Verso le Case di Comunità: discontinuità, prossimità, rigenerazione
Il Convegno di Parma offre alcuni spunti di riflessione su come orientare e progettare le costituende Case di Comunità.
a cura di Mara Grasso, Claudio Tortone - Dors

Un convegno con le sperimentazioni significative

Il Convegno nazionale “Verso le Case di Comunità: discontinuità, prossimità, rigenerazione” (programma) (15.09.2022), svoltosi presso l’Università di Parma e in collegamento streaming (video), è stato organizzato dall’AIS - Associazione Italiana di Sociologia e dal CIRS - Centro Interdipartimentale di Ricerca Sociale in collaborazione anche con i movimenti Prima la Comunità e 2018 Primary Health Care Now More than Ever.

Il convegno ha messo a confronto progetti e proposte di costruzione delle Case della Comunità sostenuti e realizzati da movimenti per la salute (traduzione a cura di Dors), da professioni sociali e sanitarie e dalla ricerca sociale. L’obiettivo è stato di delineare un insieme di innovazioni paradigmatiche che possano orientare la sperimentazione di una nuova generazione di presidi di assistenza territoriale capaci di combinare interventi sanitari, sociali e comunitari fra loro sinergici.

È stata un’opportunità significativa di incontro che ha raccolto le migliori riflessioni e sperimentazioni a livello nazionale per conoscere più a fondo il progetto delle Case di Comunità, previste dal PNRR, ma soprattutto per focalizzare gli elementi costitutivi di queste case: ciò che dovrebbero diventare e quali valori incarnare.

 

 

Le case della comunità

Le Case della Comunità sono previste dalla Missione 6 del PNRR che, stanziando 2 mld di euro, pone l’obiettivo di realizzarne 1350, una ogni 40-50.000 abitanti, entro il 2026.

Secondo il DM 77/2022, la Casa della Comunità è il il luogo in cui il SSN si coordina e si integra con il sistema dei servizi sociali, proponendo un raccordo intra-settoriale dei servizi in termini di percorsi e soluzioni basati sull’integrazione delle diverse dimensioni di intervento e dei diversi ambiti di competenza, con un approccio orizzontale e trasversale ai bisogni, tenendo conto anche della dimensione personale dell’assistito.” La definizione prosegue con una specificazione che sottolinea il valore della prossimità della Casa della Comunità: costituisce un progetto di innovazione in cui la comunità degli assistiti non è solo destinataria di servizi, ma è parte attiva nella valorizzazione delle competenze presenti nella comunità stessa: disegnando nuove soluzioni di servizi, contribuendo a costruire e organizzare le opportunità di cui ha bisogno al fine di migliorare la qualità della vita e del territorio, rimettendo al centro dei propri valori le relazioni e la condivisione (DM 77, 2022).

La traduzione organizzativa ed operativa di questa definizione è articolata in obiettivi e standard, alcuni obbligatori e altri facoltativi, di queste nuove strutture socio-sanitarie, che per certi versi sono anche ambiziosi. La struttura si pone l’obiettivo, infatti, di realizzare l’integrazione tra sanitario e sociale con un approccio sia individuale che comunitario. A livello individuale, tramite il PUA (Punto Unico di Accesso), vengono raccolti i bisogni sia sanitari sia sociali del cittadino. Sulla base di questi bisogni viene successivamente indirizzato verso prestazioni specialistiche (diagnostica di base, prelievi, ambulatori specialistici,...) e di assistenza di prossimità (assistenza medica H24, assistenza domiciliare integrata, servizi di integrazione per la cronicità,...).
Un altro obiettivo è quello di garantire le cure primarie tramite l’integrazione del lavoro dei Medici di Medicina Generale (MMG), Pediatri di Libera Scelta (PLS) e Infermieri di Comunità (IFeC), che dovrebbero occuparsi anche di attività di prevenzione e di promozione della salute. A livello di comunità, uno standard obbligatorio prevede la partecipazione di cittadini singoli e organizzati alla co-progettazione e al monitoraggio delle Case delle Comunità insieme con il Distretto Sanitario, i Servizi Sociali e il Comune.

Gli interventi che si sono succeduti durante il Convegno sono stati molteplici, così come gli spunti di riflessione emersi, che richiamano i valori e le strategie della rete OMS degli ospedali e dei servizi sanitari che promuovono salute con la comunità (Rete HPH&HS, Standard 2020). Di seguito, viene sintetizzato ciò che è emerso declinando le tre parole chiave del convegno: discontinuità, prossimità, rigenerazione.

 

Discontinuità

Le Case della Comunità non sono un’idea totalmente nuova: già a partire dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (L. 883/1978) si sono succedute leggi o provvedimenti che hanno richiamato elementi di prossimità e di partecipazione della comunità nelle strutture sanitarie. Ultime, le Case della Salute, previste dalla L. 296/2006, che sono state realizzate in alcune Regioni, e non in tutte, e in alcuni casi l’adozione è stata più che altro formale. Le Case della Salute, infatti, in molti casi si sono rivelate essere degli ambulatori di prestazioni sanitarie, cioè non sono riuscite a creare continuità tra ospedale e territorio, né hanno favorito la partecipazione dei cittadini e l’integrazione tra sociale e sanitario.

È anche per questo motivo che le Case della Comunità devono creare una discontinuità rispetto alle Case della Salute: strutture nelle quali adottare percorsi di cura multidimensionali, e non più frammentati, che considerino la salute non un fattore individuale ma sociale e che riguarda tutta la comunità e prevedano il coinvolgimento e la partecipazione della comunità locale nelle sue diverse forme organizzative e istituzionali.

Un obiettivo dovrebbe essere quello di creare occasioni di socializzazione e di partecipazione attiva, sia per favorire la costruzione di relazioni sociali significative, fondamentali per il benessere umano, e sia per co-progettare i servizi della struttura insieme alla comunità. Infatti, dopo aver realizzato un’attenta analisi dei bisogni del territorio e un’approfondita mappatura delle opportunità e delle criticità del contesto, i pazienti, i caregiver, le associazioni e i cittadini, riunendosi e partecipando attivamente, concorrono all’ideazione, organizzazione e funzionamento della struttura, ideando un’offerta di servizi e attività sanitarie, sociali, educative e di promozione della salute specifica per le esigenze e le opportunità del contesto.

 

Prossimità

Questo secondo termine richiama la necessità di rendere la Casa di Comunità un servizio di salute di prossimità: distribuito sul territorio e vicino alle persone, in particolare a quelle più fragili. I servizi socio-sanitari dovrebbero cambiare approccio: da “attendista” - sono le persone che vengono a noi -, a “proattivo” - siamo noi, in quanto servizi, che andiamo verso le persone -.

Le persone da cercare sono quelle fragili, che vivono situazioni di vulnerabilità personale, sociale, economica e che hanno più bisogno dei servizi, a cui spesso non si rivolgono per disillusione, incapacità di esprimere i propri bisogni o mancanza di risorse.
Servizi che, quindi, devono cercare di essere più flessibili nella loro organizzazione ed erogazione per offrire risposte multi-complesse: le situazioni di vita delle persone sono multiproblematiche, con fattori e condizioni sempre più intrecciati tra di loro, in perenne evoluzione e con i confini di appartenenza (sociale/sanitario/educativo/culturale/economico) che sfumano e si fanno più labili. I servizi dovrebbero andare oltre la iper-specializzazione e settorializzazione, non solo fisica, ma anche di contenuto, per progettare risposte creative e nuove che cerchino di avvicinarsi il più possibile alle reali necessità delle persone.

Prossimità anche nel senso di “territorializzazione”: partire da una conoscenza profonda del territorio e della comunità di riferimento con la quale costruire, poi, relazioni significative, curando i vari livelli di azione in modo accurato e specifico: a partire dal Distretto di riferimento (livello macro), passando dal contesto di pertinenza della Casa (livello meso) e dalle relazioni con la comunità (livello micro).

 

Rigenerazione

Il terzo sostantivo riguarda il bisogno di costruire relazioni significative nella e con la comunità. La solitudine è uno dei determinanti sociali della salute che influisce negativamente sullo stato di benessere delle persone mentre le relazioni sociali di qualità sono un elemento di cura che promuove salute. All’interno della Casa di Comunità le persone si dovrebbero sentire a casa, appunto: accolte, ascoltate e accompagnate nella risoluzione delle loro difficoltà.

La rigenerazione, allora, riguarda anche tutti i professionisti (sanitari, sociali, educativi, amministrativi) coinvolti: il team multidisciplinare di lavoro dovrà adottare un approccio salutogenico, che pone al centro la persona e le risorse che possiede, per offrire una risposta ai suoi bisogni che, partendo dalla promozione della salute, si basi sulla salute e non solo sulla malattia e che tenga in considerazione molteplici fattori. Questi fattori si riferiscono alle risorse personali, della rete famigliare e amicale di riferimento (se presente) e dalle risorse del contesto di vita. Per favorire questo cambiamento culturale e organizzativo, occorre investire nella formazione dei professionisti, affinché apprendano come lavorare insieme in modo costruttivo nell’équipe multidisciplinare stessa, ma anche come attivare e valorizzare le collaborazioni con le associazioni e i cittadini e gli altri enti istituzionali.

Occorre prevedere, inoltre, una o più figure professionali che si occupino nello specifico di curare i processi che avverranno nella Casa: i processi di cambiamento e di costruzione di relazioni significative richiedono tempo e risorse economiche e umane dedicate e competenti. Per questo è importante formare dei professionisti che si occupino prioritariamente di facilitare e curare i processi sia all’interno dell’équipe di professionisti, sia tra i cittadini coinvolti e sia tra i professionisti e i cittadini. In particolare, oltre agli Infermieri di Comunità, che sono responsabili delle attività di promozione della salute, occorre integrare il team di lavoro con professionisti che, con un approccio individuale o comunitario, sono esperti del cambiamento di comportamenti: psicologi, sociologi, educatori, pedagogisti… Un’attenzione particolare dovrebbe essere posta anche al monitoraggio e alla valutazione del processo di ideazione e implementazione adottato per apportare dei cambiamenti laddove necessari e valutare l’impatto e i risultati ottenuti.

 

Volontà di una nuova visione

La Casa di Comunità, intesa con uno sguardo ampio e complessivo, pone delle sfide strutturali, organizzative e umane notevoli e può sollecitare resistenze al cambiamento. Ma è anche una grande opportunità che va colta in tutte le sue sfumature. Siamo infatti nel pieno di una “finestra di opportunità” in cui le politiche e alcune soluzioni dei decisori possono risolvere i problemi “storici” e riacutizzati recentemente della sanità di prossimità e territoriale.
La pandemia ha messo in evidenza le criticità del nostro SSN e ha aggravato le situazioni di fragilità e le disuguaglianze sociali, economiche e di salute (problema). Le Case di Comunità previste dal PNRR con relativi finanziamenti (politiche) e un cambio di approccio con servizi socio-sanitari di prossimità ai cittadini sono una soluzione praticabile e fattibile, ma richiede una visione comune, non solo innovativa, ma anche corrispondente ai bisogni e alle risorse delle comunità locali.
Le Case della Comunità che fanno perno sulla promozione della salute e prevenzione delle malattie, e non solo sul trattamento e la cura, e che valorizzano le risorse della persona e della comunità locale di riferimento, rappresentano un’opportunità straordinaria per innovare il nostro sistema di cura territoriale e renderlo più capace e pronto ad affrontare le nuove sfide e i nuovi bisogni di salute delle persone e delle comunità. A supporto di questo cambiamento vi sono le raccomandazioni operative della rete OMS degli ospedali e dei servizi sanitari che promuovono salute con la comunità (Rete HPH&HS, Standard 2020) che possono supportare i decisori della sanità.

Questo cambiamento richiede un nuovo paradigma di lettura, comprensione e azione, come è stato sottolineato dal sociologo Marco Ingrosso (articolo), guidato da una volontà politica e tecnica e da una visione comune da costruire.

Alcuni giorni prima di questo appuntamento di Parma, si è svolto a Manta (CN) un convegno che ha creato uno spazio di confronto sulla capacità delle comunità locali di sapersi ri-generare ed essere pronte e attrezzate per questo cambiamento di paradigma.
Le riflessioni e proposte emerse, a partire da progetti concreti e dalle definizioni della Casa di Comunità, hanno messo in evidenza che la retorica della partecipazione può essere superata quando esiste un’autentica volontà di vedere il cittadino (singolo e/o organizzato) non come destinatario di un intervento, ma come portatore di risorse (e non solo di bisogni) e co-ideatore/costruttore di progetti, servizi, opportunità.

Inoltre è emersa la necessità di co-costruire una visione comune condivisa per la Casa della Comunità (e il convegno di Manta ha offerto questa possibilità), per non rischiare di cambiare “etichetta” e fare le stesse cose di prima (anche migliorandole): si tratta allora di uscire dalla ‘casa’ abituale e andare nel territorio e compiere un secondo viaggio per incontrare non solo i bisogni, ma anche le risorse della comunità. Scoprire i talenti e le esperienze già in atto (nel sociale, nella cultura, nel terzo settore…), per costruire alleanze e proporre che questa ricchezza non si sviluppi separata dai temi di salute, ma si connetta a un progetto di salute di comunità.

 

Bibliografia e approfondimenti

AGENAS, Documento di indirizzo per il metaprogetto delle Case della Comunità, 2022

Associazione “Prima la Comunità”, Le Case della Comunità, 2021

Consiglio dei Ministri, Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). 2021

Convegno di Manta (CN) “Convegno in Festa. Comunità attive… un bilancio per rilanciare” sulle Case di Comunità

Decreto Ministero della Salute del 23/5/2022, n. 77: “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale

Definizioni di Casa di Comunità, istantanea preparata da Dors in occasione del Convegno di Manta (CN) “Convegno in Festa. Comunità attive… un bilancio per rilanciare”

Documentazione e ricerche, “Case della salute ed Ospedali di comunità: i presidi delle cure intermedie. Mappatura sul territorio e normativa nazionale e regionale”, Camera dei deputati XVIII LEGISLATURA, n.144, 1 marzo 2021

Gruppo Progetto Casa della Comunità, Promuovere Case della Comunità a Parma e Provincia: ragioni e linee progettuali, Sistema Salute, Documenti; 65 (4), 2021.

Ingrosso M. Le discontinuità paradigmatiche nella progettazione delle Case della Comunità, Sistema Salute, 66, 1 2022, pp: 11-32 

Manghi S. Mille e più Case della comunità: occasione irripetibile. Sette brevi note per un nuovo inizio del welfare. Animazione Sociale, n. 352/2022

Pesaresi F. Le case della comunità. Come saranno, I luoghi della cura online n. 3/2022 

Rete internazionale degli Ospedali e dei Servizi Sanitari che promuovono la salute (HPH&HS), Standard 2020 per Ospedali e Servizi Sanitari che promuovono la salute, Amburgo, Germania: Rete HPH internazionale; Dicembre, 2020

 


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