Una nuova prospettiva del welfare, quale “bene comune”. Costruire diritti nella fragilità che ci avvolge
a cura di Di Claudio Tortone, DoRS (Appunti) e Claudia Alonzi, ASL TO1 (Diario)

Educarci al welfare, bene comune

700 operatori che lavorano nel welfare sono arrivati, da tutta Italia, a Torino (8-9 novembre) per incontrarsi, narrarsi, arricchirsi reciprocamente. E sperimentasi nel pensare e nel sentire creativo, alla ricerca di una nuova prospettiva del welfare, quale “bene comune”, in un orizzonte segnato dalla fragilità dei diritti e dalla sfiducia. E tanti giovani e studenti universitari con la loro freschezza.

Dai problemi alle ipotesi… dalle esperienze ai processi… dall’esistente al possibile… si può immaginare altro… e questo ci appassiona.

Appunti.. come un messaggio in bottiglia che il mare burrascoso ci restituisce

È stato uno spazio prezioso e umano per (ri-)pensare, sentire altro, lasciarsi toccare da un colore, da un tono, da un sorriso giovane… che dice che anche nella morte c’è bellezza. Lasciarsi trapassare dalla cultura… bellezza… consapevolezza… essenzialità.

La possibilità di comunicare, confrontarsi, collaborare passano dal riuscire a convergere su alcune linee di comprensione e azione: come ponti traballanti tra punti di vista diversi per attraversare situazioni perturbate, prendendo distanza da pre-giudizi inadeguati e franosi… collegare il sociale con il culturale… siamo tutti impegnati in un’esistenza difficile… forse possiamo condividere qualcosa di nuovo… avere uno sguardo perspicace… che attraversa e coglie. Avere uno sguardo profano e profetico…

… lo sviluppo umano ad andamento creativo… non partire dal deficit… ingaggiare situazioni nuove… dedicare lo sguardo al potenziale. Esercitare le arti nobili (coraggio, sagacia, disciplina, forza…) e povere (educare a saper narrare, arte conviviale, riscoperta della bellezza, dell’arte, della letteratura…). Obliare le arti ignobili (arroganza, incuria, superficialità…).

L’arte è uno spazio di narrazione, capace di esprimere silenzi, che sovverte… apre al punto di vista dell’altro.

… dall’impotenza totale all’umiltà gioiosa…

L’arte del re-inventare il quotidiano, del guardare al futuro, del saper stare nell’incertezza,  del vedere nell’altro la capacità e il potenziale…

Diario da un workshop: alimentare quotidiane interazioni tra sociale e sanitario

Introdotto significativamente da Vincenza Pellegrino dell’Università di Parma, il workshop ha esplorato le problematiche dell’integrazione tra servizi nell’intento di  ripensare il lavoro di confronto tra saperi differenti  e complementari . Ci si interroga sulla capacità complessiva del sistema dei servizi di interpretare la domanda di aiuto nelle modalità e nei contesti emergenti e sulla capacità degli stessi  di intervenire, anche al di fuori della dimensione acuta,  nella  complessità delle richieste  di aiuto formulate e non e di pensare risposte sostenibili prima dell’erogazione delle singole risposte. Sono stati presentati  tre ‘casi’ che raccontavano la fragilità degli adulti:

  • Azienda USL  di Piacenza con il resoconto di un’ esperienza  di collaborazione tra servizi sociali e sanitari strutturatasi a partire dal confronto su storie che sfuggono ad un approccio tradizionale, storie di situazioni difficili rilette sotto il profilo delle difficoltà relazionali del servizio...
  • Cooperativa Koinè con  l’esperienza della Casa di Michele di Arezzo - Micro residenza   per anziani che evidenzia l’economicità di una struttura piccola che mantiene bassi livelli di standardizzazione assistenziale, alti livelli di personalizzazione e orientamento al mantenimento/ripristino di autonomie .
  • E infine la lettura di Riccardo De Facci del Coordinamento Nazionale Comunità di accoglienza  che illustra la vision dei servizi di strada milanese con i dati sulle nuove forme di dipendenza e richieste di aiuto correlate e ipotizzate.

Le conclusioni sui fili degli elementi ricorrenti ricomposte con un metaplan  che ci orienta verso organizzazioni flessibili “adhocratiche” che accompagnano più che erogare,  che rispondono rapidamente ,  ed economicamente, ma consentono lo sviluppo di un  tempo per ragionare e per pensare,  che significativamente danno valore alle interazioni tra persone, ai contesti, ai territori  e alla dimensione del gruppo .

Grazie ad Animazione Sociale e ai 60 volontari per averci dato un tempo di pensiero e incontro, che ha riacceso e alimentato passione e creatività.

La mia storia è quella della mia generazione.
Ho lavorato in una centrale termoelettrica e ho fatto il portiere di notte ho insegnato
a scuola e ho venduto aspirapolveri al telefono in un call centre.
Ti dicono che è flessibilità, diventi un saltimbanco del precariato.
Scadeva un contratto e loro battevano, compromessi, battevano,
umiliazioni e ricatti, battevano e battevano.
Allora ho fatto l'unica cosa che potevo ancora fare.
La scrittura come ribellione, un gesto
politico. Se non puoi fare più niente almeno dillo.
[Michela Murgia, tratto da Scrivere è fare politica, la Repubblica, 3 agosto 2013]

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