradizionali della scelta politica (basato sul voto di maggioranza e sulla negoziazione). A chi è idealmente rivolto il libro? “In primo luogo ad amministratori locali e funzionari pubblici, ma anche a persone e associazioni che vogliano promuovere una cittadinanza attiva; ed ovviamente agli studenti dei nostri corsi universitari.” Per approfondimenti Accedi all’area focus Partecipazione e Empowerment. Per quanto riguarda i dispositivi per coinvolgere, attivare, far interagire e responsabilizzare le persone, i gruppi e le comunità locali accedi alla sezione dedicata Leggi anche: “Gli effetti sociali e sulla salute delle iniziative che si basano sul coinvolgimento della comunità: una revisione sistematica” La progettazione partecipata, intersettoriale e con la comunità TAG ARTICOLOEMPOWERMENT; PARTECIPAZIONE;