Salute 2020: intervista a giovani professionisti sull’ambito prioritario 4 “Creare comunità resilienti e ambienti favorevoli”a cura di Claudio Tortone, DorsPubblicato il 14 Maggio 2015Aggiornato il 20 Settembre 2016RecensioniIntroduzioneChe rapporto esiste tra teatro e salute?Quali esperienze in Piemonte?Il teatro come rito sociale: quale relazione con la salute?Quale relazione tra teatro, resilienza e salute e benessere?Che cos’è la rete dei Teatri di Resilienza?Quale spazio hanno i giovani nella vostra proposta teatrale?Pensi che ci sia qualche limite nel documento di policy Salute 2020?Quali sono i vostri prossimi appuntamenti..BibliografiaBOX - SALUTE 2020: ambito prioritario 4Articoli collegatiIntroduzioneEcco il secondo articolo della serie che raccoglie il punto di vista di giovani professionisti, talvolta ancora in formazione, per ascoltare le loro opinioni ed esperienze nella lettura di Salute 2020 e per condividere le loro riflessioni e prospettive. Health 2020 è da poco tempo disponibile in lingua italiana e rappresenta il documento di advocacy e orientamento delle politiche sanitarie e di tutte le altre, che possono avere influenza sui determinanti di benessere e salute e sulle disuguaglianze, tanto che ormai si parla di “salute in tutte le politiche”. Il secondo articolo pone la lente di in gradimento sull’ambito prioritario 4 di Salute 2020 “Creare comunità resilienti e ambienti favorevoli”, oltre che sul documento più in generale. Le raccomandazioni riguardano la capacità, da un lato, di creare comunità resilienti, cioè “che sappiano reagire in modo pro-attivo a situazioni nuove o avverse e si preparino a cambiamenti economici, sociali e ambientali e affrontino meglio la crisi e le difficoltà” e, dall'altro lato, di creare ambienti favorevoli, sostenendo anche una più stretta collaborazione tra settore ambientale e sanitario per proteggere la salute dell'uomo dai rischi derivanti da un ambiente pericoloso o contaminato (inquinamento atmosferico, cambiamento climatico...). Il termine resilienza ormai è molto diffuso, e talvolta abusato e distorto. Come Centro di Documentazione abbiamo creato un’area tematica dedicata alla Salute Mentale per aiutare a comprendere e condividere, secondo un approccio salutogenico che si concentra sugli aspetti positivi: quali resilienza, capacità di autogoverno, sentimento di felicità, risorsa psicologica di autostima… con un’ampia rassegna di riferimenti teorici. Sotto il profilo della promozione della salute, non solo mentale, sembra ormai evidente che la capacità di resilienza debba essere valutata in relazione all’ambiente dove le persone vivono e che le risorse individuali possono rivelarsi adeguate solo in rapporto alle difficoltà che il contesto di vita pone. I processi partecipativi che possono sostenere questa mediazione resiliente grazie alla rigenerazione di legami e reti sociali sono descritti nell’area tematica Partecipazione e Empowerment con scale di misura dell’empowerment di comunità (come descritto nella recente fact sheet dors) Lavorare nella comunità e con la comunità per favorire questi processi che creano comunità resilienti e ambienti favorevoli è il tema dell’intervista a Elena Cometti. Elena Cometti ti puoi presentare? Ho una formazione teatrale, conseguita al DAMS dell’Università di Bologna, il primo corso di laurea in Italia dedicato all'approfondimento dello spettacolo dal vivo e delle arti in genere. Quello che è stato ideato e fondato, tra gli altri, da Umberto Eco, nel vivace clima artistico e culturale della Bologna degli anni '70. Mi occupo da sempre di salute e benessere attraverso la pratica teatrale in qualità di formatrice e regista, prima a scuola, poi in sanità, soprattutto nell'ambito della prevenzione e della salute mentale, fino all'attuale collaborazione alla didattica (Psichiatria e Salute Mentale) presso il Corso di Laurea in Infermieristica – sede di Cuneo. Curo la direzione artistica dell'Associazione Esseosse.net Onlus che ho fondato e che da sempre promuove laboratori di ricerca espressiva, personale e sociale. Ho contribuito a fondare la rete dei Teatri di Resilienza e attualmente partecipo alla sua vita di ricerca, confronto e intervento.Che rapporto esiste tra teatro e salute?Salute intesa nella sua pienezza e integrità: benessere della persona e delle sue relazioni, qualità della vita e non solo assenza di malattia, equità e giustizia per contrastare le disuguaglianze di salute... Quello della salute è un ambito strategico, di indiscusso rilievo in ogni società e cultura, che riguarda tutti indistintamente, in cui trovano cittadinanza temi etici e valoriali del tutto trascurati nel mondo contemporaneo. L'ambito della salute e della cura rappresenta, per formatori e registi teatrali, soprattutto dei teatri delle diversità, di teatro sociale e di comunità, un luogo privilegiato dove lavorare in favore dei diritti, della giustizia sociale, per un re-equilibrio dell'ecosistema umano e globale, contro le diseguaglianze... Ciò che si legge negli obiettivi strategici di Salute 2020 sembra ricalcare le finalità di un'attività teatrale di tipo formativo o di laboratorio di ricerca se ci riferiamo al teatro tout court. In un laboratorio teatrale, al di là del contesto più o meno artistico o sociale, si compie un viaggio alla scoperta di sé e dell'altro da sé; all'incontro con la propria e altrui alterità; si disvelano o rafforzano abilità e competenze. Non si viene giudicati per la propria unicità/diversità. Anzi, quest'ultima viene valorizzata nella direzione della costruzione d'identità, personale e di gruppo, andando a rinforzare o addirittura costruire senso di appartenenza. I rapporti sono orizzontali e al di fuori dei ruoli sociali: ci si rapporta come persone e non come maschere sociali, ogni diversità è riconosciuta come varietà e dunque come ricchezza, andando a integrarsi nel gruppo. E' sorprendente come obiettivi strategici di salute 2020 e finalità di un'attività di laboratorio teatrale coincidano. Il paradigma economico applicato a tutti i contesti della vita sociale, in tempo di globalizzazione, ha delegittimato nei fatti e senza spazio per alcun dibattito politico, riflessione filosofica o etica, ogni istanza di equità sociale, garanzia dei diritti fondamentali, salvaguardia di principi etici, ecc. ... Tanto che solamente l'ambito della salute, addirittura in un documento di orientamento delle policy quale Salute 2020, indaga oggi, “legittimamente”, per mandato istituzionale, tali questioni, ponendole al centro della sua ricerca e delle politiche sanitarie e di tutte le altre. Mi pare che in altri contesti, diversi da quello della salute, parlare e dibattere di questi temi sia diventato un tabù. Un impegno costruttivo, e non di contrapposizione e contrasto, su tali tematiche da parte del mondo dell'arte e della cultura, un interrogarsi attraverso la riflessione teorica e la pratica quotidiana con i gruppi di teatro e tutta la comunità territoriale, le reti, i movimenti... ha trovato naturale sbocco nelle dinamiche della sanità pubblica e in particolare nei processi di costruzione delle politiche per la salute (non solo quelle sanitarie, perché anche le altre possono fare la differenza nel dare più benessere e salute) e nella formazione di base e continua in sanità e nel socio-assistenziale.Quali esperienze in Piemonte?Qual è la vostra ricerca e quali sono le vostre esperienze nelle dinamiche della sanità pubblica e in particolare nei processi di costruzione di politiche per la salute e nella formazione? La nostra esperienza - a Cuneo in particolare e in raccordo con altre del torinese - vede tavoli di discussione, coordinamento e programmazione, quale il Comitato Inter-Istituzionale Cuneese Teatro e Salute coordinato dall’ASL CN1, percorsi formativi, e convegni, quale il Forum Teatro, Salute e Benessere del 2013, che riuniscono mondo della sanità pubblica, del socio-assistenziale, degli Enti Locali e addetti ai lavori dell'arte e della cultura, in particolare del teatro. Probabilmente esistono tante altre realtà di questo genere in Piemonte e in Italia, che lavorano nei territori e con le comunità locali, sconosciute al di fuori dei lori contesti, ma attive e propositive, da scoprire, mettere in rete... Le nostre esperienze, in un’ottica di ricerca-intervento, agiscono in connessione con la società civile attraverso nuovi modi e luoghi che recuperano però il valore e il senso del teatro delle origini, inteso a creare comunità integrando le diversità e lavorando nella direzione della coesione sociale e nel rafforzamento del capitale sociale: il teatro come rito.Il teatro come rito sociale: quale relazione con la salute?Alle origini dell'arte teatrale si rintraccia, ben oltre il teatro greco comunemente inteso come modello e incipit del teatro occidentale, ogni forma di rituale sociale, politico e soprattutto religioso che anima le culture primigenie. Esse sono state indagate solamente con lo sviluppo dell'antropologia che è una scienza relativamente recente e poco diffusa in Italia. Non si tratta del teatro della mimesi aristotelica, cui si rifà ancora il teatro borghese ottocentesco, quello che anima tuttora le stagioni teatrali degli stabili, ma il rito inteso come momento comunitario e inclusivo di ricompattamento e coesione sociali. Il ruolo del celebrante - sacerdote, sciamano, condottiero, o demiurgo, i veri antenati dell'attore - rientra nella tradizione di coloro che agiscono trasformativamente su di sé, guidano la comunità attiva e partecipativa attraverso un'esperienza collettiva di cambiamento e rifondazione socio-culturale. A fine Ottocento con la nascita del cinema e il crollo del mito del progresso e della fede incondizionata nella scienza, e successivamente agli inizi del Novecento, con l'invenzione della psicoanalisi e l'elaborazione del concetto di relatività in fisica, il mondo dell'arte e della cultura conosce cambiamenti di prospettiva altrettanto significativi: nascono e si sviluppano le note avanguardie storiche in campo artistico e letterario. L'arte teatrale vive una stagione altrettanto fervida e densa di contenuti rivoluzionari destinati a influenzarne lo sviluppo fino ai giorni nostri e oltre: la riforma del teatro ad opera dei padri fondatori del teatro novecentesco, i registi pedagoghi. In quel periodo storico si riscoprono le radici del teatro, trasferendone significato e prassi sceniche e pedagogiche in un terreno ricco di nuove istanze. Così come avviene nelle arti visive dove si abbandona l'approccio naturalistico, di imitazione della realtà -del resto con lo sviluppo della fotografia, che ritrae molto più fedelmente il mondo circostante rispetto alla pittura, va da sé che gli artisti si rivolgano al mondo interiore, ai sentimenti, alle emozioni- in campo teatrale succede lo stesso. Le istanze di cambiamento personale e sociale interessano nuovamente il mondo del teatro: nascono così gli studi di Stanislawskij (comunità teatrali dove studenti di teatro e relativi insegnanti vivono insieme lavorando e studiando a tempo pieno e in luoghi isolati dove sperimentare e fare ricerca lontano dalle luci della ribalta e dagli imperativi del teatro commerciale), le ricerche sul movimento (biomeccanica teatrale), di Mejrchol'd, la comunità in Borgogna di Copeau, che al massimo del successo, nella Parigi degli anni '20, si trasferisce in campagna con tutta la compagnia a coltivare i vigneti e a fare ricerca teatrale con la finalità non solo di formare attori, ma uomini! Dopo la pausa del secondo conflitto mondiale, il teatro che nasce e si sviluppa in Europa, pone le sue basi di ricerca proprio su questi nuovi presupposti. I registi della seconda generazione, Grotowski, considerato l'erede del lavoro sulle azioni fisiche di Stanislawskij, Peter Brook iniziatore dello sguardo multiculturale sull'arte teatrale (vedasi la scoperta della comune genesi di teatro e danza, che solo in Occidente risultano artificiosamente separati, mentre rappresentano il medesimo fenomeno in tutte le altre culture) ed Eugenio Barba padre dell'antropologia teatrale, danno continuità alla riforma dei padri fondatori del teatro del Novecento ponendo le basi del fenomeno del teatro di ricerca degli anni 80-90 e poi del teatro delle diversità (la rivista teatrale che ne sancisce la nascita vede la luce nel 1996), successivamente meglio conosciuto e riconosciuto come teatro sociale. Insomma sono queste le basi teoriche, in estrema sintesi, del teatro contemporaneo che, come le arti visive si sta sempre più rivolgendo verso occasioni partecipative e inclusive dove gli aspetti espressivi sono in primo piano rispetto a quelli tecnici recuperando appunto la matrice comunitaria e di rituale sociale del teatro. Nel nostro Paese, inoltre, non si studia teatro in nessun grado dell'istruzione, pubblica o privata, salvo alcuni sparuti corsi universitari, dove è affrontato approfonditamente e seriamente soltanto nei dipartimenti letterari, quelle che erano le Facoltà di Lettere e Filosofia. Nei Corsi di Scienze dell'Educazione e della Formazione si studia a buon titolo Teatro Sociale ed Educativo senza però una sufficiente base teorica di storia del teatro. Introdurre l'insegnamento, ad esempio, di civiltà teatrale anche nella scuola secondaria, e approfondire la storia del teatro in corsi di laurea non specifici, consentirebbe di formare futuri professionisti consapevoli del fenomeno che praticano e con una adeguata conoscenza dei presupposti teorici e fondativi di quest'arte antica come l'uomo.Quale relazione tra teatro, resilienza e salute e benessere?Il documento europeo di policy Salute 2020, nell'ambito prioritario 4, raccomanda di creare comunità resilienti e ambienti favorevoli: come sempre l'OMS nei suoi documenti di policy “sancisce” percorsi già avviati, sperimentati, e promettenti, quali il vostro della rete dei Teatri di Resilienza: ci puoi parlare di questa esperienza? Che cosa intendete con resilienza? Quale relazione esiste con il benessere e la salute? Ci avviciniamo al concetto di resilienza grazie alla ricerca di circa tre anni (2009-2012) che abbiamo condotto, come Associazione Esseosse.net Onlus con FuoriXCaso e OikosTeatro, i gruppi teatrali che dirigo, intorno a un nuovo paradigma culturale diverso da quello economico neo-liberista. Ricerca che non abbiamo condotto da soli, ma insieme ad altri gruppi, realizzando una residenza teatrale in Provincia di Arezzo nell'estate 2010 ospiti di una delle sei compagnie, Diesis Teatrango di Bucine (AR), che incominciano l'esperienza della rete. Siamo partiti dagli studi socioantropologici di Serge Latouche, che abbiamo conosciuto personalmente e intervistato come rete dei Teatri di Resilienza, in seguito abbiamo incontrato Maurizio Pallante fondatore del Movimento per la Decrescita Felice che ci ha accompagnato in tournée con lo spettacolo scaturito da questa ricerca. Poi ci siamo messi in viaggio, non solo metaforico, grazie a un'indagine antropologica presso la popolazione dei Bassarì (ai confini tra Guinea e Senegal), che ancora vive senza denaro e con un sistema sociale partecipativo: è basato su gruppi di rappresentanza in base all'età che include nel governo della comunità anche i bambini dagli otto anni in su con i propri delegati. Abbiamo vissuto con questa popolazione per un mese accompagnati dall'etnomusicologo Vincent Déhoux, consulente musicale di Peter Brook per lo storico spettacolo e film Mahabaratha, e dell'antropologa nativa, Ichir Mimina Di Muro. La nostra idea di resilienza, frutto di questa ricerca (nota: vedi bibliografia in fondo pagina) è imperniata sul concetto di comunità resiliente, cioè aggregazione sociale, fondata sulla condivisione, in grado di reagire alla crisi con una risposta collettiva. La società della globalizzazione dei consumi è alimentata dall'individualismo, che ha come conseguenza, isolamento e solitudine, fattori che creano malessere personale e sociale, ma che sono funzionali al consumismo: le malattie fanno aumentare il PIL perché il consumo di farmaci, come quello di qualsiasi bene o servizio, incentiva l'economia. In una società atomizzata in nuclei familiari formati da un solo individuo, i consumi si moltiplicano più facilmente, ogni soggetto avrà un'abitazione attrezzata di tutto punto come quella che ospita una famiglia numerosa, quindi i beni e i servizi consumati sono maggiori in un mondo di persone che vivono sole, piuttosto che in un mondo in cui le persone si aggregano e solidarizzano. Oltretutto relazioni positive, in quantità e qualità, favoriscono la buona salute e fanno prevenzione e... non fanno bene al consumismo!Che cos’è la rete dei Teatri di Resilienza?Puoi presentare le realtà teatrali che compongono la rete dei Teatri di Resilienza? Quali sono le sue finalità e le sue pratiche? La rete dei Teatri di Resilienza nasce da sei realtà teatrali dislocate lungo l'intera penisola. Non a caso, forse, vede tra i suoi fondatori, gruppi provenienti dal Piemonte: Stalker Teatro, la storica compagnia torinese nata negli anni del decentramento teatrale, che celebra il suo quarantesimo compleanno proprio quest'anno, e l'Associazione Esseosse.net Onlus con il laboratorio teatrale FuoriXCaso attivo dal 2001 a Cuneo. FuoriXCaso, in connessione con i servizi di salute mentale territoriali, è divenuto un gruppo di teatro di comunità che privilegia lo scambio intergenerazionale e la partecipazione di studenti medi e universitari (Oikos Teatro). Le compagnie, cooperative e associazioni che hanno dato vita nel 2010 alla rete, oggi più liberamente configurata sotto forma di movimento, oltre alle due piemontesi sono: EXTRAVAGANTIS – Nuova Associazione Teatro Integrato e Compagnia Teatrale della Luna Crescente (Imola), TEATRO AENIGMA Associazione Culturale (Urbino); COMPAGNIA DIESIS TEATRANGO Società Cooperativa (Bucine- Arezzo); NEON TEATRO Associazione Culturale (Catania). Esse sono legate alla figura di Giuliano Scabia, poeta e drammaturgo e maestro di teatro sociale ante litteram (ricordato soprattutto per la prima esperienza artistica in un Ospedale Psichiatrico, a Trieste, nel 1973 al fianco di Basaglia), e s’inseriscono nella cornice culturale della rivista “Teatri delle Diversità” che per prima individua e studia le forme di teatro attive nel sociale. Una rete di sei realtà sul territorio nazionale accomunate da alcuni metodi e obiettivi (nota: vedi bibliografia in fondo pagina): la ricerca di un paradigma culturale diverso rispetto a quello dell'economia, basato sul piacere di creare relazioni; costruire gli spettacoli come progetti, produrre materiali dalle esperienze teatrali e trasferirli alle comunità (obiettivi estetici e sociali s’intrecciano nel coinvolgimento della comunità); il rapporto con le istituzioni e il territorio non deve essere solamente finalizzato a ottenere finanziamenti ma a costruire una reale progettualità comune; si privilegiano spazi non deputati al teatro: agire in luoghi dove sorprendere, incontrare, quindi stimolare un nuovo pubblico. La rete si propone di attivare concrete strategie di resilienza e sviluppa il dibattito teorico attraverso la rivista “Teatri delle Diversità”. Ha al suo attivo l’organizzazione di convegni, rassegne e festival. Pensiamo che il teatro di resilienza possa essere per qualcuno una continua ricerca, per qualcun altro l’adesione sporadica, un incontro particolare. Con le difficoltà economiche degli ultimi anni, ci si è riuniti più facilmente con realtà maggiormente vicine nello spazio e gli appuntamenti importanti come il convegno della rivista "Teatri delle Diversità" che si tiene ogni anno in autunno a Urbania, nelle Marche, è stato frequentato con difficoltà, per esempio da noi di Esseoesse, che siamo parecchio distanti da quella regione, con i costi di trasferta che ne conseguono. Quello che è importante creare e tenere vivo è un movimento di artisti, in particolare teatranti, che promuova e pratichi l’idea di un teatro che recuperi o continui ad assumere il ruolo, che sempre ha avuto, di specchio/sguardo critico del contemporaneo, con funzione catartica, ma anche profetica e premonitrice, che indichi nuove direzioni, prefiguri il futuro, e, in questo momento di crisi, NON SOLO ECONOMICA, sappia promuove un nuovo immaginario. I “Teatri della Resilienza” invitano a spostare le logiche dell’organizzazione teatrale dall’economia all’incontro.Quale spazio hanno i giovani nella vostra proposta teatrale?Prima parlavi di scambio intergenerazionale e studenti: quale spazio hanno i giovani nella vostra proposta teatrale? Chi sono gli attori – scusa il gioco di parole - dello scambio intergenerazionale? Come affrontate con loro il tema della resilienza? Gli universitari, o comunque i ragazzi di quell'età, anche non impegnati in corsi di studio, abbiamo incominciato a coinvolgerli proprio sulla base del progetto di ricerca di nuovi paradigmi culturali, insomma sono stati aggregati intorno a un progetto politico e sociale prima che teatrale. Gli attori volontari dei gruppi teatrali, sono stati tradizionalmente soggetti esclusi dai processi produttivi: studenti, disoccupati, artisti e pensionati, che di solito approdavano al laboratorio teatrale dei FuoriXCaso animati dal desiderio d'impiegare il proprio tempo in favore dei più fragili e di persone svantaggiate, provenendo dalle file del mondo sindacale, dell'associazionismo e del volontariato. Il laboratorio stesso e i suoi prodotti diventano essi stessi un’esperienza di resilienza, durante e che può continuare dopo nella vita... L’aspetto interessante, e quindi di continua ricerca, è l'interazione generativa tra i due ambiti, quello della salute e quello teatrale, accresce negli addetti ai lavori del teatro sociale la consapevolezza circa l'impatto delle metodologie e tecniche impiegate e le ricadute sul benessere psicosociale e la salute di comunità che ne scaturiscono, mentre nei professionisti della salute e negli studenti consente di implementare la formazione con un'offerta di ambito umanistico e artistico che, in modo immediato e piacevole, ma efficace, particolarmente dal punto di vista dello sviluppo di abilità empatiche, utili nella relazione d'aiuto ma anche nel lavoro d'équipe, capacità comunicative e di lettura del linguaggio non verbale e delle emozioni, riesce a raggiungere obiettivi propri ai bisogni formativi più difficili da centrare con approcci convenzionalmente utilizzati in campo medico e infermieristico.Pensi che ci sia qualche limite nel documento di policy Salute 2020?Nel documento “Salute 2020” si parla di salute pubblica senza menzionare i trattati commerciali internazionali intesi alla privatizzazione dei servizi, sempre nell'ottica della crescita infinita, peraltro insostenibile dal punto di vista ambientale e dunque pericolosa per la salute umana, a proposito di interdipendenza... lasciando il dubbio che gli ottimi principi esposti nel documento a cura dell'OMS siano concepiti più per stare sulla carta che per avere una reale e concreta applicazione in favore della salute di tutti e del “tutto”. Nota dell’autore dell’articolo: su questi temi appuntamento a Torino (13 giugno 2015, Cavallerizza Reale) con la 2a Conferenza Nazionale Decrescita, Sostenibilità e Salute: dalla Carta di Bologna al TTIP, la parola ai cittadini . Promossa da La Rete Sostenibilità e Salute, insieme al Circolo per la Decrescita Felice di Torino e in collaborazione con l’Assemblea Cavallerizza 14:45, il Comitato Stop TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e sugli Investimenti) di Torino, il Segretariato Italiano degli Studenti di Medicina (Torino) e il Collettivo Medici senza Bandiere. L’iniziativa fa parte del Festival della Complessità.Quali sono i vostri prossimi appuntamenti..... sia a Cuneo che nelle città delle altre compagnia della rete dei Teatri della Resilienza? Per chi volesse conoscervi più da vicino... A fine maggio c'è un appuntamento ormai storico della rete, il festival Diversi Dirompenti Teatri - DDT che si tiene ormai da 6 anni consecutivi a cura dell'Associazionene Extravagantis di Imola, diretta da Marina Mazzolani, e che nella prima edizione aveva ospitato anche Elena Malaguti l'allieva italiana di Boris Cyrulnik, erede all'Università di Bologna della cattedra di Andrea Canevaro e maggiore studiosa della resilienza in psicologia nel nostro Paese. Un prossimo appuntamento sarà a Cuneo il 25 settembre 2015 con l'evento europeo “La notte dei ricercatori” X edizione, che vedrà l'allestimento di "Oikos. Studio di un nuovo immaginario". Lo spettacolo che ci ha portati a indagare il concetto di resilienza a cura di numerosi studenti universitari e giovani con la compagnia OikosTeatro, oltre che con la partecipazione degli attori del laboratorio permanente cittadino dedicato al benessere psichico e non solo, gli “storici” FuoriXCaso! In quei giorni sarà anche inaugurato il centro di ricerca artistica e sociale di Esseoesse.net Onlus “Biodiversity” una sala attrezzata per il teatro di comunità, le arti socializzanti e tutte le discipline corporee intese al benessere psicosociale e alla salute di comunità; un luogo fisico e concreto per le attività di rete e dei soci di Esseoesse che vedrà anche la possibilità di valorizzare le autoproduzioni locali attraverso gruppi di acquisto solidali e progetti come “Adotta un contadino” o acquista i prodotti dell'”Orto d'artista”. Vi aspettiamo in Piazza Santa Croce a Cuneo. In tale occasione verrà anche varata la compagnia teatrale universitaria con il rappresentante italiano dell'associazione internazionale di teatro universitario IUTA, Vito Minoia, direttore della rivista “Teatri delle Diversità” che con la compagnia Teatro Aenigma è stato anche l'ideatore del coordinamento teatrale nazionale che ha portato alla costituzione della rete dei teatri di resilienza. Grazie per questa preziosa intervista che ci ha permesso di fare un viaggio nella storia attualissima del rito del teatro e alle radici della nostra cultura. BibliografiaLa ricerca condotta sulla resilienza che è esitata nell'allestimento di Oikos è qui documentata: Elena Cometti, Uno studio teatrale sulla Decrescita. I quattro giorni di laboratorio intensivo dei FuoriXCaso a Laterina in Valdarno,“Teatri delle diversità”, pp. 62-63, n. 54/55, novembre 2010. Elena Cometti, Teatri di resilienza: l'esperienza di Oikos, “Africa e Mediterraneo. Cultura e società”, n. 76, 1/2012. Elena Cometti, L'incontro con i belyan, il popolo della laterite,“Teatri delle diversità”, pp. 21-24, n. 59/60, giugno 2012. Il documento che annuncia la nascita della rete dei Teatri della Resilienza è pubblicato in: “Teatri delle diversità”, pp. 64-65, n. 54/55, novembre 2010 e più recentemente in "Le Buone Pratiche del Teatro" a cura di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino, edito da Franco Angeli, Milano, 2014, pp. 136-137.BOX - SALUTE 2020: ambito prioritario 4“Creare comunità resilienti e ambienti favorevoli” Gli orientamenti raccomandati sono: Sviluppare resilienza è un fattore-chiave per la tutela e la promozione della salute e del benessere, sia a livello individuale che di comunità. La collaborazione tra il settore ambientale e quello sanitario è fondamentale per proteggere la salute dell’uomo dai rischi derivanti da un ambiente pericoloso o contaminato e per creare ambienti sociali e fisici che promuovono salute. Ampliare la collaborazione interdisciplinare e intersettoriale tra la salute umana, ambientale e animale migliora l’efficacia della sanità pubblica. 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