La prevenzione in edilizia: work in progressa cura di Denis Quarta, Antonella Bena - Servizio di Epidemiologia ASL TO3Pubblicato il 15 Maggio 2013Aggiornato il 21 Luglio 2016DatiIl convegnoLe azioni condotteI risultati raggiuntiIl convegnoRoma, 4 aprile 2013, convegno di chiusura del Piano Nazionale di prevenzione in edilizia. Le imprese e l’occupazione sono drammaticamente in calo anche in questo settore a causa della crisi economico-produttiva. L’effetto della rimodulazione dei rapporti di lavoro si evince anche dall’aumento dei lavoratori autonomi (incremento dell’incidenza sul totale dei lavoratori, +4% in tre anni). Analizzando l’andamento degli infortuni invece si continua a registrare una diminuzione del tasso grezzo (37 per mille nel 2010 – grafico 1), anche se è necessario esser cauti e tener conto di alcuni aspetti. In primo luogo la situazione occupazionale sopraccitata, tipica di questo momento di “crisi”, influisce con evidenza sulla produttività[1] e sulla probabilità quindi di infortunarsi; un secondo aspetto tipico dell’edilizia è quello del lavoro sommerso/irregolare, che rende probabile un’esasperazione del fenomeno della sottodenuncia sia di eventi infortunistici sia di patologie collegate all’esposizione lavorativa. [1] Indice produzione nelle costruzioni – ISTAT nel 2012 meno 35% rispetto al 2008, su base annua 2005. Le azioni condotteIl piano di prevenzione 2010-2012 ha cercato di superare l’approccio tradizionale di vigilanza, ponendosi l’obiettivo di sperimentare un “intervento di sistema” mirato al contrasto dei rischi di infortunio attraverso l’integrazione con attività di informazione, formazione e assistenza. Si è anche posta attenzione alla condivisione delle attività con tutti gli enti di vigilanza ed assistenza presenti sul territorio, tenendo conto della quota di autonomi nel settore, del ruolo dei medici competenti e del ruolo delle parti sociali. Fondamentale è riuscire ad avere il controllo del territorio trasmettendo l’idea che il sistema pubblico di prevenzione è in grado di intervenire su tutte le situazioni a rischio grave – principalmente quelle sotto il minimo etico di sicurezza- e che ha la capacità di costringere il “sistema cantiere” ad occuparsi seriamente e quotidianamente della sicurezza dei lavoratori. Per chi non lavora in sicurezza la probabilità di essere ispezionato dall’Organo di Vigilanza, e costretto ad adeguarsi sia sotto il profilo delle carenze tecniche sia per gli aspetti organizzativi e di programmazione, deve essere molto alta. In questo quadro ad ogni Regione e Provincia Autonoma sono stati assegnati obiettivi specifici, poi declinati all’interno di ciascun piano di prevenzione regionale e provinciale. Per con differenze geografiche nelle diverse aree del paese, le ASL hanno complessivamente visitato più del 90% dei cantieri previsti dal piano, raggiungendo lo standard di processo previsto. Hanno rappresentato i punti di forza del piano 2010-2012: la copertura certa del territorio; l’individuazione delle caratteristiche del cantiere (cantiere non operativo - concluso - da rivedere - da ispezionare immediatamente); la programmazione secondo priorità (tipologia lavorazione - importo lavori - indici infortunistici - dati vigilanza - profilo di rischio dell’impresa); I risultati raggiuntiIl piano è stato affiancato da un programma di monitoraggio in grado di valutarne i risultati con indicatori di processo, di efficienza delle azioni e di efficacia preventiva. Per la prima volta in Italia un piano nazionale per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro è stato affiancato da un piano che prevede anche valutazioni di impatto sulla salute. I risultati testimoniano che le azioni messe in atto dal sistema nel suo complesso stanno maturando risultati positivi: il trend infortunistico infatti è in discesa sia considerando il totale degli eventi (vedi grafico 1) sia sul sottoinsieme di eventi più gravi (vedi grafico 2), con una diminuzione delle differenze tra Regioni. Vi è tuttavia un’inversione del trend nell’ultimo anno considerato, soprattutto nel caso degli infortuni gravi: il tasso italiano nel 2010 è uguale a quello del 2009 ma in almeno un terzo delle Regioni si registra un aumento. Occorre quindi analizzare questi andamenti in maggiore profondità ed alla luce di alcuni elementi di contesto: la tendenza all’inversione nel 2010 dev’essere approfondita più in dettaglio al fine di distinguere gli effetti delle azioni del piano da quelli legati alla crisi economica nel frattempo intervenuta. Nell’ambito del prossimo piano nazionale edilizia si dovranno dunque continuare le attività di monitoraggio ai fini di completare la valutazione di impatto sugli infortuni, approfondendo le relazioni tra tassi infortunistici, azioni di prevenzione ed indicatori di contesto, con particolare riferimento alla crisi economica in atto.DOWNLOAD & LINKPiano nazionale di prevenzione in edilizia 2009-2011, valutazione di impatto sulla salutePIANO NAZIONALE DI PREVENZIONE IN EDILIZIA - Rapporto attività svolta e programmi 2013-2014TAG ARTICOLODATI EPIDEMIOLOGICI; EDILIZIA; PREVENZIONE; SALUTE OCCUPAZIONALE;