Salute 2020: intervista a giovani professionisti sull’ambito prioritario 3 "Rafforzare i servizi sanitari con al centro la persona e le capacità di sanità pubblica"
a cura di Claudio Tortone, DoRS

Apriamo una serie di articoli che raccolgono il punto di vista di giovani professionisti, talvolta ancora in formazione, per ascoltare le loro opinioni ed esperienze nella lettura di Salute 2020 e per raccogliere le loro riflessioni e prospettive. Health 2020 è da poco tempo disponibile in lingua italiana e rappresenta il documento di advocacy e orientamento delle politiche sanitarie e di tutte le altre, che possono avere influenza sui determinanti di benessere e salute, tanto che ormai si parla di “salute in tutte le politiche”

In questa occasione intervistiamo due giovani medici impegnati nell’ambito della Sanità Pubblica con particolare attenzione all’ambito prioritario 3 di Salute 2020 “Rafforzare i servizi sanitari, le capacità di sanità pubblica e la preparazione, la sorveglianza e la risposta in caso di emergenza”, oltre che sul documento più in generale.

Chiara Bodini, medico specialista in Malattie Infettive e Sanità Pubblica, Centro di Salute Internazionale e Interculturale (CSI) dell’Università di Bologna e Alessandro Rinaldi, medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva presso l’Università della Sapienza di Roma e impegnato nel gruppo dei Medici Senza Camice e co-autore del libro “Medici senza camice. Pazienti senza pigiama” (Edizioni Sensibili alle Foglie, 2013).

Alessandro Rinaldi e Chiara Bodini fanno parte della Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) e del People’s Health Movement (PHM).

La RIISG è un network nazionale, nato nel 2009, che comprende istituzioni accademiche, società scientifiche, organizzazioni non governative, associazioni, gruppi e singoli individui impegnati nella formazione in Salute Globale, sia a livello universitario che di società civile.

Il PHM è un movimento globale di attivisti per la salute, presente in oltre 90 Paesi, che comprende associazioni, organizzazioni della società civile, accademici, professionisti sanitari. È una rete di reti che unisce realtà molto diversificate e movimenti dal basso, nel comune intento di promuovere il diritto alla salute per tutti e la Primary Health Care, mediante un approccio che sappia farsi carico anche dei determinanti sociali, politici, ambientali ed economici.

Entrambi sono inoltre attivi all’interno di una comunità di pratica nazionale formata da persone che condividono il comune interesse di approfondire le riflessioni sui processi di salute e malattia e capire quale può essere il loro ruolo, come professionisti della salute, nel tutelare il diritto alla salute delle persone collaborando attivamente con esse. Il gruppo è anche un laboratorio di esplorazione e auto-riflessione critica alla ricerca di uno stile di vita e di una società altra, da costruire insieme.

 

Quale pensate sia la funzione principale del documento Health2020?

Il documento ci sembra essere comprensibile e alla portata di diversi tipi di lettori: dai decisori politici alla popolazione in generale. Esso si presta dunque a essere utilizzato anche come strumento di advocacy per legittimare la richiesta di interventi a favore della salute.

Inoltre, nel testo sono esposte in modo sistematizzato alcune riflessioni che in questi anni abbiamo fatto nostre e che proponiamo in numerose attività formative. Presentandole in modo aggregato, il documento mette in evidenza i collegamenti che esistono tra questioni e approcci “macro” (studio delle diseguaglianze in salute) e “micro” (pratiche di sviluppo di comunità, relazioni, empowerment), agevolandone una comprensione integrata.

 

Quali informazioni o riflessioni, secondo voi, non sono presenti o sufficientemente sviluppate all’interno di Salute 2020?

Come abbiamo detto il documento si presta a essere utilizzato come efficace strumento di advocacy. Come tale esso non risolve il problema della governance (o del “chi fa cosa”), ma al contrario la apre. D’altronde, è inevitabile che la questione politica del cambiamento rimanga aperta: le proposte operative e le azioni spettano infatti alle realtà locali. D’altra parte, esse sono funzione delle dinamiche di potere a livello locale, internazionale e globale. E’ dunque importante ripartire da un ripensamento profondo dei ruoli delle istituzioni e dei gruppi sociali, compresi i decisori e i professionisti, e chiedersi quali attori possano agire - e come - nella messa in atto dei principi, delle indicazioni e delle priorità che il documento traccia.

E’ importante sottolineare questo passaggio se non si vuole correre il rischio che alcuni concetti che hanno un’importante connotazione storico-politica, come “empowerment” o “partecipazione”, vengano svuotati di significato e utilizzati come artifici retorici.

In tal senso, ci sarebbe senz’altro piaciuto che Salute 2020 si fosse soffermato maggiormente sulla necessità di un cambiamento di paradigma di riferimento quando si parla di salute, malattia e assistenza sanitaria. Questo cambiamento non può essere dato per scontato perché richiede innanzitutto un cambiamento culturale, e implica anche entrare in conflitto con interessi di poteri forti (si pensi al potente complesso medico-industriale). Sembra insomma che il documento non faccia sufficientemente i conti con la realtà politico-economica attuale: si parla dei determinanti sociali di salute e del loro deterioramento (per esempio la questione ambientale), senza un chiaro riferimento alle dinamiche macroeconomiche che lo promuovono e/o lo legittimano in nome della crescita a tutti i costi.

In linea con questa riflessione, riteniamo che la modalità con la quale Salute 2020 si riferisce alla salute risenta profondamente del contesto politico-economico nel quale siamo inseriti, nel momento in cui viene data grande enfasi al ruolo che la salute ha come elemento di performance economica. Come a dire che l’individuo e le popolazioni possono essere considerate in salute solo se produttive. Riteniamo che sia proprio l’utilizzo della salute umana per la ricerca della “produttività a tutti i costi” a generare gran parte delle diseguaglianze in salute esistenti. Per quanto ci riguarda, crediamo che la salute sia una dimensione dell’essere delle persone e delle popolazioni e che tutte le condizioni che minano la “libertà di essere” delle persone e delle comunità debbano essere considerate patogene.

 

Voi vi occupate molto di formazione. Sentite importante questa dimensione che avete vissuto sulla vostra pelle, in quanto professionisti in formazione, tanto da proporre voi stessi laboratori di formazione rivolti non solo a colleghi, ma anche ad altri professionisti non con formazione sanitaria. Quali sono le vostre riflessioni sull’ambito prioritario 3 di Salute 2020 dedicato alla centralità del paziente e la formazione dei professionisti sanitari (vedi box a fine intervista)?

Siamo d’accordo su quanto affermato da Salute 2020 rispetto alla necessità di riformare il sistema di formazione e di aggiornamento dei professionisti della salute per trasformare i servizi sanitari.

Secondo la nostra esperienza, di studenti prima e formatori poi, riteniamo che le principali lacune che abbiamo come professionisti della salute siano da ricondursi al modo con cui veniamo formati. Durante il normale percorso di studi ci vengono fornite informazioni, anzi nozioni, avulse dal contesto della medicina reale che inevitabilmente ha sempre più luogo nel territorio e fuori dall’ospedale. Molto spesso, sia durante che dopo gli studi, si avverte con disagio che tali nozioni risultano inutilizzabili e ci sentiamo impreparati per inserirsi utilmente in una comunità, di averne cura, di intenderne i problemi di malattia e difenderne il diritto alla salute. Ad essere sinceri, la realtà universitaria che viviamo è ancora ben lontana dai proclami scritti nei documenti ufficiali e nei programmi di studi.

In questi ultimi anni siamo stati e siamo coinvolti direttamente all’interno di un processo di riflessione critica sul sapere medico e sulla formazione medica che prende il nome di “salute globale”. La “salute globale”, per come la intendiamo noi, propone il passaggio da una lettura della salute e della malattia di tipo bio-riduzionista ad una di tipo processuale, multidisciplinare e biopsicosociale, che collochi la persona e la comunità all’interno del contesto ecosociale nella quale vive.

Per noi fare formazione in salute globale non vuol dire integrare i curricula universitari con tematiche specifiche, ma significa soprattutto introdurre un nuovo modo di pensare e agire la salute. Tale formazione vuole evidenziare come sia il metodo a dare significato e valore ai contenuti, attraverso un approccio partecipativo in grado di promuovere relazioni paritarie tra docente e discente e ponendo quest’ultimo al centro del processo formativo. Soprattutto in questo modo, e non solo con l’introduzione di altre nozioni, i futuri operatori della salute possono essere formati, secondo quanto dichiarato anche nel documento, per lavorare in équipe in maniera efficace, incoraggiare l’empowerment del paziente e della comunità, promuovendo l’autonomia nella cura.

La giustizia sociale, la capacità di collaborazione intersettoriale e altri aspetti citati nel documento possono e devono essere insegnati, soprattutto cominciando ad applicarle realmente nel microcosmo dell’interazione diretta tra docenti e studenti, responsabilizzando gli studenti e facilitando un ambiente in cui si può riflettere criticamente su questioni mediche, sul ruolo sociale e politico della professione sanitaria, su come capacitare i futuri professionisti ad analizzare in modo critico il ruolo che la struttura sociale ha nella determinazione della salute e nella sua disuguale distribuzione all’interno di una popolazione.

Vi proponiamo alcuni utili per approfondire il nostro modo di intendere, proporre e fare formazione:

 

BOX - SALUTE 2020 : ambito prioritario 3

Gli orientamenti raccomandati dall’ambito prioritario 3: Rafforzare i servizi sanitari con al centro la persona, le capacità in sanità pubblica e la preparazione, la sorveglianza e la risposta in caso di emergenza sono:

  • Per ottenere un’assistenza di elevata qualità e migliori risultati di salute, i sistemi sanitari dovrebbero essere sostenibili dal punto di vista finanziario, coerenti con gli scopi dichiarati, centrati sulla persona e basati sulle evidenze.
  • Salute 2020 riconferma l’impegno dell’OMS e dei suoi Stati Membri a garantire la copertura universale, compreso l’accesso a cure e a farmaci di alta qualità e a costo conveniente.
  • Salute 2020 prosegue l’impegno nell’approccio basato sulle cure primarie, uno dei fondamenti dei sistemi sanitari del XXI secolo.
  • Raggiungere risultati di salute migliori richiede un rafforzamento sostanziale delle funzioni e delle capacità in materia di sanità pubblica.
  • Per rivitalizzare la sanità pubblica e trasformare l’erogazione dei servizi occorre riformare il sistema di formazione e di aggiornamento dei professionisti della salute.
  • È fondamentale sviluppare politiche versatili, strutture resilienti e uno sguardo lungimirante per prevedere e gestire efficacemente le emergenze di sanità pubblica.

Articoli collegati


TAG ARTICOLO