Abbasso l'infodemia! Come contrastare la diffusione di notizie false o non verificate sul Covid-19a cura di Eleonora Tosco, DorsPubblicato il 08 Maggio 2020Aggiornato il 08 Maggio 2020RecensioniIntroConsiderare la fonte. E la fonte della fonte.Riflettere sui propri biasDomandarsi se si è costruttiviEssere rigorosi ma anche empaticiL'ansia è naturale, ma anche viraleIntroBere acqua bollente distrugge il virus? Mangiare aglio previene l’infezione da Covid 19? A tutti noi sarà successo in queste settimane di leggere notizie come queste. Notizie che sono circolate e circolano indisturbate soprattutto sui social media e che rischiano non solo di confondere e disorientare chi vuole informarsi sull’epidemia, ma che possono addirittura nuocere alla salute, al punto che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, il Ministero della Salute e altri Enti istituzionali sono dovuti intervenire, attraverso comunicazioni ad hoc, per smontare le cosiddette bufale o fake news. Come giustamente è stato dichiarato dall’OMS, da febbraio non si sta combattendo solo contro un’epidemia ma anche contro l’infodemia che ad essa è associata. La sovrabbondanza di messaggi, informazioni, tweet, post, vede le notizie accurate e accreditate viaggiare di pari passo con le molte, troppe, informazioni false, manipolate, non verificate. Tutto questo rende molto complicato rintracciare le fonti informative autorevoli e accedere alle informazioni di cui abbiamo bisogno. Qual è il rimedio allora? Come comportarsi di fronte all’ennesimo video sulla “Verità sul coronavirus” inoltratoci da un amico o un parente? Qui di seguito alcuni accorgimenti utili per non contribuire al dilagare dell’infodemia.Considerare la fonte. E la fonte della fonte.Questi due passaggi aiutano a difendersi dalla disinformazione (diffusione intenzionale di notizie false) e dalla misinformazione (diffusione non intenzionale di notizie false). Indipendentemente dalla fonte dei messaggi che possono arrivare dai nostri contatti prossimi (un familiare, un amico, un vicino di casa) o dall’ecosistema informativo (giornalisti, personaggi noti, politici, organizzazioni governative), è importante prendersi il tempo necessario per esaminare le informazioni prima di accettarle come dati di fatto e condividerle. E’ utile a questo scopo controllare i siti istituzionali (Ministero della salute, Organizzazione Mondiale della Sanità,..) per verificare prima di tutto che i mittenti delle informazioni non abbiano altri interessi oltre la salvaguardia della salute pubblica nel voler diffondere determinati messaggi.Riflettere sui propri biasIl nostro cervello funziona secondo schemi che si ripetono e che ci consentono di prendere decisioni il più rapidamente possibile. Tendiamo a cercare le informazioni in modo selettivo, selezionando quelle che confermano ciò di cui siamo già convinti. Questo processo mentale viene descritto come il bias di conferma, ovvero l’errore cognitivo che ci porta, quando acquisiamo nuove informazioni, ad attribuire maggiore credibilità a quelle che confermano la nostra ipotesi iniziale, facendoci ignorare o sminuire quelle che la contraddicono. Il bias di conferma si attiva in modo particolare quando le notizie che leggiamo o ascoltiamo toccano argomenti che che suscitano forti emozioni o che toccano i nostri valori più radicati e non fa distinzione in base al quoziente intellettivo o al livello di istruzione. E’ un processo in sostanza che riguarda tutti noi, chi più chi meno. In questo senso, queste “scorciatoie” mentali possono portare a considerare attendibili e accurate informazioni che non lo sono o non lo sono completamente. Un altro aspetto da considerare, soprattutto in questi ultimi tempi, è la condivisione di contenuti che ci sono suggeriti dagli altri. Ognuno di noi tende a fidarsi e ad attribuire credibilità a contenuti che arrivano da persone che condividono con noi le stesse idee, convinzioni, valori. Questo significa che spesso rimaniamo intrappolati nelle cosiddette “eco chambers”, ovvero “situazioni in cui informazioni, idee o credenze più o meno veritiere vengono amplificate da una ripetitiva trasmissione e ritrasmissione all'interno di un àmbito omogeneo e chiuso, in cui visioni e interpretazioni divergenti finiscono per non trovare più considerazione” (Treccani, 2020). Questo fenomeno è amplificato dai media digitali dove la trasmissione e la condivisione dei contenuti è continua e massiccia. Il rischio di rimanere intrappolati nelle “camere dell’eco” è quello di non considerare altri punti di vista, altre fonti, opinioni diverse che potrebbero arricchire e completare la nostra conoscenza riguardo un determinato argomento. E’ fondamentale, soprattutto in questo periodo, uscire dalle proprie “comfort zone informative”, il che significa ampliare le fonti in cui cercare informazioni. Se siamo soliti informarci sul Covid 19 leggendo gli ultimi tweet e i post su Facebook degli amici, aggiungiamo nelle nostre ricerche altri canali informativi quali il sito Istituzionale della nostra Regione o dell’Asl del nostro territorio, ad esempio.Domandarsi se si è costruttiviPrima di condividere un contenuto domandiamoci se facendolo, contribuiamo ad aumentare la conoscenza su un determinato argomento da parte del nostro lettore (o ascoltatore). Sappiamo quanto oggi i contenuti diventino virali in brevissimo tempo. Un video, una notizia, un’immagine inviati a un amico, molto probabilmente saranno a loro volta ricondivisi in una spirale continua di rimbalzi di informazioni. E’ importante, quindi, essere molto sicuri della qualità e verità delle informazioni che scegliamo di condividere con gli altri per non contribuire con le nostre azioni all’infodemia.Essere rigorosi ma anche empaticiSe teniamo in considerazione i suggerimenti di cui sopra, possiamo essere sufficientemente tranquilli sul fatto che ciò che leggiamo, ascoltiamo e condividiamo sia accurato e credibile. Molto spesso però, così come ci suggerisce la psicologia sociale, questo non basta per “convincere” gli altri a pensarla come noi. Per questa ragione, l’approccio dell’”essere nel giusto” andrebbe sostituito con quello dell’”essere utile”. Più che condividere contenuti presentandoli come la verità indiscutibile su un tema, è necessario supportare i nostri contatti nel renderli autonomi nella ricerca e condivisione di contenuti accreditati e scientificamente solidi.L'ansia è naturale, ma anche viraleNelle esercitazioni anti incendio ci viene chiesto di mantenere la calma e di uscire dall’edificio in maniera composta e ordinata. Il nostro comportamento, infatti, non deve contribuire a peggiorare la situazione in corso. Lo stesso tipo di atteggiamento deve essere mantenuto quando ci muoviamo nello spazio comunicativo online e offline e condividiamo informazioni e notizie, in modo particolare in momenti critici come quello che stiamo vivendo. Il tono della comunicazione è importante. “Urlare” un contenuto, sebbene autorevole e necessario, non aiuta le persone ad accedere e comprendere le informazioni. E’ necessario, soprattutto in un momento di confusione e spaesamento come quello che stiamo attraversando, utilizzare una comunicazione paziente, controllata e basata sui fatti. Contrastare la disinformazione e la misinformazione, evitando di condividere ipotesi, fake news e teorie del complotto, è un dovere civico che ci riguarda tutti. In questo momento storico, ognuno di noi può fare la differenza. Ciò non significa diventare virologi, esperti di epidemiologia, giornalisti scientifici, ma contribuire con le nostre azioni alla circolazione di buona comunicazione, combattendo tutto ciò che rende gli obiettivi di salute pubblica più difficili da raggiungere. [Traduzione e adattamento di: “Cavin A., Brooke G., Her’s how to fight coronavirus misinformation, The Atlantic, 2020] TAG ARTICOLOCOMUNICAZIONE DEL RISCHIO; DIFFUSIONE DELL'INFORMAZIONE; HEALTH LITERACY;