Superare la disconnessione tra ciclo politico e ciclo delle pratichea cura di Patrizia Lemma, Dipartimento delle Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università di TorinoPubblicato il 23 Marzo 2020Aggiornato il 23 Marzo 2020RecensioniIntroduzionePolitiche per la saluteInfluenzare il processo politicoPromuovere una maggiore interazioneSul libroArticoli correlati su DorsBibliografiaIntroduzioneAbbiamo chiesto a Patrizia Lemma una riflessione liberamente tratta dal suo testo Promuovere salute: principi e strategie. Roma, 2018; Il Pensiero Scientifico Editore. L’articolo rientra nella serie di appuntamenti su teorie, metodi e strumenti che facilitano i processi partecipativi utili alla progettazione di interventi e alla pianificazione di programmi nell’anno della scrittura del nuovo Piano della Prevenzione 2020-2025. La Sanità Pubblica - area di lavoro orientata alla soluzione dei problemi di salute e di qualità della vita delle comunità - per raggiungere tali obiettivi deve “mettere in azione” pratiche efficaci in un quadro di coerenti politiche pubbliche. Per perseguire lo scopo ha bisogno che migliori la collaborazione tra ricercatori, amministratori locali e professionisti della salute che operano sul territorio: eppure il rapporto tra i tre campi delle politiche pubbliche, della ricerca e delle pratiche non è sempre facile. Politiche per la saluteL’Organizzazione Mondiale della Salute definisce le politiche per la salute come l’accordo intorno alle questioni legate alla salute di una comunità, agli obiettivi che si vogliono raggiungere, alle priorità da affrontare e alla direzione delle azioni da implementare (Who, 1999). Quest’approccio pone quindi la salute nell’agenda di tutti i produttori di politiche, in qualunque settore o livello operino, ma richiama anche tutti i professionisti che di salute si occupano ad interagire con i livelli in cui le decisioni vengono prese. Troppo spesso però i professionisti della salute vedono il processo politico come arcano o complesso e comunque lontano dal loro raggio di azione. Più o meno consapevolmente hanno come riferimento una definizione di politica al livello “macro”: come scienza della vita sociale e dell’organizzazione dello Stato che definisce l’insieme dei fini cui questo tende e discute i mezzi da impiegare per raggiungerli. Il Governo dei territori, e quindi anche della salute delle comunità, dipende però largamente da scelte che avvengono all’interno della comunità locale, ad un livello che può essere definito di micro-politiche, e che necessariamente richiede il coinvolgimento dei professionisti che di salute si occupano: essi dovranno infatti localmente concorrere alla definizione dei problemi prioritari e alla identificazione delle più adeguate soluzioni per il loro contrasto, perché il processo di presa di decisione diventi esplicito e condiviso (Collins, 2005). Influenzare il processo politicoNell’interazione fra i professionisti che lavorano nei campi della politica, della ricerca e della pratica persistono difficoltà e le lamentele sono reciproche. I ricercatori, come coloro che operano sul territorio nell’area della promozione della salute, si lamentano del fatto che le scelte politiche che influenzano la salute delle comunità non siano basate sulle evidenze scientifiche: ma pochi sono però gli sforzi che essi compiono per interagire con i bisogni conoscitivi ed i tempi della decisione politica. Politici e professionisti che agiscono nel territorio, pur assegnando ai ricercatori un importante ruolo nel mondo della conoscenza, lamentano un loro scarso interesse al “mondo reale” e tendono quindi a evitare un confronto nel timore di una distanza che non produrrebbe proposte utili sul piano pratico (Macintyre, 2012). Spesso poi ricercatori e professionisti della salute sottolineano una crescente miopia politica che, soprattutto in vicinanza delle scadenze elettorali, si concentra su investimenti con ricadute di breve periodo che non favorisce certo la collaborazione in vista dello sviluppo di strategie che guardino al più lontano obiettivo della salute che potrà essere osservato solo nel lungo periodo (Bacigalupe, 2010). Le recriminazioni sono però solo il sintomo di un fatto evidente: ognuno dei tre campi tende ad essere una “nicchia”, nel senso ecologico del termine, governata da proprie regole, linguaggi e codici interni di comportamento. Questo accade nonostante il loro “ciclo di lavoro”, vale a dire lo schema di riferimento utilizzato nella progettazione delle azioni, segua le stesse tappe logiche: ricognizione dei problemi, loro analisi, formulazione degli approcci utili ad affrontarli, implementazione di quelli prescelti e valutazione dell’impatto ottenuto. Tale ciclo di lavoro non si svolge però in maniera lineare, scivolando definitivamente da una tappa a quella successiva, ma in ogni passaggio si tende a procedere in modo iterativo fino a che colui o coloro che conducono l’analisi trovino soddisfacente l’insieme e decidano quindi di avanzare. Questo andamento complica la collaborazione tra chi lavora nei diversi campi poiché i criteri che fanno avanzare da una tappa alla seguente, attraverso successivi riaggiustamenti, saranno spesso impliciti e riconosciuti all’interno di ognuna delle tre “nicchie” per affinità, conducendo però ad una disconnessione con i professionisti degli altri campi (Jansen, 2010). Percorriamo i cicli di lavoro nelle tre aree per individuare quelle peculiarità che più frequentemente producono disconnessione riducendo le possibilità di interazione tra i professionisti che vi lavorano. Nella prima fase del ciclo politico è assolutamente cruciale il processo, complesso e spesso difficilmente predicibile, attraverso cui un tema emerge nell’agenda politica. La ricognizione dei problemi che concorrono ad entrare nell’agenda è perlopiù il risultato di una mediazione tra la rappresentazione della situazione proposta dall’élite politica, in base alla propria ideologia, e quella percepita dall’opinione pubblica: con un ruolo crescente svolto dai media nello “strutturare” i problemi e nel proporli all’attenzione. Il settore della ricerca, come quello delle pratiche, non hanno invece formale autorità rispetto alla politica locale e non hanno quindi facilità nell’influenzare l’agenda politica: generalmente i tre settori gestiscono quindi separatamente le proprie agende ognuno rispondendo alle proprie priorità. Una volta che il problema è posto all’attenzione anche la sua analisi, vale a dire la definizione delle sue cause e l’individuazione delle soluzioni, è nel ciclo politico il frutto di una negoziazione tra i diversi portatori di interesse che svolgono azioni di “lobbying” per orientare a proprio vantaggio le decisioni pubbliche: la decisione politica finale è quindi spesso il frutto di un necessario compromesso (Jansen, 2010). Nel condurre il ciclo delle pratiche i professionisti della salute, a contatto con i bisogni degli utenti, tendono invece a formulare i problemi, e quindi la loro agenda, nel contrasto tra le richieste che vengono portate dai cittadini e le conoscenze e percezioni da loro stessi possedute intorno al risultato desiderabile e ottenibile. La fattibilità e l’immediatezza dell’azione tendono spesso a prevalere sia sull’approfondimento teorico sia sulla ricerca dell’evidenza dell’efficacia: a partire dalla propria esperienza, e da quella dei colleghi con cui si è in collegamento, le soluzioni precedentemente adottate verranno rapidamente vagliate e le scelte raramente discusse rispetto alle specificità dei contesti in cui verranno applicate. Nella scelta delle soluzioni e nella formulazione dei programmi è poi generalmente scarsa l’attenzione alla ricerca di una legittimazione politica, all’interno di una negoziazione con le autorità locali, che pure potrebbe modificare la fattibilità delle scelte. Spesso il contatto con i responsabili delle politiche avviene a scelte avvenute, senza condividere il processo che a queste ha condotto, perlopiù quando emergono difficoltà economiche o organizzative nell’implementazione delle azioni. La valutazione dell’impatto delle soluzioni adottate è spesso decisa alla fine del processo e prevalentemente basata sulla raccolta dei giudizi di soddisfazione di alcuni rappresentanti della popolazione coinvolta: questi vengono perlopiù riportati nei rapporti che i servizi producono periodicamente per rendicontare la loro produttività. Il reale impatto dei programmi di Sanità Pubblica rimane quindi generalmente non monitorato e questo non facilita il rapporto con i ricercatori, oltre a ridurre le possibilità di legittimazione sul fronte di coloro che compiono le scelte amministrativo politiche. Un rapporto con i ricercatori non è cercato perché i professionisti che lavorano sul territorio hanno spesso la consapevolezza che il lavoro di comunità mette in atto processi di cambiamento sociale la cui efficacia è il risultato di un complesso mix di fattori: cambiamenti ambientali, organizzativi, culturali, di leadership e altro ancora. In questo complesso sistema il tipo di efficacia che può informare la politica non è quindi riducibile al disegno sperimentale che governa il mondo della ricerca, né è pensabile che i soli pronunciamenti di “linee guida” da parte dei ricercatori possano “trasformare la società” venendo ciecamente accolti dalla componente politica (Macintyre, 2012). Promuovere una maggiore interazioneOccorre quindi costruire una più produttiva relazione tra ricerca, politica e azione sul territorio attraverso una maggiore interazione che parta da una comune ricognizione intorno ai rispettivi bisogni. Quando si riflette sull’incapacità dei professionisti della ricerca e dell’azione sul territorio di interagire con la componente amministrativo politica si fa spesso riferimento alla loro disattenzione nella comunicazione, attraverso i media, dei risultati che ottengono nei rispettivi campi. La loro propensione ad un ragionato rapporto con i media è, in linea generale, certamente carente ma un maggiore impegno dovrebbe soprattutto essere rivolto alla parte iniziale del ciclo di lavoro, interrogandosi sul processo di “costruzione delle idee” che in un dato momento danno forma alle politiche, come sulle possibilità di costruzione di “finestre di opportunità” attraverso le quali contaminare i rispettivi cicli di lavoro (Ollila, 2010). Il vuoto di evidenza in cui si costruiscono le politiche può essere colmato solo aumentando l’usabilità delle proposte e la loro costruzione in interazione con le diverse parti in causa per migliorare la qualità dei prodotti e la loro accettabilità. Con atteggiamento proattivo bisognerebbe osservare i contesti politici per cogliere gli elementi di fondo intorno ai quali si posiziona l’interesse degli attori sociali per potersi orientare e pianificare attività in grado di portare alla luce proposte che possano entrare nell’arena politica ed influenzare le idee in campo (Smith, 2014). Può a questo scopo essere utile sfruttare i momenti in cui si preparano i cambiamenti politici, partecipando alla costruzione dei programmi, perché sono quelli i momenti in cui assumono forma le proposte e si costruiscono alleanze e credibilità. Questo aumenterebbe la capacità e le possibilità di anticipare i bisogni conoscitivi degli ambienti politici sia costruendo idee di ricerca che risultino in sintonia con tali bisogni, aumentando quindi di credibilità, sia generando e proponendo soluzioni sulle quali sia possibile creare una convergenza dei diversi interessi in gioco. Le argomentazioni prodotte dovranno, il più possibile, partire dalle evidenze presenti ma queste andranno discusse in modo da essere trasferibili ai contesti nei quali saranno applicate e tradotte quindi in termini operativi (Ollila, 2010). A dover sviluppare “acume politico” dovrebbero essere soprattutto i professionisti che operano sul territorio, vero anello di congiunzione fra i diversi attori sociali, per i quali la capacità di interagire con i processi di analisi e costruzione delle politiche diventa un importante aspetto nel processo di implementazione di pratiche che dimostrino impatti positivi sulla salute delle comunità (Coveney, 2010). Proprio per questo nel monitoraggio dell’impatto delle politiche grande attenzione dovrebbe essere posta all’”accountability”: vale a dire al processo di trasmissione delle spiegazioni e giustificazioni intorno alle scelte effettuate. E’ solo il rispetto di tale responsabilità a rendere trasparenti le decisioni, le attività e i risultati, e a rappresentare quindi la garanzia della legittimità dell’azione che viene condotta (Jansen, 2010). Sul libroPatrizia Lemma, Promuovere salute: principi e strategie, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2018 Indice Prefazione Leggi la recensione pubblicata su Prospettive Assistenziali Articoli correlati su DorsPotrebbe interessarti anche leggere: Lavorare con i gruppi. Una raccolta di tecniche di partecipazione Parallel tracking: un metodo per integrare gli approcci top-down e bottom-up Partecipazione civica in Sanità: la matrice proposta da CittadinanzAttiva Il modello di empowerment per la società e la salute: la traduzione integrale in italiano BibliografiaBacigalupe A, Esnaola S, Martin U, Zuazagoitia J (2010) Learning lessons from past mistakes: how can Health in All Policies fulfil its promises? J Epidemiol Community Health 64:504-505. 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